Eventualmente stupido e cattivo

Creato il 17 novembre 2013 da Malvino
Massimo Adinolfi e Leonardo Tondelli corrono in soccorso di Nichi Vendola con strumenti retorici che a me paiono un pochino disonesti.Il primo riduce tutta la faccenda a un «Vendola ride», poi separa il soggetto dal verbo, accantona il «Vendola» con quanto gli è d’attorno in contesto, e passa a difendere il «ride» dalla condanna morale che lungo i secoli è stata inflitta al riso da tutti i cupi bacchettoni che hanno considerato osceno il ridere, in sé e per sé. Vorresti accodarti a costoro? Penserai mica come Jorge ne Il nome della rosa che «chi ha un’anima non può permetterselo»? Sii buono con te stesso, via, e assolvi il «ride». Fatto? Bene, adesso rimetti «Vendola» accanto a «ride» e dimmi: quelle risate non ti diventano innocenti? No? E allora vuol dire che hai qualcosa di guasto dentro. Probabilmente ti sei fatto attaccare la rogna da Padellaro, Gomez e Travaglio. Diciamola com’è, sei un tipaccio da evitare. Adinolfi, per lo meno, ti prega di tenerti a debita distanza. Così impari a dare addosso al povero Nichi.In fondo che ha fatto di male? «Vendola – scrive Tondelli – doveva mediare tra i sindacati che volevano tenere aperto lo stabilimento e un’opinione pubblica che lo voleva chiuso; il suo ruolo richiedeva anche che mantenesse i rapporti con la proprietà. Un presidente di regione non dovrebbe farlo?». Via, che c’è di male a leccare un po’ il culo al factotum dei Riva complimentandosi per lo «scatto felino» col quale quello ha strappato il microfono di mano a un giornalista che aveva «la faccia da provocatore»? In fondo, come vuoi che si mantengano buoni rapporti con chi avvelena gente e ambiente, esporta capitali all’estero e semina mazzette? Bisogna scendere allo stesso livello, e il buon Nichi si è limitato a questo.Sicché, se Adinolfi ti compatisce perché ad indignarti mostri di essere cattivo, Tondelli ti sferza: Il Fatto Quotidiano – scrive –«non ha una grande fiducia nella tua memoria [perché] stralci d[i qu]ell’intercettazione erano stati pubblicati un anno fa dal Giornale»; «non ha molta fiducia nemmeno nella tua capacità di mantenere l’attenzione [perché] rispetto al Giornale di Sallusti il contenuto è molto semplificato [e dunque] non ti è richiesto di seguire un ragionamento o ricostruire un caso dagli indizi, ma di ascoltare una risata e di indignarti»; «presume che tu, di indignarti, abbia un certo bisogno»; insomma, se ti indigni, sei un «coglione», tanto più che, ogni volta che ti indigni, «loro [Padellaro, Gomez e Travaglio] realizzano un guadagno»Vorrai mica essere considerato un «coglione» da Tondelli? Ha troppa stima di te, e ti implora di risparmiarglielo, sennò la delusione lo ferirebbe a morte. Ad Adinolfi, invece, dispiacerebbe doverti privare della familiarità che ti ha magnanimamente concesso: «Chi vuole rivendicare il diritto di ridere in privato di quel che gli pare? Chi, senza violare alcuna legge, vuole essere almeno un po’ scorretto? Chi vuole disporsi almeno una volta al telefono in modalità ironica, o di aperto sarcasmo, oppure di scherno e di macabra ironia, ecco: di un simile mostro morale cosa vogliamo fare? L’unica, mi rendo conto, è non telefonargli. Perciò vi prego: non telefonatemi, perché anche a me, ogni tanto, mi scappa».In entrambi i casi, neanche troppo velatamente, siamo dinanzi alla promozione in campo di chi legge, se sottoscrive gli argomenti di chi scrive: se assolvi Nichi, dimostri di essere uno che non si fa infinocchiare dagli arruffapopoli, e Tondelli ti applica il bollino blu della persona di buon senso dotata di un sano realismo; in più dimostri di godere di buona salute morale, te lo certifica Adinolfi, che in premio ti concede la sua simpatia, almeno telefonica; sennò sei stupido o cattivo, eventualmente stupido e cattivo.     

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