Eugenio Müntz, Firenze – San Lorenzo, Michelangelo e la Sagrestia Nuova

Da Paolorossi

II papa Leone X, a cui dobbiamo la costruzione della sacristia nuova, temeva positivamente i capricci e i sarcasmi di Michelangiolo, e il suo umore di misantropo. Egli colse adunque il primo pretesto onorevole per allontanarlo da Roma, e gli propose una doppia missione, tale da lusingare i più ambiziosi: la costruzione della tacciata di San Lorenzo e la costruzione e la decorazione della cappella funeraria dei Medici, vicino alla stessa chiesa. Fu, a quanto pare, nel 1519, in seguito alla morte di suo nipote Lorenzo dei Medici e di suo fratello Giuliano, che il papa concepì il progetto di consacrare a tutti e due, come pure a suo padre, al suo avo ed al suo bisavolo, una cappella funeraria ornata a profusione di statue.

Presso alle statue dei defunti dovevano porsi delle figure allegoriche: perciò si pensò di dare, quali compagni a Giuliano dei Medici, la Terra, coronata di cipressi e la testa bassa in atto di piangere la morte del giovane principe, e il Cielo, felice per dover accoglierne l'anima.

Un'annotazione di mano stessa di Michelangelo, conservata in "Casa Buonarroti" , completa sn questo punto le nostre informazioni e ci rivela le intenzioni simboliche, o meglio la metafisica nella sua quintessenza, che fanno parte dell'elaborazione del programma: il Cielo e la Terra, il Giorno e la Notte, parlano e dicono:

"Nel nostro rapido corso noi abbiamo condotto alla morte il duca Giuliano. È giusto adunque ch'egli si vendichi. La sua vendetta consiste in ciò: ora che noi l'abbiamo ucciso, egli ci ha rapito la luce e coi suoi occhi chiusi egli ha chiuso i nostri, dimodoché noi non brilliamo più sulla terra. Che non avrebbe egli fatto di noi se fosse rimasto in vita?"

Una lettera scritta a Michelangelo dal suo amico il celebre pittore Fra Sebastiano del Piombo, il 17 luglio 1533, mostra eon quale ardente curiosità Clemente VII seguiva i lavori del suo scultore preterito:

"Ho mostrato la vostra lettera al nostro Signore; egli l'ha tenuta due giorni e l'ha tanto studiata che, credo, deve averla imparata a memoria. Essa gli piace assai , è soddisfattissimo delle disposizioni da voi prese, che il fratello (Montorsoli) abbia cominciato a lavorare, dei praticanti che avete posto al lavoro e di tutte le vostre disposizioni. Quanto ai banchi, il nostro Signore desidera che sieno tutti di noce scolpiti. Egli non ci pensa a spendere tre fiorini di più purché i banchi sieno eseguiti all'uso di Cosimo (cioè che ricordino i lavori eseguiti sotto Cosimo il Magnifico). Pel pavimento, Sua Santità s'affida a voi. In quanto ai giovani scultori che lavorano a Loreto si cercherà d'impiegarli e farli venire."

Michelangelo tuttavia avea premura d'abbandonare Firenze. Egli conosceva l'odio contro lui nutrito da Alessandro dei Medici ; sapeva che solo la protezione di Clemente VII lo garantiva dalle persecuzioni di questo despota. Al momento della sua partenza, mancavano ancora dodici statue, quattro destinate alle nicchie rimaste vuote, ed otto ai tabernacoli posti sulle porte. Egli lasciò la cura di finirle a dei collaboratori. Il San Cosimo fu eseguito, secondo i suoi modelli, da Montorsoli, il San Damiano da Montelupo. Gli altri restarono allo stato di progetto. Come potè Michelangelo, padre snaturato, separarsi così dalla sua più nobile creazione ? E' un mistero che dobbiamo rinunciar a scoprire, come tanti altri che germogliano nell'animo degli artisti di genio. In questo abbandono, la noia ebbe una parte maggiore della fatica e dello scoraggiamento : Michelangiolo non aveva ancor raggiunto la sessantina, e più d'un capo d'opera doveva ancor uscire dalla sua immaginazione.

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( Eugenio Müntz, brano tratto da "Firenze e la Toscana", Fratelli Treves Editori, 1899 )

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