F1 Legend : Lotus 72

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

7 febbraio 2015 – Ottava puntata della saga “F1Legend” dedicata, questa volta, ad una monoposto leggendaria. Un vero caposaldo nella storia della Formula 1: la Lotus 72.

La Formula 1 perfetta. Quell’astratto traguardo inseguito, bramato e aspirato dai più grandi uomini della Formula 1; e chi se non Colin Chapman poteva andarci più vicino di tutti? Dai, parliamoci chiaro. Chi non ha una Formula 1 dei sogni? Chi non ha una monoposto tatuata sul cuore che sogna di guidare? Tutti ce l’abbiamo quel stramaledetto sogno a quattro ruote e alluminio in testa. Io nel cervello ho un solo nome che s’accoppia con un solo numero: Lotus 72. La F1 del secolo.

Nata da un 4 ruote motrici: Manco a farlo apposta anche la Lotus 72, esattamente come la 49, nasce con un compito facile ma al contempo difficilissimo. La pregenitrice della Lotus 72 fu la Lotus 63, monoposto a 4 ruote motrici, giudicata troppo pericolosa da piloti come Graham Hill e Jochen Rindt quindi abbandonata. Ma proprio questa fallimentare 63 anticipava quella che sarebbe stata la 72. E con tutto ciò, la 72 si trovava tra le mani l’arduo compito di far dimenticare la 63 e rieccheggiare i trionfi della 49. Ok, manco esistevano i turbo ma la 72 era caricatissima di pressione. Eppure, lei, cala sul tavolo novità degne di nota e in grado di sostenere questa mostruosa pressione. Tanto per incominciare porta al debutto in F1 i freni entrabordo che permettevano un miglior centramento delle masse, favorendo velocità, guidabilità e abbassando di molto il baricentro. Ma la vera, rivoluzionaria, novità l’abbiamo nei radiatori. Fin dagli albori del motorsport, i radiatori erano posti sul muso della vettura, per favorire lo scambio termico tra acqua del radiatore stesso e aria. La Lotus 72, invece, li prende e se li mette sulle fiancate, creando così quella forma a cuneo che ancora oggi hanno le vetture di Formula 1. Un capolavoro di tecnica escogitato, manco a dirlo, da Mr. Colin Chapman e dal suo fido Maurice Philippe. La 72, inoltre, riprendeva lo schema del motore portante, già vincente sulla 49, e lo elevava all’ennesima potenza. Un telaio, poi, in monoscocca di alluminio dava alla 72 manegevolezza e leggerezza mai viste prime. Le sospensioni con barra di torsione, sono anch’esse una novità in F1, ma saranno uno dei problemi di gioventù per la 72.

Tragedia in nome della leggerezza: La Lotus 72 nasce tra mille problemi. Non appena i primi esemplari mettono le ruote a terra, si verificano pericolose rotture ai braccetti dei freni e problemi di assetto in curva. In particolare, la Lotus 72 tenderà a sollevare la ruota interna, a causa di barre di torsione troppo dure e tutt’altro che facili da settare. In un 1970 combattuto come pochi dal punto di vista sportivo, la Lotus rispolvera la 49, con cui Rindt vincerà a Montecarlo, per dar tempo ai tecnici di risolvere i problemi strutturali di questo nuovo progetto. Nel giro di pochi mesi, nascono le 72B e le 72C con modifiche tecniche atte a rendere sicuro il progetto della 72. L’austriaco vince a Zandvoort, Clermont-Ferrand, Brands Hatch e Hockenheim e diventa leader del mondiale con ampio margine sul diretto inseguitore Ickx. Tuttavia, i problemi di sicurezza della 72 sono ancora tanti e lo stesso Rindt, nell’agosto del 1970, scriverà di suo pugno una lettera privata a Chapman chiedendo che venga fatto di più per rendere sicura la 72 e per indirizzare il grande boss Lotus verso una filosofia progettuale più conservativa. Nelle qualifiche del Gran Premio d’Italia, Jochen Rindt morirà in un’incidente causato dalla rottura di un braccetto del freno e, anche, dall’assenza di alettoni rimossi per avere più velocità sul circuito più rapido di tutto il mondiale. Rindt diventerà l’unico campione del mondo postumo nella storia della Formula 1 ma, ovviamente, non c’è festa. Chapman viene sbattuto in prima pagina come un mostro che affida ai suoi piloti macchine pericolosissime in nome del progresso. Di ciò, Chapman ne risentirà parecchio e lo si deduce esaminando il 1971. Con il giovane Fittipaldi al posto del scomparso Rindt, la Lotus non otterrà neanche una vittoria a causa, anche, di una clamorosa decisione di Chapman. Il progetto 72 viene messo un pò in disparte per seguire meglio la Lotus a turbina denominata 56. Sarà un fiasco, ma quando Colin e soci se ne accorgeranno sarà tardi e il mondiale va a Stewart su Tyrrell.

La 72D e la F1 eterna: In una stagione così tribolata, la Lotus lavora ancora sulla 72 e a Montecarlo porta al debutto la 72-D, che verrà ripescata a fine stagione per il 1972. Rispetto alla “C”, nella nuova e aggiornata Lotus viene rivisto lo schema sospensivo posteriore che, spesso, aveva dato vita a cedimenti strutturali improvvisi e pericolosissimi. Cambiano anche le carene, che da bianco-avorio-oro della Gold Leaf, diventano nero-oro della John Player’s, creando una vera e propria macchina simbolo. Con la 72D, Emerson Fittipaldi domina la stagione 1972 con 5 vittorie (tutte marchiate con simboli celebrative sugli alettoni) e si laurea, insieme alla Lotus, campione del mondo. Fittipaldi, diventa il più giovane campione del mondo di F1 della storia, e ciò ha un’effetto devastante in Brasile dove verrà celebrato con giornate di festa e addirittura canzoni dedicate a lui e alla Lotus72 ( Zè Roberto – Lotus 72D ). Per il 1973, la Lotus ingaggia colui che è considerato un campione del futuro: Ronnie Peterson. Insieme a Fittipaldi, “Super-Swede” porta a Chapman 7 vittorie, ma il titolo piloti va a Stewart che dimostra molta più continuità di risultati rispetto agli alfieri della futura Black Beauty. A fine stagione Fittipaldi scarica la Lotus per accordarsi con la Mclaren di Teddy Mayer e Chapman punta tutto su Peterson al quale, però, affianca un pilota che non bisogna troppo dilungarsi nel presentarlo perchè basta il nome: Jacky Ickx. Con il futuro Monsieur Le Mans e il promettente Peterson, Chapman insieme a Tony Rudd (arrivato dalla BRM due anni prima) disegna la Lotus 76, macchina rivoluzionaria con una frizione azionabile dalla leva del cambio. La vettura, però, si dimostra altamente fragile e il trio Wade-Bellamy-Ogilvie rispolvera la 72D, adattandola ai nuovi regolamenti e dando vita alla 72E. Incredibilmente, la 72E si dimostra all’altezza della situazione vincendo al debutto alla Race of Champions a Brands Hatch con Ickx e a Montecarlo, Francia e Italia con Peterson. La 72, considerata prima dell’inizio del mondiale ormai obsoleta, è invece in grado di portare la Lotus ad uno strepitoso 4° posto nei costruttori e si guadagna la nomea di “F1 Eterna” quando Chapman decide di schierarla anche per il 1975 con la versione aggiorna “F”. Il miracolo del 1974 non si ripeterà con il secondo posto di Ickx nel tragico Gp di Spagna come miglior risultato e dopo: 6 stagioni, due mondiali piloti, due costruttori e venti vittorie, la Lotus 72 venne definitivamente accantonata anche si tutt’oggi esistono tutti e 9 i telai costruititi. Compreso quel R2 fatale a Rindt e costudito da un’italiano dopo che la procura italiana sequestrò ciò che rimase di quella tragica monoposto.

La Lotus 72 rappresenta nell’immaginario collettivo la Formula 1 perfetta. La migliore, la più bella, la più tutto di tutte le altre. Riciclare i telai, apportando poche modifiche, negli ’70 era prassi da tutti, ma nessuno è riuscito a correre con uno stesso telaio per ben 6 stagioni e sempre ad altissimi livelli. Un’impresa riuscita solo a lei, la Lotus 72, la Formula 1 più bella del ‘900.

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