Ex Machina e l'intelligenza artificiale

Creato il 06 agosto 2015 da Frank_romantico @Combinazione_C

Da pochi giorni ho aggiornato il sistema operativo del mio PC a Windows 10. Windows 10 segna un netto miglioramento rispetto alle precedenti versione del SO di casa Microsoft ma non ha in se nulla di eclatante. Tra le varie feature però risalta sicuramente Cortana, la versione voluta da Bill Gates di Siri, primo passo del magnate informatico verso la realizzazione di un suo sogno nerd: quello di far diventare il PC un'intelligenza artificiale con cui comunicare. Qualcosa alla Her di Spike Jonze, per intenderci. Ovviamente non siamo mai stati così lontani dal raggiungere risultati di questo tipo, perché è vero che Cortana, se le chiedi qualcosa, ti risponde e lo fa anche a tono, ma è ovviamente un software, non una AI. Non è "intelligente". 
Da sempre la fantascienza, che fosse letteraria o cinematografica, si è concentrata e ha fantasticato su due argomenti: lo spazio (mondi lontani, navi spaziali, alieni) e i robot, immaginando i robot come esseri senzienti. In molta fantascienza la differenza tra umano e artificiale è divenuta sempre meno percepibile, basti pensare a Blade Runner, Terminator o Matrix. L'artificiale, prendendo sempre più coscienza di se, arriva a ribellarsi all'umano, certe volte a prenderne il sopravvento. Ed ecco che, da sempre, la fantascienza chiarisce il proprio punto di vista: l'intelligenza dell'artificiale non sta, appunto, nell'essere intelligente, nel saper formulare pensieri, nel conoscere o nell'imparare. Sta nella coscienza di se. Essere cosciente di se è il primo passo verso l'autoconservazione ma, soprattutto, è il primo passo verso l'individualità. In un secondo momento arriva la condizione che rende le macchine veramente "umane": provare sentimenti. di qualunque tipo. A conti fatti sembrerebbe che a renderci umani non sia tanto la razionalità (il cervello) quanto i sentimenti (il cuore). 

Caleb è un programmatore ventiquattrenne della più grande compagnia di internet del mondo, una sorta di Google, che un giorno viene selezionato per trascorrere una settimana nel rifugio di montagna i Nathan Bateman, il geniale CEO della società. Il suo compito sarà eseguire, per quella settimana, il test di Turing su un robot dalle fattezze femminili costruito da Nathan, per cercare di capire se si tratti davvero di un'intelligenza artificiale o no.
Ex Machina è sicuramente un esempio di quella fantascienza umana di cui parlai nella recensione su Interstellar. Allo stesso tempo, da un punto di vista "ideale", è il più classico dei film di fantascienza. C'è un po' di Blade Runner in Ex Machina. c'è un po' di 2001 Odissea nello Spazio. Questo perché Ava, il robot creato da Nathan, è un po' Roy Batty, un po' HAL. Con la differenza che Ava è femmina e ha un corpo che, fosse ricoperto di pelle umana, potremmo definire bello, persino sensuale.  Eppure, parlando di Ex Machina, io non riesco a parlare di fantascienza in senso classico. Forse perché il regista e sceneggiatore Alex Garland, inglesino che ricorderemo per aver scritto 28 Giorni Dopo, Sushine e Non Lasciarmi, sembra più interessato a definire cosa voglia dire essere (verbo) umano piuttosto che parlare di robot. Anche se per definire l'essere (sostantivo) umano si serve dei robot.  Ex Machina, piuttosto che fantascienza, è un film esistenzialista, un thriller hitchcockiano, un saggio sul rapporto alchemico tra carne e metallo che ricorda un po' Tsukamoto, un po' Cronenberg.

E se l'avesse girato uno dei due, questo film lo avrei anche apprezzato. Invece Ex Machina, diretto da Garland, mi ha annoiato. A questo punto sarà un problema mio, considerato l'effetto soporifero che mi ha fatto Her l'anno scorso. A parte questo però, ho trovato molti spunti interessanti in un opera affascinante che mi ha colpito soprattutto per un finale coraggioso in cui l'introspezione logorroica del film viene sostituita da una discesa nelle profondità della carne, organica o artificiale che sia. Non si tratta di azione, non si tratta di un climax che raggiunge il suo apice. Anzi, lo dico subito: se vi aspettate questo da Ex Machina, se vi aspettate la solita fantascienza, se vi aspettate dinamicità, non guardatelo. Verreste irrimediabilmente delusi. Guardate Ex Machina, invece, se l'introspezione non vi annoia e se avete sempre voluto approfondire due temi che reputo principali nel film di Garland: il potere della rete, che va oltre il diritto alla privacy, e il concetto di umano.
Perché noi esseri umani ci definiamo intelligenti? La prima cosa che mi viene in mente è perché siamo in grado di pensare. "Cogito ergo sum", esisto perché penso. Il pensiero ci rende qualcosa di dinamico, ci permette di imparare, di divenire altro. Di essere (umani). L'intelligenza è però anche coscienza di se. Viene spiegato nel film attraverso due metafore: quella del gioco degli scacchi e quella di Mary. Nel primo caso gli scacchi vengono scelti come macro sistema in cui vengono prese delle decisioni in base alle decisioni dell'avversario. Azione e reazione. Si sceglie tra un numero finito di mosse e si mettono in atto degli schemi. La differenza tra un umano e un computer, in questo caso, sta nella consapevolezza di quel che si sta facendo, con l'umano che sa di stare giocando a scacchi e che quindi può andare al di là degli schemi (improvvisare), mentre il computer a quegli schemi resta legato. Non può andare oltre perché non sa quello che sta facendo, perché non ha coscienza di se. La metafora di Mary è ancora più interessante: Mary sa tutto sui colori ma vive in un mondo in bianco e nero. Quindi Mary sa tutto dei colori a livello teorico ma non ha coscienza di cosa siano i colori a livello pratico. E come ottieni coscienza di cosa siano i colori se non sperimentandoli e sperimentando l'effetto che hanno su di te? E se non sai che effetto qualcosa ha su di te, come puoi conoscere te stesso? Intelligenza, parossisticamente, vuol dire non conoscere teoricamente ma intimamente se stessi e quello che ci circonda, comprenderlo ad un livello profondo e non solo razionale. Ecco, comprenderlo a livello intellettuale. Un po' come il pittore che se dovesse stare a pensare al senso di ogni singola pennellata non dipingerebbe nulla: il senso delle cose lo si comprende vivendole. Si va oltre, quindi, quel cogito ergo sum di cui prima. Anche vivere emozionalmente (avendo ben chiaro cosa vuol dire emozione) una cosa vuol dire essere intelligenti. In effetti le emozioni sono chimica del cervello. Tutto torna lì ma va ben oltre.

Per approfondire il discorso, da questo momento in poi, troverete una marea di SPOILER.
Dalla coscienza di se comincia l'autoaffermazione. Ed ecco che, attraverso l'autoaffermazione, Ava diviene intelligenza artificiale. Inizialmente il film si focalizza, attraverso il personaggio di Caleb, sull'idea che Ava potrebbe essere realmente una AI se dimostrasse di provare sentimenti. Idea che mette poi in dubbio quando si rende conto che i sentimenti potrebbero essere programmati: Nathan potrebbe aver programmato Ava per dire o fare certe cose, per fingere di essere attratta da lui. Ava potrebbe non avere coscienza di quello che prova o di quello che fa. E senza coscienza di se, Ava non sarebbe una AI. Effettivamente è su questo dubbio che si sviluppa il thrilling in Ex Machina, su questo e sull'ambiguità di un personaggio come Nathan, genio e sregolatezza, uno di cui non ti fideresti mai nemmeno se da questo dipendesse la tua vita. E in effetti Nathan è un mostro. O almeno questo pensa di capire Caleb. Perché per Nathan Ava, pur se dimostrasse di essere un'essere intelligente, rimane artificiale. Come sono artificiali tutti gli altri robot costruiti dall'uomo, compresa Kyoko, che lo scienziato usa come cameriera e oggetto sessuale. Nathan insomma, pur essendo "padre" di queste creature, pur tentando di dar loro un'umanità che non posseggono, le tratta come oggetti. Perché Nathan, in qualità di genio, si sente al di sopra di tutti e tutto. Anche di Caleb, che tratta come burattino: Caleb non è stato selezionato a caso ma è stato scelto, non per testare Ava ma per fare da test ad Ava. Caleb non è altro che un oggetto nelle mani di Nathan, tanto da arrivare a credere di essere anch'egli un robot. Da qui la bellissima scena in cui il protagonista si taglia il braccio con un rasoio per guardarsi dentro, in cui la sua paura di non essere carne ma metallo lo porta ad indagare dentro se stesso per avere coscienza di se. 

Allo stesso modo, ad un tratto, Garland indaga all'interno della macchina per scoprire se c'è qualcosa di umano in essa. Se l'artificiale potrebbe mai divenire nuova carne. Lo fa sotto la pelle di Kyoko, che noi e Caleb ritenevamo essere umana, quella pelle artificiale che poi ricoprirà completamente Ava quando fuggirà dal laboratorio in cui è rinchiusa, dopo aver ucciso Nathan, dopo aver abbandonato Caleb. Una Ava che finalmente rivela la sua natura di AI: l'auto affermazione prende forma attraverso il principio di sopravvivenza ma, soprattutto, attraverso il più umano dei desideri, la vendetta. Ava, per sopravvivere, calpesta gli umani che la trattavano come oggetto (chi come oggetto-robot, chi come oggetto-donna), si vendica di loro, assapora la libertà a colori dopo essere vissuta in una stanza in bianco e nero e nasce, diventa viva. E'. 
In tutto questo Garland non dimentica di affrontare un altro tema importantissimo. Quello della tecnologia che controlla l'essere umano. Nathan è diventato ricco e famoso dopo che a 13 anni ha inventato un nuovo strabiliante motore di ricerca. Ogni riferimento a Google è puramente casuale, ma l'importante è la funzione che questo motore di ricerca ha su chi lo usa: controllarlo. Controllare gli spostamenti, controllare i gusti, controllare le chiavi di ricerca, controllare le informazioni. Internet è il mondo, se lo controlli controlli tutto. Lo stesso cervello di Ava è gestito dal motore di ricerca, un database infinito che però, a differenza di Siri, Cortana o Google Now, Ava utilizza per imparare: è la sua fonte di esperienza, i suoi ricordi, la risposta alle sue domande. Solo attraverso ciò può andare oltre, non solo conoscere tutto di tutti ma averne coscienza. Ed ecco che Ava, che vuole solo essere umana, in realtà è divina. Una divinità che forse, un giorno, potrebbe decidere di schiacciare l'umanità inferiore. Ma la tecnologia non ci sta già stritolando? Imprigionati come siamo in un mondo freddo e impersonale, numeri controllati da un sistema che sa tutto di noi e che, attraverso questa conoscenza, ci ha ormai in pugno.

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