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Eugenio Müntz, Firenze – San Lorenzo – La biblioteca Laurenziana

Da Paolorossi

Presso alla basilica di San Lorenzo si stende il chiostro, che serve d'accesso ad una biblioteca celebre fra tutte: la Laurenziana. L'entrata trovasi in un angolo del chiostro. Salite una semplicissima scala, uscite sopra una loggia aperta, e allora soltanto penetrerete nel vestibolo propriamente detto. Qui, sin dal primo sguardo, sebbene la parte superiore sia incompleta, trovate dell'ispirazione. Un'altra scala, d'aspetto originale, costrutta dal Vasari, secondo i disegni di Michelangiolo, conduce al santuario della scienza.

La Biblioteca Laurenziana si collega intimamente alla storia dei Medici del ramo primogenito; con essi divise la buona e la cattiva sorte; formata al tempo del loro splendore, venne confiscata in ciascuna delle rivoluzioni che li scacciarono dal potere, e solo per miracolo riuscì a sfuggire alla distruzione. I principii di questa celebre raccolta risalgono a Cosimo il Vecchio, il Padre della Patria, che v'interessò il fior fiore degli umanisti fiorentini; Piero il Gottoso, il figlio di Cosimo, continuò ad ingrandirla con amore e sapienza.

Un fatto degno di nota è che gli sforzi di Cosimo tanto si rivolgevano alla ricerca di manoscritti antichi, quanto all'esecuzione di copie, destinate a loro volta, collo scorrere del tempo, ad acquistare l'importanza di manoscritti antichi. Egli fu in ciò servito a meraviglia dai copisti di Firenze, e specialmente dal suo amico il libraio Vespasiano dei Distici , che ci lasciò tante importanti biografie dei suoi contemporanei.

Nel 1465, il numero dei lavori ammontava a 127, valutati 2832 fiorini. Era riservato a Lorenzo il Magnifico di dare a tale collezione, già si preziosa, uno splendido sviluppo; grazie alle sue innumerevoli relazioni, grazie all'ardore dei suoi emissari, egli potè riunire più di mille manoscritti. Confiscata nel 1494, dopo l'espulsione dei Medici, la biblioteca venne data in pegno dalla Repubblica fiorentina ai Domenicani di San Marco, contro un prestito di 2000 fiorini. Savonarola, che allora dirigeva il convento di San Marco, diede prova in quella circostanza d' un liberalismo che lo onora; grazie ai suoi sforzi la preziosa collezione fu conservata a Firenze.

I Medici consideravano la loro biblioteca come il più prezioso tra i loro gioielli: il cardinale Giovanni, figlio di Lorenzo il Magnifico, il futuro papa Leone X, non ebbe pace finchè non riconquistò tale tesoro, che aveva si potentemente contribuito alla gloria dei suoi avi; egli la riscattò nel 1508, colla somma di 2652 fiorini (da 150 a 200 000 franchi di moneta nostra), e la collocò nel suo palazzo di Roma.

Dopo la sua immatura morte, suo cugino, il cardinale Giulio dei Medici, divenuto papa Clemente VII, fece trasportare la biblioteca nuovamente a Firenze, e pensò di consacrarle un monumento che ne fosse degno. Come Leone X, egli continuamente cedeva alla tentazione di far deviare Michelangiolo dal lato dell'architettura; pur chiedendogli di continuare i lavori della facciata di San Lorenzo, egli lo sollecitava perchè abbozzasse i progetti per la costruzione della sala in cui dovea prender posto la biblioteca medicea. L'artista adunque dovette interrompere le tombe, prender in mano la squadra ed il compasso, tracciare dei progetti e così via. Cominciati nel 1525, i lavori non furono terminati che nella seconda metà del XVI secolo. Nel 1571, finalmente, la sala fu aperta al pubblico.

Gli ultimi Medici e la dinastia di Lorena nulla trascurarono per accrescere il tesoro affidato alla loro custodia. Secondo la relazione pubblicata nel 1872 dall' abate Anziani, allora prefetto della magnifica collezione, questa non contava meno di 7049 manoscritti, di cui più di 500 (non compresi gli orientali), anteriori al secolo XII.

Molto per tempo la costruzione e l'abbellimento delle sale, destinate specialmente a biblioteca, avevano preoccupato i bibliofili italiani. Una lunga serie di monumenti, tra il secolo XV ed il XVIII, dalla biblioteca del convento di San Marco a Firenze, da quella dei Malatesta a Cesena e quella del Duomo di Siena sino alla biblioteca del Vaticano o alla biblioteca di Ravenna, non cessarono di dimostrare il lusso di tali costruzioni.

Tra queste la Laurenziana è la più completa, se non la più vasta, l'ordine architettonico, pavimento e soffitto, panche, leggii ed invetriate, tutto v'è spontaneo e di buon gusto, tutto proclama la venerazione per quel santuario della scienza. Particolarmente originale e caratteristico è il collocamento degli stessi volumi: essi sono ancor oggi incatenati sui leggii che s'alternano con panche destinate ai lettori. Affrettiamoci a soggiungere che il regolamento, meno severo che per 1'addietro, permette di aprire tali catene, allorché trattasi di consultare i volumi un po' a lungo, e portare il manoscritto nella rotonda, che serve precisamente quale sala di lettura.

La sala principale, in lunghezza, riceve la luce da un lato dal chiostro, dall'altro dall'ingresso della basilica di San Lorenzo. Dei pilastri grigi, che spiccano sopra un fondo giallognolo, separano le finestre, che sono alternatamente aperte o murate. Alla lor volta quelle finestre spiccano per le loro belle invetriate disegnate, dicesi, da Giovanni da Udine, e che concorrono ad abbellire la sala, senza oscurarla, in grazia della loro leggerezza e finezza. Gli ornamenti, d' una grazia perfetta, spiccano grigi e giallognoli sul fondo trasparente. Il pavimento si compone di incrostazioni in mastice bianco e rosso, sobrie ed eleganti; il soffitto è di legno, disegnato da Michelangelo.

Conservatrice com'è, a dispetto delle rivoluzioni, l'Italia offre in abbondanza delle collezioni secolari - biblioteche, musei - che riuscirono a sfuggire a tutte le burrasche, come i fiori sotto le campane. Io mi tuffo così volentieri in questi venerabili santuari della scienza o dell'arte, facendo astrazione dal presente, per rivivere alcune ore della vita del passato, evocando l'ombra di tanti predecessori, bibliotecari e conservatori! L'odore caratteristico dei vecchi libri si cangia per me in un vero profumo.

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( Eugenio Müntz, brano tratto da "Firenze e la Toscana", Fratelli Treves Editori, 1899 )

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