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Everest (2015): una cordata di celebrità per una tragedia mai dimenticata (e Gyllenhaal alpinista nudista)

Creato il 19 ottobre 2015 da Dejavu

Everest (2015): una cordata di celebrità per una tragedia mai dimenticata (e Gyllenhaal alpinista nudista)

Narrano le cronache che nel maggio del 1996 otto alpinisti siano rimasti uccisi durante una spedizione sulla famosa montagna ai confini tra il Nepal e la Cina.

Tra i congelati a morte si contano anche le due guide esperte a capo degli escursionisti: Rob Hall e Scott Fischer.

Non credo di fare grandi rivelazioni nel dirlo, considerando che il film vuol'essere una ricostruzione emotiva e sensazionalistica di fatti già risaputi.

A segnare il passo è tuttavia il modo in cui una sciagura ormai ghiacciata e sepolta nella neve da almeno vent'anni prende vita attraverso il calore dell'alito e del sangue pulsante di un cast a dir poco eccezionale.

Quella primavera maledetta, Rob Hall (Jason Clarke) e Scott Fisher (Jake Gyllenhaal) si trovarono a gestire un nutrito traffico di ambiziosi scalatori. Troppi uomini da gestire e troppa inesperienza da curare.

Arrivare in cima alla montagna era per ciascuno dei partecipanti un obiettivo dettato dalle più svariate motivazioni. Riscatto sociale, completamento di un record mondiale, completamento del proprio ego. L'ascensione montana significava la conquista di un distacco dalle umane cose e la proiezione verso una trascendenza olimpica.

Il problema è che si resta esseri umani anche a ottomila metri. Esseri che non possono fare a meno dell'ossigeno, della forza carnale, del calore degli affetti. Il percorso ascensionale diviene dunque una scommessa divisa per scali in diversi campi base. A coordinare il tutto vi è una materna Emily Watson la cui voce ai contatti radio rappresenta il cordone ombelicale tra il riparo di un accampamento sicuro e la natura inospitale e matrigna dei ghiacciai. E' un legame forte, che non si spezzerà neppure alle quote più alte e sotto l'annunciata tempesta di neve. Non fosse stato per il ritardo nella salita dovuta alle mancanze nell'orchestrare mezzi e persone, quegli alpinisti probabilmente ora sarebbero qui, a supervisionare il racconto che Baltasar Komàkur ci tramanda in loro nome con questa pellicola. Ma gli Dei che spesso irridono le nostre speranze tramutano l'agognata vetta dell'Everest nel fuso di quell'arcolaio che punse mortalmente la bella addormentata della celeberrima favola.

Doug, Yasuko, Rob e Scott ad uno ad uno cadono vittime dell'incantesimo di una montagna stregata e violata nella sua cima dall'umana sfrontatezza. Il loro sarà un sonno senza ritorno, cullato dal gelo di una irrituale sepoltura.

Everest (2015): una cordata di celebrità per una tragedia mai dimenticata (e Gyllenhaal alpinista nudista)

Everest (2015): una cordata di celebrità per una tragedia mai dimenticata (e Gyllenhaal alpinista nudista)

Everest (2015): una cordata di celebrità per una tragedia mai dimenticata (e Gyllenhaal alpinista nudista)

Girato in parte in Trentino nella Val Senales e criticato perché colpevole di una eccessiva glaciazione dei sentimenti, il film sembra invece mostrare un rispetto dell'umana disperazione che un documentario solitamente non possiede, indugiando sulle relazioni domestiche e sulla solidarietà reciproca dei protagonisti. Forse, come nella fiaba, gli escursionisti sono ancora là e sono solo addormentati. E fra cent'anni si desteranno per raccontarci che osare, in fondo, non è mai sbagliato se si conoscono i propri limiti.

Everest (2015): una cordata di celebrità per una tragedia mai dimenticata (e Gyllenhaal alpinista nudista)

Everest (2015): una cordata di celebrità per una tragedia mai dimenticata (e Gyllenhaal alpinista nudista)
Pollice verso piuttosto per l'inutile spreco di Robin Wright e Kiera Knightley ridotte all'inerzia di animali in gabbia in attesa di notizie. E per Gyllenhaal. Jake la Gallinha fa il solito sbruffoncello esibizionista americano che si denuda a 30 sotto zero e poi alla cima nemmeno ci arriva.

Jake, vai a fare altro!


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