La "Piazza dei Cavalieri", cioè dei cavalieri di Santo Stefano, è l'unica in questa città, così vecchia, che ricordi il Rinascimento nel suo declinare. Ad onta della sua semplicità, la facciata del vecchio palazzo dell'ordine della Carovana, edificato dal Vasari fra il 1561 e il 1564, ha ancora un grande aspetto, col suo tetto prominente, i suoi stemmi agli angoli, le sue nicchie contenenti su mensole i busti dei sei primi grandi maestri, co' suoi resti di "graffiti"; specie di affreschi cotanto decorativi, tra i quali si distinguono ancora rabeschi, trofei e figure in piccole dimensioni. Oggi questo antico seminario, mezzo militare, mezzo religioso, serve di asilo alla R. Scuola Normale Superiore.
La chiesa adiacente si distingue per una facciata piuttosto pretenziosa, terminata alla fine del XVI secolo. Nell'interno, alcuni trofei conquistati ai Turchi dai Cavalieri di Santo Stefano ed alcuni quadri rappresentanti i loro principali fatti d'armi. L'ordine militare di Santo Stefano (papa e martire) fu istituito nel 1561 da Cosimo I, per difendere le coste della Toscana dalle scorrerie dei corsari. Come negli ordini consimili, le sue reclute si facevano quasi esclusivamente tra i nobili; tuttavia il celibato non vi era obbligatorio.
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Sulla "Piazza dei Cavalieri", nel punto in cui s'innalza oggi il bizzarro "palazzo dell'orologio", col suo centro rientrante come un V a rovescio, ed i suoi graffiti, si ergeva per l'addietro la famosa "Torre della Fame", la Torre d'Ugolino. Tale orribile testimonianza della barbarie del Medio Evo è scomparsa nel 1565, in occasione dei lavori intrapresi, dietro ordine di Cosimo I, per l'installazione dei cavalieri di Santo Stefano. Non ne resta altro ricordo che il commovente racconto di Dante.
"Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino, Che per l'effetto de' suo' mai pensieri,Però quel che non puoi aver inteso...."fidandomi di lui, io fossi preso( Eugenio Müntz, brano tratto da "Firenze e la Toscana", Fratelli Treves Editori, 1899 )
e poscia morto, dir non è mestieri;
e questi è l'arcivescovo Ruggieri:
or ti dirò perché i son tal vicino.
E passo oltre sul racconto del dramma orribile. Ma innanzi allo spettacolo delle rovine accumulate dalle lotte fratricide, è giocoforza ripetere l'eloquente invettiva del poeta:
"Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove 'l sì suona, ecc."
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