“Gli Euthymia nascono a Torino nel luglio 2008 e mirano alla realizzazione di "Opere rock" basate sulla forte compenetrazione di letteratura, teatro e musica”.Questa la frase iniziale che ho trovato entrando nel sito di Euthymia, prima di intraprendere l’ascolto de ”L’ultima illusione”, loro album d’esordio
La presentazione ufficiale e le note relative al gruppo:
htmle.blogspot.com/2010/09/presentazione-lultima-illusione.html
Proseguendo all’interno del loro spazio mi sono soffermato sui tre protagonisti e sui loro collaboratori, e ho scoperto che parliamo di giovani al di sotto dei trent’anni, e il gruppo è neonato, essendosi costituito nel 2008. Questa dichiarazione di intenti potrebbe passare per incoscienza, presunzione o per grande consapevolezza delle proprie qualità e possibilità. Da scoprire.
L’album uscirà a novembre per cui mi prefiggo lo scopo di dare qualche indicazione a chi, non conoscendo il gruppo, si troverà davanti un nome curioso e una copertina che da sola… emoziona.
Una delle domande dell’intervista a seguire (preparata prima dell’ascolto dell’album e quindi basata sulle letture relative alla band) era tesa a indagare se c’è spazio, nell’attuale panorama musicale, per “inventare” qualcosa di nuovo.
“L’ultima illusione” risulterà alla fine un lavoro di nicchia, ma mi sono trovato davanti a un prodotto che non avevo mai ascoltato, e la prima cosa a cui ho pensato è che sarebbe un ottimo “caso” di multidisciplina, di esempio di come elementi diversi tra loro possano fondersi e dare un risultato globale di valenza didascalica. Ecco, i tour andrebbero fatti anche nelle scuole (non è poi così utopistico pensare di organizzare qualche concerto in contesti inusuali, ma appropriati) e questa proposta di Euthymia stimolerebbe la fantasia dei più sensibili.
Ho ascoltato tutto di un fiato, e mi sono reso conto che non potevo interrompere la storia che mi veniva raccontata. E così che lo si deve assimilare ed è così che lo si può descrivere, senza frazionare i singoli “atti”.
“L’ultima illusione” presenta un iter originale nella costruzione e nella proposizione, ma il tema trattato è quello che ci angustia dall’inizio del mondo.
Mi verrebbe invece da ricercare il motivo per cui sia stato scelto come primo da rappresentare, da musicisti molto giovani, che per ovvi motivi anagrafici dovrebbero avere un limitato bagaglio negativo di esperienze.
L’amore tra una coppia, il tradimento, il dolore conseguente e la morte finale, rappresentano la tragedia che più volte abbiamo visto sul palco e nella vita, situazioni che mai ci abbandoneranno.
La variante in questo caso è il patto col diavolo, elemento sempre presente nella letteratura musicale e non.
Ma una storia di vita comune (anche il patto col diavolo lo è diventato nel pensiero quotidiano) è quasi sempre la nostra storia e mentre ascoltavo i differenti passaggi, da ”L’illusione” a “La morte”, non ho potuto fare ameno di ritornare a momenti dolorosi della mia vita di adolescente.
Il nuovo” a cui accennavo si riferisce al proporre un soggetto teatrale (di vita) fondendo la musica e la poesia e utilizzando “un narratore” che agisce da trait d’union, e fornendo un lavoro globale di grande qualità.
La narrazione, i testi, la musica, starebbero singolarmente in piedi senza compagni di viaggio, ma realizzare un prodotto omogeneo poteva essere impresa oggettivamente ardua, e rappresenta, forse, la vera sfida.
Il risultato in studio mi sembra ottimo, ma mi piacerebbe essere presente ad una performance dal vivo, importante prova del fuoco.
Lascio per ultima la musica, cosa per me inusuale, ma nel caso specifico trovo difficoltà a decidere una priorità tra le varie arti messe su disco.
I suoni sono dichiaratamente prog (così come gli esempi da seguire) e forniscono la base su cui scivola questo concept album. Suoni prog significa, tra le tante cose, utilizzo di strumenti e tecnologie particolari, tempi dispari, armonie ad ampio respiro, sperimentazione, contaminazione classica.
Ho trovato tutto questo nell’album, con variazioni “di umore” in perfetta sintonia con le differenti fasi della “tragedia”. Ambizioso musicare la paura, il tradimento, la morte, e soprattutto il loro progredire.
Euthymia, a mio giudizio ha centrato l’obiettivo e come spesso dico e scrivo in questi casi, nascere in altri periodi storici avrebbe loro garantito uno spazio adeguato e visibilità certa, che in tempi di Talk Show risulta di norma esser problematica.
Per completare la contemporaneità delle arti de “L’ultima illusione”, doveroso citare la copertina, riflesso del lavoro della torinese Fernanda Tartaglino, impegnata nel riprodurre su tela i cambiamenti di stato dell’album.
Ciò che mi ha colpito, ciò che collego immediatamente all’immagine di copertina, è la rappresentazione della disperazione. E ciò che percepisco è un forte dolore che prescinde dall’età, immaginando che il “vecchio calvo” abbia “mani giovani” e forza fisica da vendere. Ma il malessere interiore non ha un legame con l’età e raccontare la sua evoluzione (ma non sempre finisce in tragedia) lo si può fare in modi antitetici, al Festival di Sanremo o attraverso l’immane impegno profuso in album come “L’ultima illusione”… ai lettori/musicofili la scelta.
http://www.euthymiaproject.com/
L'intervista
Un amante della musica progressive, fortuitamente di passaggio nel vostro sito, dovrebbe rimanere colpito nel leggere i contenuti del vostro progetto:” se quelle sono le intenzioni occorre approfondire!” Come arrivano giovani musicisti come voi ai mostri sacri del prog degli anni 70?
La scoperta del progressive e dei mostri sacri di questo genere è la diretta conseguenza di un amore a 360° per la musica, musica vera, ovviamente, musica d’autore. Io, Umberto e Dario abbiamo sempre ascoltato di tutto… blues, rock, funky, soul, hard rock, metal. Il progressive ci ha sempre affascinato da ogni punto di vista: artistico, compositivo, culturale. E non vi è dubbio che tra le grandi band dei seventies, per degli appassionati come noi, oltre ai vari Deep Purple, Led Zeppelin e Rolling Stones vi fossero nomi imprescindibili come Emerson, Lake & Palmer, King Crimson e Pink Floyd!
Mi ha colpito la frase:” Opere rock basate sulla forte compenetrazione di letteratura, teatro e musica”, relativa ai vostri intenti. Alcuni giorni fa ho scritto del lavoro dei Nichelodeon, che non conoscevo, e la visione del loro DVD, aggiunto al CD, mi ha dato l’impressione di un lavoro globale, di qualità, di grande soddisfazione per l’ascoltatore( d’elite) esigente. Trovo che questo tipo di impegno sia addirittura superiore a ciò che vedevo, in certe occasioni, negli anni 70. Da dove nasce la vostra esigenza di aggregare arti diverse per poi fornire una miscela unica?
Nasce dalla passione per l’arte in genere, si tratti di pittura, cinema, letteratura o musica. Nel dar vita ad un’opera rock il nostro scopo è quello di non darci limiti, comporre senza restrizioni e creare qualcosa che risulti, di volta in volta, sempre più innovativo e originale.
Leggendo le vostre note biografiche emergono culture “antiche”, classiche, legate alla tradizione. Quanto sono importanti per voi le nuove tecnologie applicate al vostro lavoro di artisti?
Le nuove tecnologie sono importantissime. Il binomio classico-moderno sta alla base della filosofia del nostro progetto ed è un tratto che ci caratterizza fortemente. Da qui, l’esigenza di accostare strumenti vintage come Hammond, Mini Moog, pianoforte, batteria, basso ad apparecchiature avanguardistiche e sonorità elettroniche.
Perché è diventato così complicato vivere( e sostenersi) di sola musica? Le occasioni offerte dal web sono davvero le uniche possibili?
E’ complicato vivere di musica per il semplice fatto che nel nostro Paese non si dà il giusto peso alla figura del musicista e anzi è diffusa la concezione che la musica sia un hobby più che una professione. Il web è utile strumento per far conoscere i nostri intenti, le nostre idee, le nostre produzioni, non solo in Italia ma nel mondo.
Ci sono momenti particolari in cui sentite la necessità di cambiare registro, magari di navigare tra blues e rock, in piena libertà?
Come ti dicevo, il nostro modus operandi consiste proprio nel superare ogni limite: oltrepassare la norma standard, scavalcare la consuetudine. Spesso mi capita, in fase compositiva, di abbassare le luci del mio studio e lasciarmi trasportare dalle emozioni, dagli stati d’animo del momento. Nel caso de L’Ultima illusione, la storia e i testi di Umberto mi hanno guidato nell’ideazione di temi, suoni, musiche. Una volta pronte le parti strumentali, poi, Dario è intervenuto ad arrangiare tutto il materiale.
Quando penso ai gruppi più famosi del prog anni 70 (ne conto otto) rifletto sempre sul fatto che ognuno di loro ha inventato qualcosa che, seppur contaminato, prima non esisteva. Esiste lo spazio per proporre qualcosa di assolutamente diverso? Può essere anche questo l’obiettivo di una band dal programma ambizioso come il vostro?
La musica è infinita e, al contrario di quello che spesso si dice, è ancora tutta da scoprire. Noi miriamo costantemente alla creazione di qualcosa di diverso.
Nel corso delle vostre performance dal vivo( che spero di vedere quanto prima) tendete a far uscire fuori l’amalgama del gruppo o c’è anche spazio per il singolo, per l’assolo, per il virtuosismo d’effetto, che on stage credo possa essere sempre giustificato?
Direi che ad emergere è, quasi sempre, la band, non il singolo. I momenti di “assolo” sono presenti e importanti, ma in generale non è nostra abitudine quella di prevalere sugli altri. Tutto è sempre ben amalgamato e inserito nel contesto di base. Quando poi si parla di “opere rock”, va tenuto in considerazione che la musica è al servizio della storia, e viceversa.
Ho letto dei vostri gruppi di riferimento del passato. Esiste qualche gruppo italiano, “giovane” come voi, che giudicate di livello superiore alla media o che comunque gradite particolarmente?
Per ora, eccetto i torinesi Ainur, gli Ossi Duri ( band di tradizione Zappiana ) e i Vurtula, non conosciamo altri gruppi progressive della nostra età.
Quali sono le linee guida che consentono a un gruppo di lavoro musicale di raggiungere i propri obiettivi?
Fare tanti sacrifici, raccogliere le idee giuste e trovare i soldi per finanziare i propri progetti. Gli Euthymia, ad esempio, sono prodotti dalle associazioni culturali “altreArti” di Torino (http://www.altrearti.org/) e “Arno Klein” di Mondovì(http://www.arnoklein.org/).
E’ necessario il coinvolgimento personale, l’amicizia, l’affetto, o è sufficiente essere professionisti?
È necessario essere professionali, oltre che professionisti! Il coinvolgimento personale, così come la correttezza e l’impegno sul lavoro, sono fondamentali.
Dove vorreste trovarvi, musicalmente parlando, tra dieci anni?
Ovunque ci sia la possibilità di esprimersi al meglio artisticamente, magari avendo accumulato nel frattempo un ricco bagaglio di esperienze, dischi e spettacoli!