F1| Storia: John Surtees, Il campione dei due mondi

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

11 febbraio 2014 –  Il mondo dello sport a motore si divide in due categorie ben distinte: quelli che vanno a due ruote e quelli che vanno a quattro. Due mondi diversi ma con tante analogie e dove solo un’uomo ha trionfato in entrambi: John Surtees.

John Surtees nasce l’11 Febbraio di 80 anni fa a Tatsfield, nel Surrey. Figlio di un rivenditore di moto comincia ben presto a muovere i suoi primi passi nel mondo delle 2 ruote correndo spesso in coppia col padre nelle gare di sidecar dove, però, dovette spesso scontare l’onta della squalifica in quanto era troppo giovane per correrci. A soli 16 anni entra a lavorare nella Vincent Motorcycles come apprendista, ma questo incarico era una pura copertura al suo ruolo principale che era quello di collaudatore e pilota. Due anni più tardi, quando ai ragazzi normali comincia a sbucare la prima barba, John Surtees debutta in una gara del campionato del mondo di motociclismo ottenendo subito punti nella categoria 500. Da li inizia una scalata che sembra senza fine. A 25 anni John Surtees ha vinto: 7 mondiali (3 nella classe 350 e 4 nella 500), 38 vittorie, 45 podi e 34 giri più veloci in 49 gran premi ufficiali. Nel 1959 praticamente vince ogni gara alla quale abbia partecipato, il tutto in circuiti cruenti e terribili già per F1 (figuriamoci per una moto)  come Spa, Monza, Clemont-Ferrand e su piste storiche ma dannatamente pericolose come: Tourist Trophy (vinto ben 6 volte di cui 3 di fila primo uomo nella storia), Solitude, Assen, Circuito cittadino dell’Ulster.

Insomma, per farla breve, a 26 anni John Surtees è una leggenda su due gambe e su due ruote. Ha già guidato per marche come: Norton, NSU, MV Augusta e….. Tyrrell. Si, avete letto bene. Nell’estate del 1959, John Surtees ha corso un Gran Premio di F3 a bordo di una Cooper gestita dal team del boscaiolo Ken Tyrrell. Andò subito fortissimo e Colin Chapman, boss della sempre più crescente Lotus, decise di offrirgli un gettone di 4 gp per la stagione 1960 in F1. Mentre Surtees vinceva a mani bassissime e polsi piegati i suoi ultimi due titoli nelle moto, corse i Gp di Monaco, Inghilterra, Portogallo e USA. Dopo un ritiro per noie al cambio a Montecarlo, Surtees è sorprendentemente secondo a Silverstone e ad un passo dalla vittoria sul terribile cittadino di Oporto (pista da lui mai vista) dove, però, ottenne pole e giro più veloce.

Per il 1961, Joh Surtees è ricercatissimo. Si parla anche di un contatto con Enzo Ferrari, pronto anche a dare a “Big John” una Ferrari da F1 già per il 1961. Surtees ringrazia e rifiuta perchè si ritiene ancora troppo inesperto per guidare una macchina da mondiale dopo solo 4 Gp. Accetta, invece, l’offerta di Reg Parnell che lo invita a correre per il suo team: la Yeoman Credit Racing. Prima con una Cooper poi con una Lola, Surtees mette in tasca due podi pur con una vettura non particolarmente brillante. Dopo il Gp d’Italia, Enzo Ferrari si ripresenta di fronte a Surtees con un’altra offerta per il 1963 e stavolta la risposta è positiva.

Nell’anno del debutto con la Ferrari, John Surtees nulla può contro lo strapotere marcato Clark e Lotus. Il cappello di Colin Chapman vola a quasi ogni week-end, tranne che nel Gran Premio di Germania dove a vincere è proprio Surtees. Quel 4 agosto 1963, Surtees fu abilissimo ad approfittare della chances che Clark e Chapman diedero ai rivali, sfruttando un problema al motore che afflisse la Lotus 25 dell’asso scozzese. A fine campionato, Surtees è comunque ottimo quarto e lascia a tutti l’idea di essere all’inizio di una fantastica avventura.

L’avvio del 1964 non è di sicuro all’altezza di un pilota che lotta per il titolo, ma dopo un terzo posto a Brands Hatch, una vittoria al Nurburgring (casa sua!) e una a Monza, Surtees si ributta prepotentemente in lotta per il titolo approfittando anche di una carenza risultati da parte di Hill su BRM e Clark su Lotus, dominatori di inizio stagione. Dopo il Gp degli Stati Uniti, Hil sembra candidatissimo al titolo, ma nell’ultima prova in Messico un gioco di squadra operato da Bandini a favore di Surtees e un motore Climax andato in fumo all’ultimo giro a Clark, permette al “figlio del vento”, come veniva soprannominato in Italia, di laurearsi per la prima volta campione del mondo. E’anche l’unico pilota, insieme a Bandini, ad aver corso con una Ferrari ufficiale non rosso ma bensì bianca e azzurra. Tale livrea era dovuta al fatto che le due Ferrari 158 furono affidate alla NART (la “succursale” Ferrari negli USA) perchè Enzo Ferrari entrò in polemica con la federazione per la mancata omologazione di una vettura per Le Mans e ritirò la propria licenza.

Dopo un 1964 trionfale, Surtees vive un ’65 carico di delusioni. Non arriva nessuna vittoria e solamente qualche podio non è ciò che si addice ad un campione del mondo in carica.  Inoltre, durante un test con una Lola CanAm, è pure protagonista di un terribile incidente che lo lascerà in pericolo di vita alcuni giorni. Salta le prove conclusive della stagione in USA e Messico e si concentra sul proprio recupero che arriva in tempi record. Surtees vince già in Belgio l’anno seguente, ma il suo carattere polemico lo porterà ad operare una scelta sbagliata. Per la 24 ore di Le Mans del 1966, la Ferrari può permettersi, a causa di scioperi in fabbrica, solamente due P3 che vengono destinate alle coppie: Parkes-Scarfiotti e Bandini-Guichet. Surtees venne estromesso perchè, secondo il Drake, non era ancora al top per affrontare una gara di durata come è la 24H di Le Mans. Surtees, profondamente offeso da tale scelta, molla immediatamente la Ferrari e firma per la Cooper con cui chiuderà la stagione con una vittoria in Messico che li valse il secondo posto a fine campionato.

Nel 1967, Surtees salta a pie pari nel progetto Honda, all’epoca unica scuderia a costruire telaio e motore da se insieme alla Ferrari. Dopo qualche piazzamento a punti e un podio, Surtees rifila alla Ferrari uno smacco enorme vincendo a Monza nella tana del cavallino scatenando anche polemiche da parte di chi considerava la Ferrari incapace di trattenere “il figlio del vento” dopo l’offesa della 24 ore dell’anno prima. La Honda e Surtees sognano un 1968 trionfale, ma i risultati non arrivano e i soldi nipponici cominciano a scarseggiare. Gli ingegneri dagli occhi a mandorla non sanno più che pesci pigliare e così si giocano la carta del telaio in magnesio, leggerissimo ma anche facilmente incendiabile. Il carattere oculato di Surtees lo spinge a rifiutare di guidare la sperimentale Honda RA302 che viene affidata a Jo Schlesser al Gp di Francia. Nel corso del terzo giro sul circuito di Rouen, Schlesser è vittima di un’uscita di pista e muore, in maniera atroce, arso vivo nella sua vettura. La Honda, scossa da questa tragedia, si ritira dalle corse.

Surtees si affida per il 1969 alla Owen Racing che li mette a disposizione una Mclaren e un telaio marchiato da Surtees stesso nel corso della stagione ma, podio a Watkins Glen a parte, non arrivano grandi soddisfazioni. Per il 1970, Surtees, ormai 36enne, non si sente affato vecchio, e trasferisce il proprio team, che già operava in F5000 e CanAm dal 1965, nel Kent per avviare un programma F1. Il “figlio del vento” chiude le sue ultime tre stagioni in F1 alla guida di una propria vettura senza però ottenere particolari risultati e così decide di dedicarsi al ruolo di team manager affidando le proprie vetture a gente come: Brambilla, de Adamich, Pace, Jones e anche a Mike Hailwood che come lui veniva da una gloriosa carriera nel motociclismo. Fu proprio “Mike the Bike” a regalare al Team Surtees l’unico podio della sua storia a Monza nel 1972. La storia senza gloria del team Surtees va avanti fino al 1978, quando John Surtees si ritira definitivamente dal mondo delle corse.

Veniva definito un pilota dalla guida “feroce” e competitiva, capace di mangiarsi i rivali come le curve che gli si ponevano davanti. La sua guida era versatile e sprezzante del pericolo come poche nella storia delle corse, ma anche lui era permaloso  come forse nessuno mai nei garage della F1. Caratteristiche che gli hanno permesso di definirsi il campione dei due mondi ma anche che lo hanno allontanato dall’ultimo team, la Ferrari, in grado di poterle dare una macchina vincente. Ha corso nell’epoca più pericolosa della storia delle corse e la sua poca fiducia negli altri gli ha salvato la vita ai tempi della Honda. Paradosso, allora, è il fatto che suo figlio Henry sia morto in una gara di F2 nel 2009, quando le corse (in teoria) non erano meno pericolose. La morte con cui lui ha giocato per quasi 30 anni, le ha tolto una delle cose più care che si possono avere nella vita ma non è riuscito a scalfirlo. Happy Birthday Big John.

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