Luca SarperoF1Sport.it
28 febbraio 2015 – Penultima uscita di F1 Legend (forse…) la collana dedicata alle più gloriose monoposto della Formula 1. E’ giunto il momento di parlare di una vettura che ha stravolto il mondo delle corse, regalandoci uno dei periodi più gloriosi nella storia: La Lotus 79.
Un quadro, un dipinto, un’opera d’arte. Così puoi definirla la Lotus 79, un capolavoro al progresso come un’inno alla tecnologia. Bella, sopratutto, talmente spettacolare nelle linee e nelle forme da sembrare nata per farti innamorare di questo sport. Nata mica a caso, lei, ma bensì studiata e progettata per distruggere schiere, nugoli di rivali che dopo il 1972 avevano fatto scivolare la Lotus lontano dai vertici della Formula 1. Nata per vendicare, per rivincere, per tendere la rasoiata o il colpo fendente che ti fa più male degli altri, perchè da un’avversario in crisi d’identità proprio non te lo aspetti. Eppure c’era lui, Colin Chapman, dietro a quest’arma. C’era Chapman in quella che è considerata all’unanimità l’ultima vera Lotus. Si perchè ci sono state la 80, la 81, la 88, la 91 e via dicendo. Ma non era la stessa cosa. No, perchè di progetti che spaccano due mondi in quattro la Lotus non ne tirerà più fuori. Due mondi: quello critico che temeva Chapman (e glielo faceva capire) e quello reale, perchè trovava gli avversari impreparati, impotenti. Quella Lotus che qualcuno ha provato a far rivivere anni dopo. Vabbè, lasciamo perdere và. Siamo qua per parlare di lei, la Lotus 79: la Black Beauty.
L’evoluzione dell specie: Dopo l’uscita di scena della Lotus 72, la casa di Colin Chapman ha avuto più bassi che alti. La 76 non si è dimostrata vera erede, e la 56 a turbina non ha trovato nessun riscontro positivo in pista. Mr. Chapman capisce che bisogna azzardare, osare, anche al costo di beccarsi uno scotto epico. Così incarica tutto l’ufficio tecnico ( i soliti: Ogilvie, Rudd e Wright) di progettare una nuova e rivoluzionaria monoposto, in grado colmare un gap che, nel frattempo, era diventato notevole. Il trio con a capo Chapman, decide di perseguire una strada intrapresa da Jim Hall sulla bestiale Chaparral 2J, ovvero: sfruttare l’effetto suolo. Per parlarci ai piani bassi: risucchiare il più possibile aria dal sotto vettura, aumentandone la velocità, in modo da avere meno resistenza e più aderenza al suolo. La Chaparral fu bandita perchè utilizzava due ventole supplementari, mosse da due motori, per risucchiare aria e Chapman deve, quindi, trovare un’alternativa. L’idea è quella di ricreare un profilo alare sotto la vettura che crea il tanto bramato effetto suolo senza, però, ricorrere all’utilizzo di motori per aspirare aria da sotto la vettura. Messa in pratica la Lotus si presenta con pance laterali più lunghe rispetto al passato e, in più, conformate come se fossero due ali; ovvero con una parte stringente fin verso metà vettura che poi tende ad allargarsi fino alle ruote posteriori. Wright, inoltre, pone sui vertici delle pance delle minigonne a “spazzola”, composte da materiale plastico molto flessibile, per sigillare il più possibile il fondo vettura al suolo. Distribuzione di serbatoio e radiatori studiata ad Hoc, motore DFV che per l’ennesima volta si dimostrava assolutamente adatto ad ogni impiego e cambio Hewland faranno il resto. Nasce la Lotus 78 che, però, avrà molti problemi di natura tecnica che indurranno Chapman a posticiparne il debutto fino al 1977. Grazie, ma non si parla della Lotus 79? Certo, infatti la Lotus 79 è un perfezionamento / aumento dell’effetto suolo che debuttò sulla 78. Sulla 79, Chapman conferma le minigonne in materiale ceramico regolate da molle precaricate e modifica ulteriormente il fondo della vettura per aumentarne la portata d’aria e, quindi, massimizzare l’effetto Venturi. Inoltre, Chapman ripulisce anche l’estetica della vettura, dandole un’aspetto più lineare. La Lotus 79, al suo debutto, sembra una dama con un lungo abito nero e dettagli color oro. E’ bellissima, da lasciar senza fiato. Comunque sia, la storia è fatta: nasce la prima Wing Car della storia.
Trionfo annunciato: Il 1978 inizia con un cambio di piloti. Nilsson lascia la Lotus per passare alla Arrows, ma il destino sarà terribilmente cattivo con lui (leggi articolo qui ). Al suo posto torna Ronnie Peterson dopo tre anni trascorsi su March e Tyrrell. Le prime 5 gare, però, la Lotus le corre con la 78, in attesa della nuova ed evoluta 79. Con una macchina che già l’anno prima aveva convinto, la coppia Andretti Peterson mette in cascina due vittorie, una a testa, nelle prime 5 gare, ma qualche problemino di troppo ha fatto si che la leadership del mondiale fosse nelle mani di Depailler su Tyrrell. “Don’t worry” avrà detto svariate volte Chapman ai suoi. Il gran capo della Lotus è perfettamente conscio del potenziale della 79 e attende solo il momento propizio per portarla al debutto. Al Gran Premio del Belgio arriva il vernissage della 79, ed è pure in pompa magna: pole, vittoria e tutta la gara in testa per Andretti con la 79; mentre Peterson con la 78 fa suo il Gpv e il secondo gradino del podio. In parole povere: un dominio. La Lotus 79 non si ferma più. Andretti domina ogni Gran Premio con un mezzo che è nettamente superiore agli altri. Solo la Brabham Bt46B ( la ventolona..) ferma il cammino della “Black Beauty” in Svezia, ma viene subito bandita per via della sua, palese, pericolosità. Tolto anche il doppio ritiro a Brands Hatch, la Lotus vince ovunque vada. Francia, Germania e Olanda sono le vittorie di Andretti. Austria per Peterson che si conferma secondo in campionato. Facile intuire che il titolo andrà sicuramente nelle mani di un pilota Lotus, ed è ciò a cui Chapman ambiva di più. A Monza, la tragedia di Peterson consegna il mondiale nelle mani di Andretti, ma non c’è voglia di festeggiare. Nelle ultime due gare, la Lotus centra due pole con Andretti e Jarier, sostituto di Peterson. Una fine ingloriosa per una Formula 1 che ha fatto la storia.
La Lotus 80 : “in” degna sostituta: Chapman è come un treno senza freni quando si parla di progresso tecnico. Anzichè ritoccare una macchina già competitiva come la 79, Colin decide di esaspera ulteriormente i suoi concetti tecnici. La Lotus 80 ne è la prova, ma sarà un totale fiasco. Andretti e il neo arrivato Reutmann mal si adegueranno ad una macchina difficile da guidare e da settare, dando tempo alla concorrenza di pianare l’enorme gap che fino a 12 mesi prima li separava. La 79, però, farà da scuola a molti, e ad un’auto in particolare. Quale? Lo saprete tra 7 giorni. Per ora, ricordiamo la Lotus 79. Capolavoro d’arte metallica moderna in grado di dominare in un’epoca dove la libertà tecnica era tutto e non c’erano regolamenti che congelavano le prestazioni. Un’auto indimenticabile, ricordata nel giorno in cui il suo fido cavaliere Mario Andretti compie 75 anni. Auguri Piedone.
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