F1 Legend: Minardi M02

Da Tony77g @antoniogranato

Cristian ButtazzoniF1Sport.it

9 luglio 2015 – Chi è pronto a scommettere che una vettura che nella sua carriera annuale ha collezionato zero, e si ribadisce zero punti possa entrare nella saga di F1 Legend alzi la mano. Potrà sembrare una cosa ridicola, ma è proprio così, soprattutto se a metterci la firma è Giancarlo Minardi, talent-scout indiscusso tra i piloti, ma anche tra gli ingegneri, visto che scopre e riscopre un genio incompreso del tecnigrafo che risponde al nome di Gustav Brunner. Un uomo che aveva già calcato varie esperienze prima di mettere piede a Faenza, ma che proprio in terra romagnola tira fuori quello che forse è il suo capolavoro: la M02.

Una monoposto un po’ particolare e forse un po’ strana, che però forse è la sintesi di tutta la creatività e dell’abilità dell’ingegnere austriaco, visto che introduce diverse innovazioni che saranno poi destinate a passare alla storia su altre monoposto. Il cambio in titanio, per esempio, se pensate che sia un’invenzione della Ferrari o della Williams o meglio ancora della McLaren vi sbagliaste di grosso, perchè per primo lo usò proprio Brunner, Ma non finisce certo qui la sagra delle novità, visto che anche il sistema di attacco delle sospensioni venne profondamente revisionato e costruito in titanio, così come i portamozzi. Cambia anche il disegno delle sospensioni che adotta al posteriore lo schema usato dalla Ferrari per quelle anteriori dell’anno prima. Novità finite? Macchè! Cambia anche l’abitcolo, assumendo una nuova posizione, e cambia il fondopiatto, con due nuove appendici, una centrale e una esterna, un cofano motore più basso e una rivisitazione dell’avantreno e delle fiancate. Tutto fatto in casa, tutto quasi a chilometri zero; al massimo si faceva un salto in Emilia, visto che il cambio e le componenti in titanio vennero realizzate a Modena.

Il trionfo dell’innovazione senza spendere capitali, visto che avevano a disposizione un budget particolarmente ristretto (7 volte meno rispetto alle squadre dio vertice) e con pochi uomini a disposizione, un centinaio. E quindi un progetto che viene seguito e curato con amore e pazienza certosina dagli uomini di Brunner, che non hanno a disposizione grandi strutture ma un grande cuore da corsa e, soprattutto, grandi cervelli. Anche perchè Minardi ha applicato benissimo il concetto del “chilometro zero”, ossia concentrare in poche centinaia di chilometri tutto quello che può servire per realizzare questa vettura: la galleria del vento infatti è a Parma (quella della Fondmetal), le componenti in titanio vengono realizzate a Modena, altre componenti vengono costruite a Bergamo, e l’elenco potrebbe continuare. Una conferma non solo della grande passione che Minardi mette in ogni sua avventura, ma anche del fatto che non è necessario fare lunghi spostamenti per ottenere componenti di qualità. E anche in questo, Giancarlo Minardi ha fatto scuola, tanto che la M02 sarà oggetto della curiosità di diversi tecnici anche di scuderie blasonate (come la Ferrari) e le idee di Brunner verranno copiate, riprese e migliorate.

A questo si aggiunge l’influenza latina dei due piloti, Marc Gené e Gaston Mazzacane, sui quali Minardi come solitamente accade scommette e non poco. Ma i problemi vengono dati, oltre che dalla scarsa esperienza dei due (che comunque si erano rivelati veloci, con  lo spagnolo già alla seconda stagione), anche dal propulsore, che aveva dato non pochi problemi di sistemazione e un vistoso deficit di potenza stimato in circa 50 cavalli in meno rispetto alla concorrenza. Si tratta del vecchio Ford V10 montato dalla Sauber nel 1998, lo steso che aveva portato Jean Alesi a conquistare un podio e una prima fila, ma che ormai due anni dopo risente la mancanza di aggiornamenti. Minardi vuole portare quei motori a Faenza per provare a svilupparli, li ribattezza Fondmetal e ci lavora, anche in vista di un loro utilizzo nei Prototipi, ma con poco successo. Nonostante questo la stagione pare inizare subito bene, con Genè che al debutto in Australia si porta ai margini della zona punti, chiudendo ottavo. Un risultato che fa ben sperare gli uomini di Gincarlo Minardi, ma che invece si rivela come il preludio a una stagione contrassegnata da mille difficoltà. Nonostante questo, gli uomini di Faenza non demordono, come da tradizone, e a quel risultato ci arriveranno altre due volte, una con Genè e l’altra con Mazzacane, a dimostrazione del fatto che alla fine, anche se navighi in mezzo ai problemi, prima o poi riesci ad emergere.

Se si deve trovare una vettura che rappresenti la filosofia di Giancarlo Minardi, quella del crederci sempre e non mollare mai, quella di ottenere il massimo risultato anche partendo da pochi mezzi a disposizione, quella per la quale la qualità non sempre coincide con la quantità è proprio questa, una vettura innovativa che ha suscitato l’interesse di molti e che ancora adesso per certi aspetti rappresenta una pietra miliare della Formula 1 attuale.

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