Non soltanto le posizioni euroscettiche godono, all’interno di un’ottica liberale e democratica, della stessa dignità politica, economica e sociologica di quelle europeiste, ma trovano e vantano ambasciatori di elevatissimo credito e livello, sia in campo nazionale che internazionale. Nonostante questo, si sta assistendo ad una loro progressiva e costante demonizzazione per opera di un vero e proprio metodo della “pars destruens” orientato a ridurle a feticci e retaggi di mentalità retrive, intellettualmente deboli e moralmente sciatte ed autolesionistiche. La propaganda europeista utilizza quindi il metodo della “proiezione o analogia” e dell’ “etichettamento” così da associare l’euroscettico ad immagini stereotipate e socialmente respingenti (“populista”, “qualunquista”, “razzista”, “ignorante”, le formule più gettonate). A dire il vero, il ventaglio propagandistico strasburghiano-francofortiano presenta e propone anche altri capisaldi dell’impianto classico della persuasione (il “senso comune”, la “garanzia” ed il ricorso alle “parole virtuose”) ma si tratta di elementi tutto sommato accettabili, sotto il profilo del galateo politico; i postulati ed i metodi precedentemente esposti, invece, costituiscono una menomazione delle dinamiche democratiche, in quanto il loro scopo è quello di intaccare il credito e l’immagine del dissenziente dislocandoli e dislocandolo ai minimi termini. Ancora una volta, quella che si presenta come cultura dell’inclusione disvela e palesa una fisionomia istologica del tutto altra e differente.