Ettore Guatelli: il museo dell'ovvio.

Creato il 04 novembre 2013 da Blogdispiccioli @blogdispiccioli


Alla fine del piccolo paese di Ozzano Taro, c'è il Museo Guatelli

Una breve salita conduce alla casa, il podere Bellafoglia, dove la grande armatura in ferro di un ciclista, forse usata per una parata di carnevale o chissà quale manifestazione, accoglie i visitatori. Sotto al grande porticato che si affaccia sul cortile, si alzano le mura di un labirinto fatto di armadi e scaffali, tuttora inaccessibile per motivi di sicurezza. La passeggiata tra le stanze della casa, comincia con un breve racconto della vita di Ettore Guatelli

Nato nel 1921, non aveva potuto dedicarsi alla vita nei campi, né ricevere una regolare istruzione a causa di una malattia. Dopo la guerra, in cui prese parte al movimento antifascista, Guatelli riuscì a riprendere gli studi e, grazie agli insegnamenti del poeta Attilio Bertolucci, ad ottenere il diploma magistrale. Nel 1968 superò il concorso per diventare maestro nelle scuole elementari, professione che esercitò fino al 1977.  Guatelli, già da alcuni anni, aveva iniziato a raccogliere quegli oggetti di artigiani e contadini che rapidamente stavano cedendo il passo ai cambiamenti della modernità. Da quel momento il maestro era diventato lo stracciaio, il raccoglitore di robe vecchie. Quando non era lui a cercare gli oggetti, erano gli oggetti che andavano a casa sua. Oggetti di ogni tipo, ordinati nelle stanze, sulle pareti, sui soffitti, testimoni di quella quotidianità che col passare degli anni sarebbe diventata la fotografia tangibile di un tempo. Guatelli non andava a caccia di rarità: quando si imbatteva in qualcosa che poteva avere un valore commerciale, la rivendeva per avere soldi da investire nell'ordinario. Impossibile descrivere tutta la collezione, basti pensare che Ettore, per quasi ogni oggetto, redigeva delle schede per descriverne origine, uso e provenienza. Ogni muro è ricoperto di cose.


Si inizia dalla rimessa, dove tini, ruote di carri, lampade e lupi per raccogliere secchi caduti nel pozzo penzolano dal soffitto. Poi si prosegue, per le scale, tra cesti in vimini, vecchie botti costruite a mano, setacci, sveglie, ferri di cavallo, tromboni, targhe e insegne pubblicitarie. La stanza dei giochi ha gli scaffali pieni dei piccoli omaccini in legno che Ettore costruiva durante le permanenze forzate a letto. Poi il grande granaio, trasformato nel concerto degli strumenti degli antichi mestieri. Martelli, chiodi, lime, scalpelli e seghe diventano occhi, lame di asce sono impilate come spighe di grano, falci e rastrelli fioriscono sulle pareti. La cucina e i fornelli, la parete dove si irradiano le scarpe, gli oggetti per gli spettacoli degli Orsari, con le fotografie di italiani emigranti che facevano ballare un orso in catene mentre suonavano l'organetto. Costumi di scena, chitarre e fisarmoniche. Vasi di vetro contenenti orologi, biglie, noci, chiavi, perline e cucchiai. Liberi dalle teche, senza alcuna didascalia, gli oggetti sembrano venire incontro ai visitatori per raccontarsi. L'oggetto come parte di un mestiere o di un momento della giornata. Pensato come insostituibile e costantemente riparabile. Il cammino che seguiva andava di pari passo con quello di chi lo utilizzava.  L'emozione provoca conoscenza, diceva Guatelli, sintetizzando così il senso della sua raccolta, l'amore per l'insegnamento e per l'arricchimento dell'esperienza. Il percorso tra le stanze della casa, accompagnati dai racconti del signor Lino, o da uno degli altri vecchi amici di Ettore, dura poco più di due ore. Una volta usciti, sarà difficile ricostruire il tempo passato lì dentro, trattenere nella mente tutte le storie e cercare di fare i conti con le proprie sensazioni. La casa è un luogo capace di generare un tempo totalmente nuovo, impossibile da modellare, dove regnano l'entusiasmo e lo stupore, un luogo dove ci si vorrebbe sedere e sostare per ore a contemplare l'assoluta bellezza delle cose minime. 

La bellezza degli aspetti della vita quotidiana che noi abbiamo ignorato ed il loro valore che noi non abbiamo riconosciuto, ce li ha mostrati un semplice uomo di campagna nelle vicinanze di Parma. Il suo nome è Ettore Guatelli.

Werner Herzog.


Alessio MacFlynn







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