25 ottobre 2013 – Il fattore richio in F1 è un aspetto che sta tendenzialmente diminuendo di spessore. Le cause sono molteplici ma questa dose eccessiva di ‘sicurezza’ da parte del pilota non permette più di effettuare una opportuna selezione della bravura dei driver in pista.
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La F1 sbarca in India, in un circuito di nuova generazione voluto da Bernie Ecclestone e disegnato, in tutte le sue forme, dal suo architetto di fiducia, Hermann Tilke. Sorvolando sulle caratteristiche della pista indiana, mettendo da parte un attimino quelli che sono i rettilinei e le curve di questo tracciato, una delle caratteristiche di questo circuito (e di tutti quelli della sua generazione) è il fatto di possedere una larghezza del nastro d’asfalto veramente enorme oltre al fatto di non avere più le vie di fuga ricoperte di ghiaia.
Adesso ci si potrebbe chiedere il perchè questa riflessione e cosa c’entri la medesima con questo cosiddetto ‘fattore rischio’.
In realtà un collegamento c’è. I piloti, affrontando uno di questi circuiti ultra-moderni, si trovano a fronteggiare una sempre minore paura di sbagliare, consci del fatto che una imprecisione alla guida costerebbe a lui ed alla sua auto ben poco in termini di tempo e soprattutto di danni meccanici e strutturali. Ovvio che tutto questo è dovuto anche alle vetture e allo sviluppo aerodinamico e degli pneumatici degli ultimi tempi.
Certo, se tutto questo significa un incremento della sicurezza in pista per piloti e spettatori, ben venga. Nessuno vorrebbe vedere altre tragedie nello sport. I fatti occorsi alla De Villota e le immagini di Sean Edwards e Dario Franchitti dovrebbero far riflettere. La F1 è effettivamente un mondo di privilegiati, sotto questo punto di vista. E ben venga che certi provvedimenti vengano introdotti anche nelle altre categorie, se servisse a ridurre la mortalità in pista.
E’ lo stesso pensiero anche di Anthony Davidson, opinionista di Sky Sport F1 e pilota Toyota nella categoria ALMS: “Tralasciando un attimo il discorso sicurezza, per il quale la FIA ha fatto un lavoro incredibile in questi anni, è patetico vedere dei piloti andare fuori pista senza perdere nulla. Oggi una curva ad alta velocità non è più una sfida perché si dispone di un enorme zona di asfalto in uscita. Di conseguenza ne risulta che la guida della maggior parte dei piloti attuali è molto borderline, quasi estrema!”.
“I piloti dovrebbero essere visti quasi come degli eroi” ha infine concluso Davidson.
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