“La farfalla non conta gli anni, ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta”.
Proverbio Africano
Cosa ardua è spiare nel cuore della notte una pantera nera tra gli alberi del tamarindo. Bisogna fare un po’ di luce per osservarla o aspettare che faccia giorno. Eusebio da Silva Ferreira nacque in Mozambico a Lourenco Marques e l’Africa non sapeva ancora che quel 25 gennaio 1942, dal suo grembo, venne partorita una leggenda. Sterminate sono le onorificenze cucite sulla sua pelle e sterminate le pagine dei dizionari e dei libri dedicati alla sua figura, a quello che è stato definito dai maggiori giornali calcistici il più grande giocatore africano e portoghese di sempre. “Africano” perché nacque in Mozambico. “Portoghese” perché lo stato del sud est dell’Africa fu, fino al 1975, colonia della patria del Vinho do Porto. Nazioni entrambe appoggiate al mare e questa correlazione fra uomo e vastità marina, tra singolo ed infinito giocherà un ruolo determinante per il giocatore africano che quando correva sul campo pareva non fermarsi mai, come se volesse superare gli oceani e raggiungere il cuore della Via Lattea.
A 16 anni Eusebio è nelle fila dello Sporting Laurenco Marques, allenato da Ugo Amoretti, ex portiere di Fiorentina e Juventus tra gli anni 30 e 40. Fu proprio Ugo a scoprire il talento straordinario di Eusebio, cercando in tutti i modi di portarlo in Italia ma, a causa del blocco della Federazione per gli stranieri, non riuscì nell’impresa senza dubbio promettente ma ancora acerba. Ma un giorno, il Gigante do Maracanà, Josè Carlo Bauer, ex centrocampista brasiliano, dopo aver visto in campo il giovane talento portoghese fare 100 metri in 11 secondi, lo propose al suo ex allenatore Bela Guttman (clicca qui per leggere la sua storia), che in quel momento, il 1960, allenava l’ottimo Benfica in Portogallo. Per 350.000 escudos Eusebio venne acquistato dalle Aguias, le aquile portoghesi e con i biancorossi, al primo anno, giocò pochissimo per via della difficoltà di Guttman di lasciare in panchina grandi giocatori quali Aguas e Augusto. Pur non da protagonista, la perla nera del Mozambico, alzò con lo spirito la Coppa dei Campioni vinta contro il Barcellona a Berna per 3-2.
un momento di relax a Londra
Bisognerà attendere l’anno dopo per l’avvio del mito Eusebio. Infatti nel 1962, all’Olimpico di Amsterdam, la formazione di Guttman ritorna in finale di Coppa Campioni, questa volta contro il Real Madrid titanico di Gento, Puskas e Di Stefano. Eusebio, col numero 8 viene questa volta schierato titolare a fianco di Josè Augusto. Davanti a 65 mila spettatori il team di Munoz viene schiantato, al termine di una gara epica, per il risultato finale di 5-3 dove le personalità di Puskas e della pantera Eusebio mostrarono il loro lato totale. Il primo fece tripletta, il secondo doppietta ma fu questa la più importante. Dopo il momentaneo 3-3 della partita Eusebio segnò il quarto e il quinto gol, portando il Benfica sul tetto d’Europa dopo l’anno precedente. Mancava soltanto il tetto del mondo, sfumato però con la sconfitta nella doppia finale di Coppa Intercontinentale contro il Santos di Pelè. O Rei contro la Perla Nera, un incontro da urlo vinto dai brasiliani 3-2 all’andata (doppietta di Pelè) e 5-2 al ritorno (tripletta di Pelè e un gol di Eusebio).
Il duello tra i due sembra non avere alcuna storia, è Pelè, il dio del calcio, il più forte del mondo. Ma la Fifa è impressionata nel vedere questo grandioso e velocissimo giocatore che alterna scatti improvvisi a fucilate da fuori area più veloci dei proiettili e per soli 12 punti la Pantera non vince il Pallone d’Oro (conquistato dal ceco Masopust). Nella Primeira Divisao non c’è storia, è il Benfica la squadra più forte. Per tre anni di fila (1963,1964 e 1965) vince il campionato ed Eusebio segna gol a valanga diventando capocannoniere nel ’64 e nel ’65, primi di una lunga lista di podi per marcature, vinti successivamente nel ’65, ’66, ’67, ’68, ’70 e ’73 (un record tutt’oggi imbattuto). Felici sono anche le vittorie della Taca de Portugal (la Coppa di Portogallo) vinte nel 1963 (3-0 al Vitoria Setubal) e 1964 (6-2 al Porto). Non solo Eusebio segna numerosi gol in Portogallo ma anche nelle coppe internazionali.
Nel 1965 con 9 reti è il miglior marcatore della Coppa dei Campioni, persa a San Siro (1-0, Jair) contro la corazzata neroazzura di Mazzola e compagni. La Fifa questa volta non ha dubbi: superando sul massimo podio Suarez e Facchetti, la Pantera vince un meritato Pallone d’oro. L’anno successivo è ancora il capocannoniere della Coppa Campioni pur uscendo con il Benfica ai quarti contro il Manchester United di Charlton e Best, futuro vincitore della competizione a Wembley. Tutto questo prima dei Mondiali di Inghilterra ’66. Sono stati 4 anni intensi per la Perla Nera, anni in cui qualsiasi giocatore costruirebbe una intera carriera. Ma per Eusebio non basta. Lui vuole il mondo e quale migliore occasione per partecipare con il Portogallo ad una competizione mondiale. Dopo aver superato il girone iniziale con 6 punti e realizzando 3 gol (2 col Brasile ed uno con la Bulgaria), la Pantera accede ai Quarti di Finale contro la sorpresa Corea del Nord che ci procurò notti insonni a noi italiani, notti il cui incubo primo fu senza dubbio quello di dover sognare un sadico dentista che giocava coi nostri denti.
Eusebio e Pelè: destini incrociati?
L’ombra di Pak Doo Ik (clicca qui per leggere la sua storia) è insignificante per Eusebio con 4 gol (5-3 il risultato conclusivo) scardina la mini-corazzata coreana ed accede alle semifinali. Per la seconda volta nel giro di pochi mesi la Perla deve affrontare degli inglesi. E’ la squadra ospitante infatti a marcare stretto Eusebio, che pur realizzando una segnatura, vede sfumare la finale contro la Germania Ovest. Persa la semifinale per 2-1, alla Perla Nera non resta che un meritato 3° posto dopo aver battuto la Russia per 2-1 e segnato un gol. Con 9 reti Eusebio è il capocannoniere del Mondiale nonché il miglior giocatore in assoluto della competizione. Ritorna al podio del pallone d’oro, questa volta come secondo, sotto Bobby Charlton. Ancora una volta un inglese lo ha battuto ma non è ancora finita. Conquistati 2 facili campionati nel ’67 e ’68 (in entrambi è ancora il miglior realizzatore), Eusebio si ritrova ancora in una finale di Coppa Campioni e l’avversario è il Manchester United. La battaglia Portogallo-Inghilterra pare non aver mai fine. Grazie ad un irresistibile Best, il Manchester Utd vince la sua prima Coppa Campioni (4-1 il risultato finale) ed Eusebio e compagni sciupano la seconda finale a distanza di tre anni, dopo quella perduta con l’Inter.
In patria le Aguias sono imprendibili. Altri campionati vinti di cui 5 di fila (’69, ’71, ’72, ’73, ’74 e ’75) e tre Coppe di Portogallo acciuffate (nel ’69 contro l’Academica, nel ‘70 e ’72 contro lo Sporting Lisbona). Nell’estremo ovest dell’Europa, la Pantera Nera è l’idolo delle folle, l’uomo più importante del Portogallo, più famoso degli attori e dei cantanti, è il simbolo indiscusso del Portogallo. E triste fu il giorno nel quale Eusebio, questo immenso giocatore, decise di lasciare, dopo 15 anni, la maglia numero 8 dei biancorossi per attraversare l’Oceano Atlantico ed andare a giocare in America, come accadde anche a Pelè negli anni ’70. Destini incrociati? Forse si forse no. Ma è il Fato che spinge i migliori ad andarsene prima o poi. E’ accaduto anche al nostro Eusebio, alla nostra Perla Nera pochi giorni fa, quando ci ha lasciati dopo un brutto male prima che compiesse 72 anni. Scrisse la storia del Portogallo del dopoguerra e la storia del Calcio europeo. Le scrisse entrambe col pallone, con i suoi gesti atletici e le sue corse in mezzo al campo. Il suo nome invece appare d’obbligo e di diritto nelle più importanti liste dei migliori giocatori del XX secolo come il Fifa 100 e la classifica dell’IFFHS. Eusebio è sacro, nel senso di “separato dagli uomini” per la sua possenza e la sua eleganza. Ed ora che è notte abbiamo fatto un po’ di chiarezza e possiamo scorgere la pantera fra le piante del tamarindo.