E’ confortante sapere quanto i nostri ricercatori ci tengano all’ordine costituito tanto da dar vita a studi il cui scopo precipuo parrebbe quello di dare suggerimenti per il controllo sociale: non posso pensare che essi non si rendano conto che certi spunti potrebbero essere usati nei più svariati modi e tutt’altro che a fin di bene. Ma credo che la parte significativa della ricerca non consista tanto in questo esame dei meccanismi automatici e atavici di comportamento, quanto nella constatazione “che le persone non sembrano a loro agio con istruzioni calate dall’alto, ma diventano docili quando viene fatto loro credere di scegliere autonomamente”. Ecco un’efficace spiegazione a livello pre politico e oserei dire pre razionale del significato e della forza dell’egemonia culturale, della necessità che le vittime siano partecipi dell’ideologia del carnefice, del ruolo delle guide, dei leader che a vario titolo indicano la strada, spesso non conoscendola. E’ la storia degli ultimi quarant’anni di progressiva affermazione del liberismo e del suo modello: una “storia di successo” come si direbbe su quei media che sono stata la chiave della rapida conquista delle menti.
Un esempio concreto di tutto questo lo abbiamo di fronte quando vediamo con quanta insistenza e pervicacia viene demonizzata come catastrofica l’uscita dall’euro tanto che le vittime per eccellenza della moneta unica (ma non le sole ovviamente), cioè i greci, cuociono a fuoco lento nella paura di un ritorno alla dracma. Un dramma della persuasione e dello sgomento che pervade i ceti popolari della parte debole del continente. Eppure nulla sul piano empirico e nemmeno teorico giustifica questo terrore indotto tanto che l’economista Nadia Gabellini – autrice con Emiliano Brancaccio di due saggi sull’argomento – denuncia in articolo di una settimana fa sulla Rivista di economia e politica (qui) il fatto che ormai l’abbandono della moneta unica è divenuto un tema oracolare, praticamente privo di ragioni consistenti da parte degli euristi a tutti i costi, qualcosa che è uscito dall’alveo “della riflessione analitica e del confronto sulle evidenze empiriche per rifugiarsi in quello ben più comodo del dogmatismo”.
Il fatto è che le reazioni agli studi Brancaccio – Gabellini e all’estensione degli stessi fatta recentemente da Realfonzo e Viscione non sono certo mancate anche perché essi mostrano come l’economia liberista viva in una specie di mondo rovesciato: nei 28 casi di uscita da un sistema di cambio fisso verificatisi tra il 1980 e il 2013, non si è avuta affatto l’inflazione catastrofica che viene profetizzata, ma solo una modesta svalutazione che ha garantito la tenuta reale dei salari. In alcuni casi le retribuzioni sono perfino aumentate e dove la gestione politica dell’uscita dalle gabbie monetaria si è rivelata cialtrona e poco attenta, le diminuzioni sono state in linea con quelle comunque richieste per rimanere dentro il sistema di cambio rigido. Questi fatti non vengono contestati, ma la risposta è sostanzialmente che l’uscita dalla moneta unica sarebbe un fatto eccezionale e dunque non rientra nella casistica illustrata. E’ fin troppo chiaro che siamo fuori dal campo della scienza o del rigore, ma in quello della fede e purtroppo sempre più spesso della malafede.
Insomma siamo di fronte a “una serie di soggetti che sanno precisamente come comportarsi” o meglio fingono di saperlo e forniscono alla politica, anch’essa ormai intermediaria del potere, la legittimazione a guidare il gregge. I media si incaricano poi di far credere ai cittadini che sono loro a pensarla così e dunque a renderli docili come dice la ricerca del Cnr. Adesso ci attendiamo gli infiltrati che corrono da una parte o dall’altra per confondere e confermare l’effetto gregge.