Scalare la montagna più alta della terra è un impresa per pochi e chi c'è riuscito, mettendo a rischio la propria vita, non l'ha fatto di certo affidandosi alla fortuna o a qualche forma divina che potesse proteggerlo. Per salire in cima all'Everest ci vuole esperienza, preparazione, concentrazione e non è detto che pur avendo il pacchetto completo a disposizione il nostro corpo resista al freddo e alle sue conseguenze, permettendoci quindi di toccare la vetta. Nonostante questo - e Kormákur ce lo comunica al posto dei titoli di testa - da un po' di anni team specializzati offrono la possibilità a persone comuni di realizzare il loro sogno: provare a misurarsi con la natura e, se predisposti, resistere ad essa conquistandola, come all'uomo tendenzialmente piace pensare e fare. Questi gruppi, neanche a dirlo, sono guidati da esperti scalatori organizzati, che mettono in cima alle loro priorità quello di non perdere alcuno dei partecipanti, aiutati da un personale altrettanto competente a cui fare riferimento per assistenza e consigli climatici nel corso del viaggio. Nella testa di chi si aggrega a loro - che siano bene o male anch'essi esperti in materia - circolano tuttavia motivazioni fin troppo intime e personali, troppo massicce da poter essere abbattute da quel ragionevole spirito di sopravvivenza, per cui, la conseguenza, è che, a volte, c'è chi preferisce spingere al massimo le proprie capacità, piuttosto che capire i limiti e fermarsi.
Ma al contrario di quanto si pensi, il rispetto e l'approccio autentico che "Everest" utilizza, attraverso un esposizione così ferrea ed equilibrata, fanno in modo che il suo intero sforzo in sottrazione vada a compattarsi e a porsi su di un livello nettamente superiore alla media, raggiungendo quel tipo di risultato così impressionante e verosimile da conquistare lo spettatore, rendendolo complice.
Nessun sottotesto o secondi fini, quindi, a comandare è la realtà dei fatti. Perciò spaventarsi, preoccuparsi, stare in ansia e commuoversi sono comportamenti assolutamente comprensibili, di fronte agli esiti arbitrari e imparziali di un qualcosa tanto affascinante quanto impetuoso. Di fronte a quel gigante ghiacciato da cui persino Kormákur ha deciso di lasciarsi trasportare, senza opporre resistenza, portando a casa una pellicola con qualche piccolo graffio, ma dal sapore trionfante.
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