F1 | F1 Taxi: “Presto! Mi riporti ai box!”

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

25 Settembre 2013 – Domenica nel iper-tecnologico, iper-moderno e iper-illuminato circuito di Marina Bay a Singapore, abbiamo assistito ad una scena che sembrava far parte del passato della Formula 1. Fernando Alonso riporta ai box Mark Webber, ritiratosi poco prima della bandiera a scacchi, nel suo giro di rientro ai box. Alonso ha così restituito il favore che gli fece lo stesso Webber al Nurburgring nel 2011.

Negli anni 60, il fenomeno della “F1 taxi” non era poi così strano. In epoche di comunicazioni zero tra piloti e box, spesso i piloti che avevano problemi durante la gara in punti lontani dai garage, attendevano la fine dell’evento. Qualche anima pia che s’improvvisava taxista c’era sempre. La posizione dell’ospite era spesso con le gambe sui bracci posteriori e le mani ad aggrapparsi con forza al “roll bar” vicino la testa del pilota. Qualcuno, anche qui, voleva stra-fare: si accucciava contro il volante, faceva salire il passeggero che si sedeva sul roll bar (ahi!) e puntava i piedi sul sedile. Ok. Non è roba da Limousine con l’Ambrogio di turno che pigia il pulsante e dal bracciolo escono i cioccolatini, ma è sempre meglio che macinare chilometri e chilometri a piedi.

Negli anni 70, compaiono gli alettoni e le pance laterali sulle monoposto di F1. Si bypassa anche il problema della scomodità grazie a questi dispositivi che sembrano fatti apposta per far sedere qualcuno.  Gli “scrocconi dello strappo” sono praticamente invitati a nozze, ma sono casi sporadici.

Negli anni 80 il business (se mai ci fosse stato) del F1 taxi esplode. Nelson Piquet è il taxista prediletto manco fosse Samy Naceri nel film “Taxxi” e, Gerhard Berger sembra sempre l’amico presente in tutte le compagnie che ti chiede un passaggio perchè: “Stasera la macchina c’è l’hanno i miei”. Se proprio vogliamo eleggere i 2 re del “taxi F1″, gli abbiamo trovati.

I Turbo degli anni 80 sono concentrati di tecnologia all’ennesima potenza, ma hanno un difetto enorme: bevono tanta benzina quanto un alcoolista all’Oktober Fest. In quegli anni gli “appiedati” nel finale di gara sono sempre tanti e vogliosi di passaggi. Nel gran premio del Messico del 1986, rimangono a piedi Stefan Johansson e Renè Arnoux; Philippe Alliot trasforma la sua Ligier in F1 taxi e carica entrambi. La transumanza verso il box dura poche centinaia di metri, in quanto la Ligier di Alliot rimane a secco. Tutti a piedi dunque? Niente paura! Sbuca Nelson Piquet che carica tutti e 3 e via verso i box.

Un altro taxista da F1 è stato Michael Schumacher. Il kaiser sulla sua Benetton, al Gran Premio del Canada 1995, caricò Jean Alesi mentre egli stava ancora cercando di capire se era vero che aveva vinto il suo primo gran premio in F1, oppure stava sognando. Farà sedere sull’airscope della Ferrari F310B un Giancarlo Fisichella che, al Gran Premio di Germania del 1997, aveva visto il sogno della prima vittoria in Formula 1, dopo una gara da leone, andare in pezzi come la sospensione posteriore della sua Jordan.

Menzione d’onore al Re Leone Nigel Mansel che, al Gp di Gran Bretagna del 1991, da uno strappo ad Ayrton Senna rimasto senza benzina nella sua Mclaren all’ultimo giro dopo una fuga a 2 durata tutto il GP.

Dare un passaggio in Formula 1, è da sempre sinonimo di sportività. Pensare che 2 piloti se le sono date in pista di santissima ragione, e poi vanno uno in soccorso dell’altro è qualcosa che ha toni romantici e cavallereschi. Il regolamento lo vieta (ovvio! chi di voi non ha una F1 in garage? Bene, la Fia così vi dice di non caricarci nessuno!) ma è la regola che sono più quelli che non la sanno, che quelli che la ignorano. Dire che è pericoloso un gesto così è come dire che un nuotatore non deve fare la doccia perchè sennò si bagna.Lasciate che qualcuno, ogni tanto, senta il profumo di F1 anni 70 e 80 anche da questi gesti umani e comprensibili, perchè i piloti “robottini” anche dopo lo sventolamento della bandiera a scacchi non piacciono a nessuno.

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