Europa e nazioni, la sinistra del giorno dopo

Creato il 13 aprile 2014 da Albertocapece

Avevo sperato che la vicenda Ucraina aprisse finalmente gli occhi, che mostrasse a una sinistra in confusione come dietro la “possessione” liberista dell’Europa, diciamo pure il tralignamento dal modello sociale che aveva espresso per due decenni, estrapolandolo dai progresso sociale dei suoi singoli Paesi, non si nascondesse la confutazione dei nazionalismi di destra o delle piccole patrie, bensì la loro sostituzione con un modello “grande europeo”, se non nord atlantico, uguale negli istinti e nelle conseguenze. Insomma una sorta di nazionalismo degli Stati Uniti di Europa del resto già delineato chiaramente nel Manifesto di Ventotene.

Ma era una flebile speranza: benché tutta la sinistra sia insorta contro il golpe di Kiev, attuato grazie ai gruppi paramilitari della destra fascista, dentro un disegno di nazionalismo teleguidato non ne ha poi tratto le conseguenze, ha continuato a baloccarsi con un internazionalismo europeista di maniera, a ritenere neutra se non positiva la perdita di sovranità che è tuttavia ancora l’unica garanzia di cittadinanza e dell’idea stessa dei diritti. Ma no, meglio evitare un possibile scontro fra proletariati  e lasciare che essi rimangano esposti insieme al massacro sociale. Forse non è abbastanza chiaro che se il nazionalismo è stato nel secolo scorso uno strumento di contrasto alle lotte sociali, oggi è stato sostituito, come strumento, dall’internazionalismo dell’economia globale e della lotta di classe al contrario.

Così accade che i temi caldi dell’ Europa – dal’assetto istituzionale a quello dell’euro – vengano discussi ovunque tranne che nella sinistra, la quale, anzi si compiace di critiche ovvie e generiche rifiutandosi però di prendere atto della realtà. E questo nel momento in cui persino Bolkenstein, l’uomo della famosa direttiva, arriva a dire che l’unione monetaria è fallita perché invece di creare le premesse di un’integrazione politica la ha allontanata e resa di fatto impossibile. In questo modo ottiene il mirabile scopo di separarsi dalla protesta sociale che monta, impedendosi di ibridarla con proprie idee e diventando alleata oggettiva dell’establishment dei massacri sociali, anzi il maggior alleato della finanza globale. Gli euro scettici sono nazionalisti dunque sono il nemico: questo il raffinato ragionamento delle piccole elite residuali che non si sa bene per cosa lottino se non per la cadrega per la quale sarebbero disposti a qualsiasi sacrificio, compreso quello, in un lontano futuro, beninteso, di leggere Marx e di capirci qualcosa. Al colmo del paradosso ci si compiace della meravigliosa prospettiva di trovare finalmente unità dentro una lista confezionata in occasione delle europee dall’ingegner De Benedetti, con l’acquisto di un marchio esotico che ricorda sbocchi politici esattamente contrari a quelli favoriti dal medesimo ingegnere e possibili eletti di sicura fede europeista oltre che euristi. E diciamo pure che oltre alla canzone a mezza bocca dell’altra europa, la lista Tsipras evita come la peste qualsiasi argomento concreto e di strategia.

Quando si dice che non esistono più destra e sinistra verrebbe quasi da crederci. Anzi quando si legge nel Global Financial Stability Report dell’Fmi, una delle istituzioni globali  divenuta parte integrante se non dominante della governance europea che l’aumento della vita media è un problema per i bilanci e che quindi o “si riducono le aspettative generali di vita” oppure si aboliscono di fatto le pensioni, parrebbe che i ruoli si siano scambiati. E verrebbe da dare ragione a Bertinotti quando dice che la lotta oggi è tra alto e basso, fra gli esclusi e chi comanda. Ma molto più probabilmente la politica non può più essere interpretata topologicamente con sole due dimensioni e nel caso in questione non può più essere interpretata, riguardo all’Europa, come scelta obbligata tra sovranazionalità del capitale e relativa alienazione di futuro per le classi subalterne o ripiego nazionalista. Il dilemma stesso è tutto interno alle destre: la sinistra dovrebbe fare di meglio. Possibilmente prima, non il giorno dopo, quando si raccolgono gli amari frutti e ci si accorge di aver sbagliato ancora. 


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