30 Dicembre 2013 – Quarta uscita della collana “I Team Indimenticabili” dedicata ad un team storico dell’automobilismo inglese: la Tyrrell.
Kenneth, detto Ken, Tyrrell era uno di quei personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della Formula 1. Inappuntabile come cosa, ma non dite che era un tipo simpatico. Burbero come pochi, ma con un fiuto per le giovani promesse degne di uno spinone in recupero preda. Un attegiamento quasi paterno con i suoi driver (a tal punto da farsi chiamare nell’ambiente “Zio Ken”), ma capace di sfoderare lavate di capa che sembravano monologhi di un dramma Shakespeariano. Per farla breve, e per dirla in anglosassone, un: “man with big balls”. Simply.
Nel 1960 nasce la Tyrrell Racing Team che muove i suoi primi passi in Formula Junior con una Cooper-BMC con al volante niente poco di meno che John Surtees. La sede del team era la vecchia fabbrica di legnami di proprietà del “Boscaiolo”. Nel 1964 Robin Mckay segnala a Tyrrell un giovane ma veloce scozzese: Jackie Stewart. Il boscaiolo fin dall’epoca aveva sempre un occhio attento per i giovani talenti e, dopo un test sbalorditivo, mette sotto contratto il 24enne scozzese. I successi con i telai Cooper in F2 e F3 sono tanti (Tyrrel sostutuì anche John Cooper nel team di F1) ma la cessione delle quote della casa inglese alla Chistead, spinse il giovane inglese del Surrey a cambiare fornitore di telai, scegliendo un produttore aereospaziale francese in continua crescita nelle competizioni: La Matra.
Nel 1968 arriva il debutto in Formula 1, seppur con il nome Matra, ed è subito un boom. Arrivano 3 vittorie e un secondo posto alla fine del campionato dietro all’imprendibile Lotus 49 di Graham Hill, che fanno urlare al miracolo. Stewart ha già la stoffa del campione nonostante in molti vedano questo debutto ultra positivo figlia del fatto che alla Lotus è mancata la sua punta di diamante Clark. A poco serve la vittoria capolavoro nel terribile Nurburgring in mezzo alla nebbia. Stewart, però, è pronto a zittire tutti.
Il primo anno da iridato per Stewart è un fiasco. La March 701 della Tyrrell racing team, mal si adatta al motore DFV e a Sir Jackie; così Ken Tyrrell si adopera per risanare questo gap. Contatta Derek Gardner (ex ingegnere della Matra) e gli affida segretamente la progettazione di una vettura. Sono i primi di agosto del 1970 e per Gardner inizia una vera corsa contro il tempo, in quanto Tyrrell vorrebbe far debuttare la sua prima vettura entro fine stagione per una sorta di collaudo in vista del 1971. Il miracolo a Gardner riesce e al Gp del Canada del 1970 debutta la Tyrrell 001. Le due pole in Canada e Usa sono risultati al di sopra di ogni aspettativa e poco importa se in ambo due le occasioni arrivano ritiri per problemi tecnici. La 001 è acerba e ci vuole solo tempo per farla crescere. Le armi in più di Tyrrell sono il campione Stewart e un giovane francese ingaggiato a metà stagione al posto di Servoz – Gavin: Francois Cèvert.
Il 1971 è un trionfo. Stewart si laurea per la seconda volta campione del mondo e il costruttori arriva grazie ai punti portati a casa dal fido scudiero Cèvert. La vittoria del bello e impossibile Francois nel’ultima gara a Watkins Glen consacra la Tyrrell anche nel costruttori con più del doppio dei punti rispetto alla rivale BRM. Un dominio senza bandiera che non si ripete nel 1971. Fittipaldi e la sua Lotus 72 sono dei missili terra-aria imprendibili per tutti. Stewart attenua i danni con un secondo posto e getta le basi per un 1973 trionfale.
Il biennio 74-75 vede poche emozioni al team Tyrrell. Svezia 74 regala una doppietta con Scheckter davanti a Depailler, dopo che quest’ultimo aveva fatto la pole position, e arriva anche la vittoria in Gran Bretagna. L’anno successivo arriva solo la vittoria in casa per Scheckter e Tyrrell capisce che così non si può andare avanti. Bisogna combattere la rivoluzione (forzata) dei piloti del 1973 con una rivoluzione tecnica. Derek Gardner progetta colei che sarà destinata a diventare la Formula 1 simbolo degli anni 70: la Tyrrell P34. L’idea è semplice ma folle: una vettura a 6 ruote (4 davanti 2 dietro). Questa soluzione dovrebbe favorire l’avanzamento della vettura, inoltre un anteriore molto largo permette una maggior impronta a terra favorendo l’inserimento in curva. La Good Year si incarica di sviluppare le mini ruotine anteriori e Tyrrell ci mette del suo ottenendo la sponsorizzazione dalla First National City Bank, coinvolgendo nel progetto la Koni e ingaggiando l’unico uomo in grado di mettere di traverso in curva una vettura a 6 ruote: Ronnie Peterson (nel 1977).
Il fallimento della P34 coincide con l’inizio di un lento ma inesorabile declino. Peterson lascia la Tyrrell dopo solo un anno e l’ingaggio del giovane francese Pironi non ferma la Elf che abbandona la Tyrrell per dare i propri combustibili ai team francesi Renault e Ligier. La vittoria di Depailler a Monaco 78 segna l’inizio di un digiuno dal gradino più alto del podio che sembra interminabile. Tuttavia, Tyrrell si dimostra un ottimo mentore e scopritore di talenti. Al già citato Pironi, si aggiungono: Daly, Thackwell, Cheever, Zunino e un giovane milanese che risponde al nome di Michele Alboreto. Fu proprio “super-Michele” a rompere il digiuno dalle vittorie della Tyrrell vincendo prima a Las Vegas 82 e poi Detroit 83. Nel 1984 arriva l’onta della squalifica, con l’accusa di aver disputato un’intera stagione con la vettura sottopeso, bypassando il problema dei controlli post-gara inserendo dei piombini nei serbatoi dell’acqua pochi giri prima della fine. Proprio su una Tyrrell 012 debutta un’altro immenso talento, troppo presto volato in cielo: Stefan Bellof.
Se ci si basa solo ed esclusivamente sui numeri, si rischia di dare una dimensione totalmente sbagliata alla Tyrrell. 3 titoli mondiali ottenuti con lo stesso driver in un lasso di tempo di 5 anni, per di più agli albori della sua storia, sono un numero estremamente riduttivo. Bisogna ricordare il coraggio di un’uomo che ha fatto della Formula 1 una passione tutta sua e ha saputo fare cose impossibili pur di essere sempre li nel paddock. Un team che ha avuto il coraggio di portare innovazioni tecniche che talvolta sono stati dei flop, ma talvolta hanno stravolto il concetto aerodinamico che dominava in Formula 1, e togliere pure l’esclusiva dei motori DFV all’acerrima rivale Lotus. Coraggio, anche, nel prendere piloti giovani e acerbi e lanciarli in Formula 1 regalando al mondo talenti cristallini e grandi campioni. This i the Tyrrell, storia di un’uomo e di un team “with big balls”.
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