All’unificazione monetaria non è seguita quella politica e per questo motivo il progetto europeo è destinato a essere un cantiere aperto. Ma proprio l’incompiutezza politica dell’UE dovrebbe portare l’Italia a avere un ruolo da protagonista nel progetto di costruzione di un’Europa diversa e a investire nell’UE senza complessi di inferiorità. La strada da intraprendere non è tanto quella di battere i pugni sui tavoli di Bruxelles o mettendo continuamente in discussione l’Euro, dal quale l’Italia ha solo tratto vantaggi, quanto contribuendo a riformare le istituzioni europee. “Si tratta – scrivono gli autori – di elaborare una strategia globale e coerente nella quale i problemi non siano presentati come concessioni o aiuti da chiedere pensando solo all’interesse nazionale dietro cui si nasconde il tornaconto di qualche gruppo particolare”. Gli autori sottolineano che l’Italia (insieme alla Germania) ha avuto un ruolo di primo piano nell’integrazione europea. La domanda che il cittadino italiano deve porsi non è L’Europa conviene? bensì Quale Europa conviene? “Ciò appare essenziale – si legge nel libro – nel momento in cui si riapre il cantiere europeo e ciascun paese ci partecipa con la sua visione dell’interesse nazionale per i lavori urgenti di manutenzione che devono essere fatti, ma anche per le più profonde ristrutturazioni che appaiono necessarie per le nuove sfide che stanno davanti all’Unione Europea e per i difetti della costruzione da Maastricht in poi.” L’Europa oggi è considerata esclusivamente come una serie di vincoli e ci si dimentica degli enormi benefici che abbiamo avuto: stabilità monetaria, risparmio nel cambio con le altre monete, investimenti europei (spesso non utilizzati nel Meridione) e meno interessi sull’enorme debito pubblico. Purtroppo non esistono soluzioni magiche (come l’uscita dall’Euro) ai problemi che l’Italia si porta dietro da decenni e se oggi il nostro Paese ha difficoltà a contare in Europa non è per la perdita della sovranità ma per la crisi profonda delle strutture politiche e amministrative dello Stato italiano. Dastoli e Santaniello conoscono bene i limiti della costruzione europea e riconoscono che “l’involuzione intergovernativa del progetto europeo ha inciso nella difesa dei nostri interessi nazionali”, ma l’UE resta una grande opportunità che l’Italia non ha ancora sfruttato del tutto. (Pubblicato su Il Quotidiano di Puglia, 26 marzo 2014) twitter@uvillanilubelli
All’unificazione monetaria non è seguita quella politica e per questo motivo il progetto europeo è destinato a essere un cantiere aperto. Ma proprio l’incompiutezza politica dell’UE dovrebbe portare l’Italia a avere un ruolo da protagonista nel progetto di costruzione di un’Europa diversa e a investire nell’UE senza complessi di inferiorità. La strada da intraprendere non è tanto quella di battere i pugni sui tavoli di Bruxelles o mettendo continuamente in discussione l’Euro, dal quale l’Italia ha solo tratto vantaggi, quanto contribuendo a riformare le istituzioni europee. “Si tratta – scrivono gli autori – di elaborare una strategia globale e coerente nella quale i problemi non siano presentati come concessioni o aiuti da chiedere pensando solo all’interesse nazionale dietro cui si nasconde il tornaconto di qualche gruppo particolare”. Gli autori sottolineano che l’Italia (insieme alla Germania) ha avuto un ruolo di primo piano nell’integrazione europea. La domanda che il cittadino italiano deve porsi non è L’Europa conviene? bensì Quale Europa conviene? “Ciò appare essenziale – si legge nel libro – nel momento in cui si riapre il cantiere europeo e ciascun paese ci partecipa con la sua visione dell’interesse nazionale per i lavori urgenti di manutenzione che devono essere fatti, ma anche per le più profonde ristrutturazioni che appaiono necessarie per le nuove sfide che stanno davanti all’Unione Europea e per i difetti della costruzione da Maastricht in poi.” L’Europa oggi è considerata esclusivamente come una serie di vincoli e ci si dimentica degli enormi benefici che abbiamo avuto: stabilità monetaria, risparmio nel cambio con le altre monete, investimenti europei (spesso non utilizzati nel Meridione) e meno interessi sull’enorme debito pubblico. Purtroppo non esistono soluzioni magiche (come l’uscita dall’Euro) ai problemi che l’Italia si porta dietro da decenni e se oggi il nostro Paese ha difficoltà a contare in Europa non è per la perdita della sovranità ma per la crisi profonda delle strutture politiche e amministrative dello Stato italiano. Dastoli e Santaniello conoscono bene i limiti della costruzione europea e riconoscono che “l’involuzione intergovernativa del progetto europeo ha inciso nella difesa dei nostri interessi nazionali”, ma l’UE resta una grande opportunità che l’Italia non ha ancora sfruttato del tutto. (Pubblicato su Il Quotidiano di Puglia, 26 marzo 2014) twitter@uvillanilubelli
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