F1 | Ritratti: Jean Alesi compie 50 anni

Da Tony77g @antoniogranato

Cristian ButtazzoniF1Sport.it

11 giugno 2014 – Nome Jean Robert, cognome Alesi, luogo di nascita Avignone, professione ex-pilota di Formula 1. Data di nascita: 11 giugno 1964. Ebbene sì, sono passati 50 anni nela vita di quest’uomo caspace di mandare in visibilio le folle, e il popolo rosso in particolare, per le sue imprese al volante delle monoposto del Cavallino rampante e non solo; mezzo secolo vissuto sempre con il piede affondato sull’acceleratore alla ricerca di grandi traguardi. A lui il ritratto numero 19 della serie dedicata ai personaggi che hanno fatto la storia della Formula 1.

Originario di Alcamo, in provincia di Trapani, è colui che con il suo casco ha voluto omaggiare un grande pilota italiano del passato, Elio De Angelis, scomparso prematuramente. I tifosi e gli appassionati lo ricorderanno per il suo carattere forte e molto emotivo (mermorabile il suo “Todt mi ha rotto le palle!” o le scene in cui si agitava nell’abitacolo urlando tutta la sua rabbia nelle cuffie agli ingegneri), per la sua posizione delle mani sul volante alle 10:10, per il suo rifiuto di marchingegni come la frizione al volante, per il fatto che (forse) non metteva i tappi nelle orecchie per ascoltare la musica de motore e, soprattutto, per il suo incondizionato amore per la Ferrari, che lo ha vestito del numero 27 e gli ha regalato, in mezzo a tante insiddisfazioni, la più grande gioia della sua vita nel giorno di un altro compleanno, il 31esimo, nel ricordo del più grande 27 rosso della storia, Gilles Villeneuve, sul circuito a lui intitolato.

Il francesino si fa tutta la carriera che un pilota professionista, nell’era moderna, compie per approdare in Formula 1: kart, Formula 3, Formula 3000 e, infine, arriva un accordo con il team di Eddie Jordan che gli permette di vincere nella massima categoria continentale. Il francese è ambitissimo dai talent scout che intravedono in lui un campione dal successo sicuro: infatti sarà Ken Tyrrell a strapparlo alla Jordan e portarlo in Formula 1. Da qui, l’ascesa: già alla prima gara arriva a punti, ottenendo un incredibile quarto posto diwtro a gente come Alain Prost, Nigel Mansell e Riccardo Patrese. Un caso? Forse no, anche se la stagione prosegue tra arrivi a punti, ritiri e altri arrivi senza marcare punti.

La prima stagione completa, però, vedrà l’esplosione del siciliano di Francia già alla prima gara, dove contenderà a lungo il successo non a uno qualsiasi, ma a colui che sarebbe diventato Campione del mondo, Ayrton Senna, che in quell’anno portava sulla sua McLaren il numero 27. Il ragazzo stupisce, ma sarà solo un’occasione sporadica o l’inizio di un ciclo? Ci vuole poco per capirlo, perchè poche gare dopo, sul circuito più difficile del Mondiale, a Montecarlo, la storia si ripete: Senna primo, Alesi secondo. Pure a Monza Jean sente aria di vittoria ma deve ritirarsi quasi subito. Sulle sue tracce si porta Sir Frank Williams, che lo mette sotto la sua ala protettrice per far coppia con Nigel Mansell nel 1991. La svolta gli avrebbe teoricamente garantito mondiali a profusione, gloria, soldi… ma a Jean questo non interessava, anche perchè nel frattempo era sbocciato in lui l’amore per il Cavallino rampante, al cui richiamo è praticamente impossibile resistere. E Jean rinuncia a tutto, straccia un contratto già firmato (o forse era solo un accordo?) e si fionda a Maranello per continuare la sua avventura.

Una scelta sbagliata? Forse sì, perchè la Ferrari sarà costretta a pagare una penale alla Williams e a cedere un esemplare della 640, la vettura che monta il nuovissimo cambio con comandi al volante progettato da John Barnard, su cui Adrian Newey progetterà quello della FW14, l’arma invincibile della Williams del 1992, da cui sicuramente Jean Alesi avrebbe tratto grandi successi, ma forse avrebbe vissuto sempre all’ombra dei campioni che si sono succeduti alla scuderia di Didcot, come Nigel Mansell, Alain Prost e Ayrton Senna. E come disse lui in un’intervista: Cos’è più imoportante, avere i trofei sulle bacheche o regalare emozioni?

Fatto sta che l’avventura di Jean in Ferrari non parte certo con il piede giusto (si ritira pur conquistando il giro più veloce alla prima gara), in una stagione, quella del 1991, dove da secondo di Prost (Jean avrà il numero 28) riuscirà comunque ad agguantare 3 terzi posti e rischierà di arrivare secondo a Silverstone, ma i grossi problemi di affidabilità delle 642 e 643 faranno piombare la Ferrari in una crisi dalla quale riemergerà con molta fatica. Ma Jean non demorde, anzi, difende il team anche di fronte alla stampa che lo bersaglia di critiche, che piovono come macigni su Fiorio, Postlethwaite e Lombardi. E per farlo al meglio sfodera anche alcune prestazioni di rilevo, come il quarto posto di Barcellona dove compie un sorpasso sul futuro tri-campione del mondo Senna e lo distanzia, oppure la lotta per il podio nella gara di Silverstone.

A questo si aggiunge la trattativa per portare Senna alla Ferrari, che scatena un pandemonio all’interno del team. L’unico superstite sarà proprio Jean Alesi, che nel 1992 erediterà il numero 27 e verrà affiancato dal giovane di ottime speranze Ivan Capelli. La F92A, invece, si rivelerà una monoposto tutt’altro che facile da gestire, ma la parola “resa” non fa parte del vocabolario di Jean, che avrà modo di mettere in luce una sua grande dote: la guida sul bagnato. Infatti, al Gran Premiio di Spagna non solo riuscirà a scattare in testa partendo dalla quarta posizione, ma si renderà protagonista di una straordinaria rimonta dopo un contatto con Berger, che lo farà risalire dall’ultimo posto al terzo gradino del podio, che avrebbe potuto essere il primo se non fosse stato vittima di un testacoda con Hakkinen.  In Francia, poi, le sue doti sul bagnato si esaltano, perchè con le gomme slick girerà sugli stessi tempi delle Williams che montavano gomme da bagnato. Anche a Monza rischia il colpaccio, dopo essersi qualificato terzo, rincorrendo a lungo il secondo posto prima dell’inevitabile ritiro dovuto a problemi al motore.

Il 1993, per la Ferrari, è un anno di svolta: arriva Jean Todt, torna il mago John Barnard e giunge a Maranello il più grande amico e compagno di Jean, Gerhard Berger. I due saranno compagni e amici fuori e dentro dalle piste, compagni di scorribande (memorabile lo scherzo fatto a Jean Todt nel 1994, il giorno prima della presentazione della 412T1, quando Jean-burrasca e Gerhard prenderanno la Y10 del team manager e inizieranno a guidarla in modo rallystico sulla pista di Fiorano, terminando l’avventura con il rovinoso cappottamento della piccola auto di Todt, costretto solo a mettersi le mani tra i capelli), complici e una coppia solida al volante.

La loro avventura insieme inizia nel 1993, con l’annata che inizia nel peggiore dei modi e Jean medita di lasciare l’adorato Cavallino. Ma a cambiare le sue idee ci penseranno i risultati, con il terzo posto di Monaco che lo convincerà a rinnovare per altri due anni. Le cose, però, purtroppo per Jean non cambiano, i problemi continuano e i ritiri pure, fino a Monza, dove il francese quasi per miracolo risorge e arriva secondo dietro alla McLaren di Ayrton Senna, mandando in estasi il popolo rosso che lo acclama a gran voce sotto il podio. In Portogallo, poi, va in scena la sua specialità: una partenza fulminante dalla quarta posizione sulla griglia che lo fa balzare in testa e gli consente di comandare la gara per 19 giri, prima di farsi beffare e ritornare così al quarto posto.

Il 1994 è un anno particolare: Barnard dà vita alla nuova 412T1 che è un missile, estrema e dotata di un motore da quasi 900 cavalli che le conferisce una velocità di punta inarrivabile per i team concorrenti. Ma in quella stagione a trovarsi più a suo agio con questa monoposto è Berger, che a Hockenheim rompe il digiuno ferrarista dalla vittoria che durava oltre 3 anni (con Jean che sarà costretto al ritiro subito dopo il via per problemi al motore dopo essersi qualificato secondo). Jean, per un curioso scherzo del destino, è vittima di un incidente durante dei test al Mugello che lo terrà lontano dalle piste per due gare, Pacifico e San Marino, quella in cui perderà la vita Ayrton Senna, l’asso brasiliano con cui Jean ha combattuto alcune delle battaglie più belle della sua carriera, tra cui il memorabile duello rusticano di Phoenix nel 1990 o la gara di Monaco della stessa stagione. In quella triste gara il suo sostituto Larini arriverà al secondo posto dietro Schumacher, ma l’atmosfera non era certamente di festa. Jean torna in pista a Monaco e nelle gare successive arriverà a punti, conquistando un podio in Canada, nella gara che l’anno dopo gli darà la gioia più bella della sua vita. Giunge secondo anche in Gran Bretagna, grazie alla squalifica di Schumacher, prima di  ripiombare nel baratro. A Monza, però, giunge a un traguardo a lungo inseguito: grazie alle doti velocistiche della sua 412T1 ottiene la sua prima pole position, affiancato dal compagno Berger, comanda a lungo la gara fino al pit-stop, dove inspiegabilmente la sua Ferrari non si muove appena scende dai cavalletti: problemi al cambio, gara finita e la furia di Jean si scatena contro i meccanici, che saranno protagonisti anche della perdita della leadership da parte di Berger. In seguito, sotto l’acqua giapponese Jean ottiene il terzo posto tenendosi dietro nientemeno che il rientrante Nigel Mansell sfruttando le sue doti di guida sul bagnato; chiude con un sesto posto in Australia.

Ma la stagione della consacrazione per Jean pare essere il 1995, con i nuovi regolamenti e una nuova monoposto, la 412T2, con cui Jean trova quasi subito un feeling speciale. Infatti, dopo un quinto posto in Brasile, in Argentina conduce una lotta serrata con Hill e Schumacher che, per poco, non lo vede vittorioso e lo porta sul secondo gradino del podio. L’atmosfera bagnata di Imola lo galvanizza, lo porta a segnare il miglior tempo nel warm-up e in gara, dopo il ritiro di Schumacher, si getta all’inseguimento delle Williams, per provare a regalare insieme a Berger una doppietta al popolo di Imola. L’assalto non riesce completamente, Hill è in palla, mentre Berger spegne il motore nel corso del pit-stop e retrocede al quarto posto, poi diventato terzo. Jean comunque ha motivo per festeggiare: è secondo e insidia i primi in classifica mondiale. L’affidabilità e gli incidenti però ritornano come incubi sulla stagione di Jean, che in Spagna e a Monaco (dove stampa il giro vpiù veloce) si ritira mentre era secondo, prima per una rottura al motore (l’ultimo V12), straordinario ma inaffidabile, e poi per un incidente con il doppiato Brundle. Ma quando tutto sembra precipitare, ecco che la buona sorte è amica di Jean, e non in un giorno qualunque. 11 giugno 1995, circuito di Montreal: Alesi, dopo essersi qualificato quinto fa segnare il miglior tempo nel warm-up sulla pista bagnata, non parte benissimo ma sente che nell’aria c’è qualcosa di particolare e dopo aver superato Berger approfitta dell’uscita di pista di Coulthard per gettarsi all’inseguimento di Hill e lo supera di forza al tornante, guadagnando la seconda posizione. A 11 giri dalla fine il colpo di scena: Schumacher rallenta e Alesi prende il comando della gara. Piange dentro il suo casco, non capisce più nulla perchè non vede nulla, ma l’emozione è fortissima, quegli 11 giri sembrano non finire mai e quando la bandiera a scacchi cala per prima sulla 412T2 numero 27 l’esplosione di gioia al muretto della Ferrari è incontenibile. Jean alza il pugno al cielo, la Ferrari compie mezzo giro e si arresta senza benzina al tornante, così il francese viene portato ai box da Schumacher a cavalcioni della sua Benetton in mezzo alla festa dei tifosi che hanno invaso la pista al suo arrivo, gettando scompiglio tra gli stessi piloti che dovevano ancora arrivare, e a festeggiarlo nel giorno e nel compleanno più bello della sua vita saranno tutti, anche i membri delle altre scuderie. Sul podio dove “dirigerà” l’inno di Mameli riceverà l’abbraccio di Jean Todt, che festeggia la Rossa in testa alla classifica costruttori. Ma è l’inizio della fine; lo sviluppo della monoposto viene bloccato da Todt e Barnard, ormai si pensa al 1996, al V10 e al nome nuovo che arriverà a Maranello, Michael Schumacher. Il rapporto tra i due Jean si incrina, tant’è che all’Estoril, al Gran Premio del Portogallo, Alesi non gradirà un inutile ordine di far passare Berger davanti a sè e esclamerà “Todt mi ha rotto le palle!”, prendendosi una multa salata e rischiando di perdere anzitempo il sedile. La Ferrari ormai aveva le idee chiarissime sul futuro, di cui certamente non avrebbe fatto parte Alesi. Il francese però stringe i denti e regala altre prestazioni da prima pagina, come il secondo posto di Silverstone, la grande gara del Nurburgring, condotta con le gomme slick su asfalto umido, prima di cedere il comando a Schumacher (si sospetta che il box Ferrari abbia favorito il recupero del tedesco modificando la strategia). Gli unici lampi in una serie di gare costellate da ritiri, tre dei quali mentre Jean si trovava in prima posizione: a Spa, dove si ferma dopo pochi giri per la rottura della sospensione, a Monza (quando i tifosi scriveranno a caratteri cubitali “100 SCHUMACHER NON VALGONO UN ALESI”), dove la telecamera posta sull’alettone posteriore si stacca e si infila nel freno del francese e lo rompe, per poi scagliarsi contro la vettura gemella di Berger e costringere al ritiro anche l’austriaco, e a Suzuka, dove aveva pratricamente ripreso Schumacher dopo essere piombato al 15. posto girando con le slick sull’asfalto bagnato dai 3 ai 7 secondi più veloce della concorrenza e compiendo un sorpasso eccezionale all’esterno sulla Williams di Damon Hill, ma per una rottura del motore è costretto a concludere anzitempo la sua rimonta.

Oltre al danno, la beffa: a fine stagione 1995 Schumacher e Irvine gireranno con una versione modificata della 412T2 con i pezzi scartati da Barnard e testati in galleria del vento e stracceranno i record a Fiorano e all’Estoril; questo sembra quasi un torto nei confronti di Alesi e Berger, dati anche i titoloni che campeggiavano sulla stampa specialistica nazionale sulla stagione 1995 del francese e dell’austriaco (oltre a un’intervista a Schumacher in cui il tedesco sparava a zero su entrambi), che col senno di poi risultano immeritati. Infatti, una classifica rielaborata alla luce dei ritiri dei vari piloti porterebbe Alesi a ridosso di Schumacher in seconda posizione.

L’unico che sarà vicino a Jean sarà il suo compagno di squadra Berger, che lascerà la Ferrari per andare insieme ad Alesi alla Benetton e proseguire la loro collaborazione e consolidare l’amicizia. Ma il rapporto con Briatore non è facile, ci saranno diversi episodi che metteranno Alesi (ma anche Berger) sotto accusa, come il mancato rientro ai box a Melbourne 1997 o l’incidente in cui tamponò Mika Salo al Gran Premio d’Europa 1996 (verrà anche caricaturizzato nella serie francese “Les guignols”). Nonostante questo entrambe le stagioni videro alcuni risultati di assoluto rilievo, come il secondo posto di Monza nel 1996 e 1997, la seconda e ultima pole position sul circuito brianzolo sempre nel 1997, la vittoria sfiorata a Montecarlo nel 1996 sotto la pioggia (dove piazza il suo ultimo giro veloce, dopo che ne aveva fatto segnare uno anche in Argentina), il secondo posto a Hockenheim nel 1996. Ma questo non fu sufficiente a garantirgli la permanenza in un top team, e infatti a metà 1997 firmò un biennale con la Sauber.

Nella scuderia elvetica, con le monoposto spinte dal motore Ferrari, si metterà in luce nelle gare caratterizzate dalla pioggia: nel Gran Premio del Belgio del 1998 finirà con un incredibile terzo posto alle spalle delle Jordan di Hill e Schumacher, mentre nella stessa stagione in Austria sorprenderà tutti in qualifica, riuscendo a piazzarsi secondo. Questa esperienza durerà due anni, prima di essere chiamato dall’amico ed ex-compagno di squadra Alain Prost per entrare a far parte del suo team. I risultati, nei due anni successivi, latitano, ma sarà anciora una volta il circuito di Monrtreal a regaslare l’ultima granmde gioia al francese, un quinto posto salutato come una vittoria. Ma anche i bei rapporti di amicizia prima o poi finiscono e Prost, disposto a tutto pur di non perdere il fido Jean, si “dimentica” di pagarlo. Jean lo rivela e sbatte la porta per approdare alla Jordan, Alain lo critica e lo multa, ma ormai il danno era fatto. Eddie Jordan gli permette così di concludere la sua carriera con 201 Gran Premi disputati, costellati da quell’unica grande vittoria e da molta sfortuna.

Dopo la Formula 1, sarà collaudatore della McLaren insieme a Hakkinen e contemporaneamente approda nel DTM con la Mercedes, dove otterrà 4 vittorie, riassaporando a Donington e a Hockenheim il piacere di salire sul gradino più alto del podio. Si dedicherà poi a una serie tutta nuova, la Speedcar Series, dove il suo numero di gatra, manco a dirlo, sarà il 27. Otterrà due vittorie e sfiorerà il titolo nel 2008. Ma l’amore di sempre resta quello con la Ferrari, dove tornerà al volante della 430 del team AF Corse, con cui disputerà anche la 24 Ore di Le Mans. Poi, si accaserà alla Lotus dove, tra gli altri, troverà come compagno di lavoro anche Nigel Mansell, per sviluppare il progetto Type 125. E con lo stesso team, alla veneranda età di quasi 48 anni, si metterà al volante di una Indycar Dallara per disputare la corsa più velòoce del mondo, la 500 Miglia di Indianapolis. I limiti del motore Judd, però, lo costringeranno ad abbandonare la gara dopo soli 10 giri a causa del richiamo dei commissari.

Adesso svolge il ruolo di consulente della Pirelli, ma c’è un altro ruolo che forse è ancora più importante: Jean infatti sta seguendo con trepidazione i passi di un altro Alesi, il figlio Giuliano, ai primi passi con il kart, che corre nel Campionato Italiabno e nella WSK e un giorno, improvvisatosi giornalista, gli chiede: Perchè hai voluto fare il pilota? E Giuliano risponde: “Il pilota è entrato nella  mia testa quando ti ho visto sul podio e ho il video di quando hai fatto la pole position a Monza, io ho detto voglio fare il pilota”. Nemmeno finisce la frase e papà Jean inizia a piangere abbracciando il figlio, che colorerà persino il suo casco come quello del papà. E i risultati di Giuliano, coccolato dal team Babyrace, sembrano alquanto incoraggianti.

Auguri, campione di emozioni, ottimo 50. compleanno, Jeannot!

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