Non c’è cosa peggiore dell’assenza di libertà d’espressione per un popolo(connotazione tipica delle dittature) e, peggio ancora è poi quando su di esso si abbatte, senza eccezione, la pesante scure della censura.
Accade, mentre scriviamo, in Etiopia (lo riferisce l’agenzia-stampa Misna) e riguarda tutte le forme di comunicazione a banda larga.
E se, per caso, un qualche operatore provasse, a suo rischio e pericolo,ad aggirare l’ostacolo e ad installare Skype o programmi similari, la pena certa cui andrebbe incontro costui è pari ad almeno quindici anni di detenzione nelle patrie galere.
In breve non sarà possibile più alcuna forma d’interazione libera, via web, per gli etiopi con gli altri cittadini del pianeta.
Una popolazione, che conta 85 milioni di abitanti, e che in questo modo è tagliata completamente fuori dall’informazione che conta.
L’assurda e poco credibile motivazione , quella fornita ufficialmente appunto dalle autorità di Addis Abeba, è che si teme che possano pervenire minacce terroristiche al Paese.
E perché il controllo sia reale si farà anche ricorso ad un filtro internet, il Deep Packet Inspection (Dpi), ben noto agli internauti, il quale garantisce sicurezza bloccando il sistema di comunicazione Tor, quello che potrebbe far navigare in forma anonima e accedere ai siti web bloccati.
In questo modo il governo etiope, secondo Reporter senza Frontiere (Rsf), l’organizzazione internazionale, che periodicamente stila classifiche sulla libertà di stampa e d’espressione nei diversi Paesi del mondo, può avere l’effettivo e pieno controllo, in entrata e in uscita, sulle comunicazioni in rete dei suoi abitanti.
Che poi , simulando un ipotetico nemico, è proprio quello che esso vuole, paventando, in pectore, il timore che possano farsi strada "strane" idee democratiche.
E, dunque, possibili cambiamenti di rotta.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)