L'obiettivo è raccontare il simbolo di Evita Perón documentando la Storia mai menzionata della sua salma, giudicata dai militari, in patria - dopo la caduta del marito Juan Domingo Perón - un pericoloso spunto di ribellione e d'ispirazione per il popolo e quindi da far sparire in silenzio come infine fecero, nel 1955, trasportandola fino in Vaticano sotto falso nome per poi farla rientrare in Argentina circa venti anni dopo, seppellendola sotto una colata di cemento per ribadire ancora quel messaggio di repressione e soffocamento a chiunque iniziasse a sperare di nuovo. La verità tuttavia è che lo spirito di Eva - così veniva chiamata - dall'Argentina non se ne è mai andato, anzi, ha proseguito ad influenzare le menti e a scatenare il coraggio di coloro che in lei vedevano l'immagine della salvezza e dell'uguaglianza, principi che lei stessa aveva costantemente promosso e con cui si era fatta amare e sostenere dal quella classe operaia che non demordeva affatto. Nei tre capitoli in cui "Eva No Duerme" viene diviso - e a cui partecipano brevi video di repertorio che ogni tanto fanno capolino - tale forza misteriosa traspare, manifestando la sua energia e scatenando il movimento: che se per lo spaccato dell'imbalsamatore si limita alla cura dei dettagli per realizzare una salma impeccabile, degna del nome che porta, per i successivi altri due, il trasportatore e il dittatore, quell'emblema diventa motivo di lotta e, di conseguenza, anche di sangue.
Eva non dorme, insomma, è ancora sveglia.
Missione che porta sicuramente a compimento, con una chiusura da film horror che resta scolpita in testa e che suona un po' come una minaccia per chiunque non avesse ben chiaro il desiderio di libertà di un popolo che non solo ha saputo lottare per andare incontro a ciò che desiderava, ma che sarebbe pronto a rifarlo ogni qual volta ce ne fosse bisogno.
Centrare il messaggio però non è sinonimo di centrare un film. "Eva No Duerme" evidenzia del cinema buono, a volte ottimo, ma non osa quanto dovrebbe in quell'anarchia di cui si fa portatrice, ma che poi non galoppa fregandosene della misura e del resto.
L'evasione sincityana di Bernal dell'inizio allora poteva essere uno spunto anziché una suggestione, di quelli da trattare con le pinze, forse, ma da non sottovalutare affatto.
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