Mettiamo subito in chiaro le cose perché già mi pare di sentire un soffuso cicaleccio di protesta: molte trentenni sono felicemente single e tali vogliono rimanere. Ok?
Ma diciamoci la verità: per una che si gode la vita, ce ne sono dieci che allo scoccare del terzo decennio mettono la ragione sott’aceto e cominciano ad agire come se avessero in testa un lampascione.
Le più sconcertanti sono quelle che, colte da una specie di horror vacui, cominciano a ravanare numeri di telefono tre le pagine dei vecchi diari scolastici e delle agendine preistoriche nella speranza di riagguantare un ex.
“Se gli piacevo allora, magari gli piaccio anche adesso!”
“Provaci pure. Ma faresti bene ad avvertirlo che hai messo su qualche chilo.”
“Santo cielo, avevo dieci anni, non si aspetterà mica che io porti ancora la 36?”
“No. Ma nemmeno la 56.”
“Scusa ma Alberico non lo avevi lasciato tu perché rubava nei supermercati?”
“Ma quelle erano sciocchezze! Oggi è un politico affermato.”
“Chissà perché la cosa non mi stupisce.”
“Fui frettolosa a lasciarlo per quel San Daniele nascosto sotto l’impermeabile.”
“Già.”
“Fosse stato un Parmacotto l’avrei perdonato. Ma un San Daniele intero mi parve davvero troppo.”
“Ma tu guarda. Bastava il prosciutto giusto e oggi eri first lady.”
“Non capisco perché ti sei messa in testa di ricontattare Olimpio. Non è già sposato?”
“Lo è. Con una donna obesa che fuma tre pacchetti di sigarette al giorno. Secondo le statistiche dovrebbe tirare le cuoia a breve. Meglio se mi porto avanti col lavoro.”
Una volta un uomo di mia conoscenza ricevette una strana telefonata da una vecchia ex:
“Hei! Da quanto tempo! Ma che piacere sentirti… Come te la passi?”
“yjfehrfeojàeiuii”
“Ah sei tornata qui? Non vivi più a Milano? E il tuo fidanzato?”
“zdhpoeifèerifeèrerfrnzcw”
“Caspita, mi dispiace. E quando è finita?”
“hgoiugmècupiucmpyucivrivmèùimevpiui”
“Ma tu vedi che razza di cretino. Mi dispiace davvero… Sarebbe carino organizzare una rimpatriata con tutto il gruppo…”
“gwxyhjkhjòrojvephj”
“Sì, scusa, hai ragione, ma non posso parlare a voce più alta perché mio figlio sta dormendo...”
“wlkrz”
“Io sì, sono sposato e ho un bambino di un anno.”
“wx”
“Va…va bene, allora a risentir…pronto? Pronto?”
Emblematico il caso della mia ex-collega Titti.
Pur non essendo particolarmente sgradevole, la ragazza (diciamo così) a trentacinque anni suonati non aveva uno straccio di fidanzato. E mostrava tutti i sintomi della trentennite acuta.
Aveva un ecoscandaglio incorporato sempre acceso e se andavi in centro di sabato mattina, avresti certamente notato un periscopio che svettava sulla folla: era lei che faceva la solita ronda settimanale.
Purtroppo l’ufficio non offriva grandi opportunità. Eravamo tutte donne a parte il capo, fermo allo stadio Australopithecus, con scarse possibilità di morire Sapiens.
Caso volle che Titti rincontrasse proprio sul lavoro il suo ex delle scuole medie: Achille, il corriere che ci consegnava i pacchi. Lei minimizzò su quel trascorso.
“Non mi ci fate pensare. Che schifo! Solo a tredici anni si prendono certi abbagli.”
E invece non era male Achille. Aveva un evidente problema con l’acqua e il sapone, ma a parte questo… forse aveva anche paura delle forbicine per le unghie, ma insomma a parte questo… beh, probabilmente era allergico allo shampoo, ma a parte questo… sì, soffriva di aerofagia flatulente ma a parte questo…
E poi era un bravo ragazzo. È vero che gli chiedevamo di lasciare i pacchi sullo zerbino e di passarci la bolla di consegna sotto la porta, ma a parte questo eravamo affezionate a lui.
Tutte noi tranne Titti che se era costretta ad aprirgli la porta lo faceva turandosi platealmente il naso.
Achille non sembrava per nulla offeso, anzi si prodigava affinché fosse chiaro che lui se la sarebbe ripresa, la sua velona.
Intanto il tempo passava e Titti era più single del Padreterno.
A nulla servivano le scollature che si abbassavano, i tacchi che si alzavano, i jeans che si stringevano e il contorno labbra che si allargava.
L’unico che apprezzava le forme e le s-labbra di Titti era Achille.
“Che bel rossetto che c’hai stamattina Titti.”
“E’ lucidalabbra e chiamami dottoressa, fetido.”
“Titti non ti sembra di esagerare? Poverino, che ti ha fatto?”
“Mi fa schifo.”
“Titti, però se fai così…”
“…fai afflosciare pure un Pampax.”
“Buongiorno capo.”
“Si dice Tampax. E comunque lo sa che questa è una molestia sessuale bella e buona?”
“Una che?”
“Una molestia sessuale!”
“Boh. Io sono un tipo modesto. Ma a te non ti sessuerei manco morto.”
Chissà, forse la profondità di questa osservazione, forse un orologio biologico più grosso del Big Bang, fatto sta che Titti rivalutò la situazione.
Quantomeno questa fu la conclusione cui giunsi dopo averla vista annodarsi ad Achille come una pitonessa nell’oscurità di una sala cinematografica.
Il giorno dopo affrontammo l’argomento in pausa pranzo.
“Complimenti Titti. Achille è un bravo ragazzo. E…un gran lavoratore. E…molto simpatico anche. Ed è…è..”
“Taglia corto. Achille è un sudicio puzzone.”
“Ma…tu…tu…”
“Io cosa?”
“Tu ieri sera ci stavi appiccicata come una figurina Panini!”
“Lo so. Ci siamo rifidanzati. E probabilmente me lo sposerò quel quarto di gorgonzola.”
“Ma… ”
“La crisi è crisi.”
“Questo è vero.”
“E comunque ogni scarpa diventa scarpone.”
“Già. Ed è meglio un uovo oggi che una gallina domani.”
“Esatto. E a caval donato non si guarda in bocca.”
“Concordo. E chi si accontenta gode.”
“Perfetto. E non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace.”
“Giusto. E non far sapere al contadino quant’è buono il formaggio con le pere.”
“?”
“Questa non c’entra. Scusa”
Titti aveva ragione. In tempo di crisi non si butta via niente. L’altro giorno ho visto un programma tv in cui una signorina mostrava come riciclare vecchia roba facendone oggetti da arredo.
Santo cielo, se quella criminale ha avuto il fegato di trasformare un microonde rotto in una fioriera …vuoi vedere che da un ex fidanzato puzzolente non ci si può ricavare un marito di prima mano?
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