Eurozona e dintorni

Creato il 14 gennaio 2014 da Tabulerase

Draghi: «Uscire dall’euro? Tesi populista che non sta in piedi»

Questa dichiarazione dello scorso 15 dicembre del governatore della BCE, eminente personalità che peraltro non esisterebbe se non esistesse l’euro, per cui un piccolo conflitto di interessi lo possiamo rilevare, apre interessanti scenari alla luce dei successivi dati sulla disoccupazione diffusi il 22 sempre di dicembre.

Da questi rileviamo come la media dell’Unione Europea si attesti al 10,9% contro il 12,1% della cosiddetta Eurozona, affermare quindi che l’Euro sia la salvezza e la panacea di tutti i mali appare perlomeno discutibile. Non solo i numeri, che non sono né di destra, né di sinistra, non confortano i gli eurozonisti ad oltranza, ma andando ad analizzare nel dettaglio scopriamo che, ad esclusione del 17,6% della Croazia reduce dalla guerra, in cima alla poco invidiabile classifica dei paesi europei con il più alto tasso di disoccupazione abbiamo la Grecia 27,3%, la Spagna 26,7%, Cipro al 17,0% il Portogallo al 15,7% e per finire Irlanda e Italia al 12,5%.

Al di fuori dell’eurozona si va dal 7,5% del Regno Unito al 13,2% della Bulgaria, passando per invidiabili 6,8% della Repubblica Ceca e perfino un 7,3% della tanto bistrattata Romania che se avessimo qui nell’italico stivale ci proietterebbe immediatamente fuori dalla crisi.

Che l’euro sia poi il santo graal tanto osannato, è reso immotivato se andiamo a vedere che dei 17 paesi (18 ora con la Lettonia) Grecia, Cipro, Malta, Slovenia, Portogallo e Irlanda sono di fatto in default, Spagna e Italia più di là che di qua con il debito pubblico che continua a salire malgrado le continue manovre ed i sacrifici imposti alle popolazioni (vero Monti e Letta?).

 L’Islanda è andata in default, ma ha affrontato la crisi in maniera totalmente diversa, invece di salvare le banche depauperando i bilanci pubblici, ha nazionalizzato e tre più grande banche del paese, Kaupthing, Glitnir e Landsbanki. Il ministro dell’industria Steingrímur Sigfússon ha dichiarato in proposito: “Per fortuna abbiamo evitato di salvare le banche private, altrimenti saremmo falliti, e ricevere i soldi con ritardo è meglio di non ottenere nulla”. Il fatturato dei tre istituti di credito era dieci volte più grande la ricchezza nazionale del paese, e l’Islanda non sarebbe mai stata in grado di effettuare un bail out bancario di simili proporzioni.” . In pratica hanno bloccato tutti i capitali e i debiti verranno onorati solo quando le finanze pubbliche saranno in grado di farlo senza ridurre il paese in miseria come è stato fatto in Grecia, Cipro e simili.

 Altro caso emblematico è l’Ungheria, che data per spacciata ha invece il 14/8/2013, in anticipo di un anno, restituito l’ultima rata da 2,5 miliardi di euro dei 20 ricevuti nel 2008, affrancandosi così dalla troika europea. Il governatore della Banca Centrale Magiara, Gyorgy Matolcsy, ha dichiarato “Ora, la presenza del Fmi non è più utile all’economia ungherese. Perciò può levare le tende.”. Fra gli altri provvedimenti, oltre la cacciata della troika dal paese, impossibilità da parte di soggetti esteri di acquistare terreni agricoli magiari, 80 milioni di aiuti all’agricoltura e 250 alle banche con obbligo di concedere prestiti a tasso zero. Considerando il tasso di disoccupazione ungherese rapportato a quello eurozona è difficile dargli torto….

Nessuna di queste soluzioni può essere probabilmente presa tale e quale e dotata di un’aura salvifica, ma forse una parte di esse potrebbero essere oggetto di attenzione, quello che è sicuro è che le ricette finora fornite dagli organi europei preposti hanno solo aggravato il malato, non certo lenita la malattia.

In questo clima di integralismo ed intolleranza mediatica che riguarda qualunque critica all’euro, dovremmo invece considerare che l’identificazione fra Europa con la E maiuscola ed euro con la e minuscola, è quanto mai errata. L’Europa intesa come era nei sogni e pensieri dei padri fondatori era un insieme di popoli che condividessero ideali comuni, questo presuppone una democrazia che può essere attuata solo nell’unico organo elettivo che è il Parlamento Europeo. Questo, purtroppo, è diventato una casa di riposo per politici trombati nella propria nazione, e comunque ha meri compiti propositivi e consultivi. Tutto il potere, il vero potere, alberga nella cosiddetta troika, FMI, BCE e Commissione Europea, e nessuno di questi tre è un organo elettivo. Ci siamo consegnati legati mani e piedi nelle mani di questi signori provenienti tutti da banche ed organismi finanziari, sotto l’egida di Goldman Sachs e di istituzioni come i vari Bilderberg, Aspen Institute e Forum Ambrosetti. Alle domande come si pensa di rientrare nei parametri previsti dagli stringenti parametri europei imposti, tipo il rapporto debito/Pil al 60% quando l’Italia viaggia tranquillamente al 130% in aumento è un mistero di cui nessun messaggio alla Nazione di fine anno fa cenno. Come si pensa di rispettare i limiti imposti da MES e Fiscal Compact per cui dovremmo tagliare tra i 60 e i 75 miliardi di euro all’anno è un’altra domanda cui nessun Premier ha ancora dato risposte se non vaghe promesse e sogni finora mai realizzati. Ma su questi temi torneremo presto in maniera più approfondita.


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