Roma, 14 agosto – Calato il sipario del Gran Premio di Ungheria la F1 va in “vacanza” per tre settimane rendendo possibili le analisi del periodo intercorso tra l’esordio in Australia e, appunto, la corsa magiara.
TOP
Sebastian Vettel: Solitamente si dice che “si impara molto più da una sconfitta che da mille vittorie”, Sebastian finora ha però dimostrato di aver imparato tanto dai tre titoli conquistati negli scorsi tre anni. Apparso più calcolatore e meno impulsivo, in questo modo ha saputo sfruttare gli errori e le sfortune altrui tanto da non soffrire eccessivamente la giornata no di Silverstone. L’unico neo di una prima frazione di anno altrimenti perfetta è stato lo sgarbo gratuito nei confronti di Mark Webber in Malesia, che ha prodotto più di un coccio all’interno del team.
Lewis Hamilton: Quanto vera è la bugia “nel 2013 non ambirò al titolo ma mi accontenterò di salire sul podio”? Poco. Vera forse all’inizio ma sconfessata dalle sette pole della W-04 prima, rinnegata dai primi nove giri di Silverstone e dal fresco trionfo ungherese poi. Una Mercedes che ha fatto vedere mille volte – e non è una cifra casuale – di andare forte riuscirà a dimostrare anche quanto sia stato bugiardo Hamilton? Vedremo.
Kimi Raikkonen: Un famoso giornalista faceva notare: “in Germania fischiano Alonso, in Spagna Vettel, in tutti i circuiti applaudono Raikkonen”. Ed in pista? Uguale. Nessuna pista si è rivelta nemica e come nel 2012 il finnico si è dimostrato incredibilmente costante, rendendo sempre il bicchiere mezzo pieno. Colmo fino all’orlo a Melbourne in occasione della vittoria e a Monaco con la rimonta furiosa dopo l’incidente con Perez. Paradossalmente il suo unico limite coincide con la sua prima arma: la Lotus. In debito per diversi milioni ma estremamente competitiva.
FLOP
Fernando Alonso: La prima delusione arriva proprio dal Messia con la tunica rossa che in queste prime gare – per colpa sua o della “sfortuna”, espressione poco cara al Drake di cui oggi si celebrano i venticinque anni dalla morte – è stato soltanto due volte degno dell’appellativo precedente. Due grandi miracoli si, ma troppo isolati. Pesano i ritiri di Sepang e il mancato podio barentia; pesa anche e soprattutto il ritardo della F138 sulle dirette avversarie. E proprio le critiche nei confronti della propria squadra e le ultime voci di mercato che lo accostano alla Red Bull, sembrerebbero trasformare Alonso da Messia a Giuda.
FIA: Duemila anni fa a Roma si diceva “dura lex, sed lex” ( la legge è dura ma è sempre legge) la FIA col processo-farsa alla Mercedes ha dimostrato che oggi abbiamo perso quest’abitudine. Il team tedesco non solo ha infranto uno dei capisaldi del “codice Mosley”, quello sul divieto dei test, ma ha anche consigliato all’organo di giudizio la pena: l’esclusione dagli Young Test Drivers. Insomma, come se dopo aver ucciso una persona, consigliassi al giudice di darmi vent’anni di lavori socialmente utili. Il verdetto è stato ridicolizzato ancor di più dalla vittoria magiara, a sette giorni dal test inglese.
Sauber: Beati i tempi dei podi con Perez e Kobayashi.. La Sauber di quest’anno è sembrata una lontana parente della super competitiva C31 che esaltò le gesta del messicano ora in forza alla McLaren. La colpa, va riconosciuto, non è soltanto della poca competitività del mezzo o del pilota – Hulkenberg è un degnissimo sostituto di Sergio, un po’ meno Gutierrez di Kamui, magari – ma soprattutto dei gravi problemi economici e dell’addio del talentuoso ex progettista James Key, ora alla corte della Toro Rosso, la quale guarda caso ha fatto un grande salto di qualità. La rivoluzione questa volta è costata un po’ troppo.
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