F1 | Storia: Mauro Forghieri, l’ingegnere amato da Ferrari

Da Tony77g @antoniogranato

Cristian ButtazzoniF1Sport.it

22 marzo 2014 – Settima puntata della serie dei ritratti dei personaggi che hanno fatto la storia della Formula 1 e oggi il protagonista è uno che la storia l’ha scritta davvero, anzi, l’ha disegnata per oltre 20 anni: l’ingegnere modenese Mauro Forghieri.

Il progettista modenese inizia sin da subito a essere notato dal Commendatore Ferrari, il quale a soli 27 anni gli fa perdere la sua ambizione di diventare ingegnere aeronautico per quello che è stato l’incarico della vita: in dialetto modenese Enzo Ferrari anunciò al giovane conterraneo la volontà di nominarlo responsabile del settore tecnico per la squadra corse; lui stesso non ci credeva, come avrebbe mai potuto il Commendatore affifdare a un giovane ingegnere a pochi anni dalla laurea un incarico così prestigioso da un lato e delicato dall’altro, ben sapendo quali fossero le sue pretese? Eppure questa fa parte di una delle intuizioni geniali del Drake, che dopo l’abbandono di 8 ingegneri alfisti,  ad eccezione del fedelissimo Vittorio Jano, che fonderanno la ATS, decise di puntare sull giovane conterraneo. E i fatti gli daranno ragione.

Forghieri inizia a lavorare nel 1962 sui motori della 156, la vettura che darà nal 1961 il Mondiale a Phil Hill, ma il suo nome inizierà a farsi strada nel 1964, quando si dedicherà alla progettazione integrale della vettura, introducendo dei cambiamenti imporrtantissimi, ispirati alla Lotus 25. Infatti, la 158 sarà dotata per la prima volta di telaio monoscocca in alluminio, una diversa distribuzione dei serbatoi e cerchi in magnesio.

Ma la novità fondamentale, che segnerà una svolta netta in casa Ferrari, emerge dalla sigla della monoposto: infatti, si abbandona il motore V6 per dare spazio a un nuovo V8 di 1,5 litri. In quella stagione, John Surtees, con la monoposto recante i colori del North American Racing Team, vincerà il titolo mondiale, con un punto di vantaggio su Graham Hill. Però nel Mondiale dell’anno successivo verrà schierata, accanto alla 158, una monoposto identica equipaggiata con il motore che farà la storia della Ferrari, il 12 cilindri boxer. Infatti, la convivenza tra le due monoposto del 1965 premierà questa seconda soluzione, sotto la sigla 512 F1, che verrà scelta negli anni a seguire. Nel 1966, infatti, quel motore verrà portato a 3 litri di cilindrata (da qui la sigla 312), anche se non si tratterà più di un boxer ma di un motore a V di 60°, con nuove soluzioni che vedranno la luce nel 1968, come il musetto maggiormente profilato e la comparsa del primo alettone posteriore a comando idraulico.

L’avara stagione 1969 con Chris Amon (per il quale Forghieri avrà una particolare predilizione, definendolo “il migliore collaudatore con cui abbia mai lavorato”) e   Jonathan Williams segnerà il momento del passaggio alla versione B della monoposto, che verrà dotata del 12 cilindri boxer che rimarrà immutato per 10 anni. Nel 1970 Forghieri diventa della Scuderia; Andretti, Regazzoni, Ickx e Giunti tenteranno l’assalto al Mondiale, con l’italo-svizzero che nelle ultime gare non riuscirà a superare il punteggio ottenuto da Rindt, Campione del mondo postumo.

La stessa monoposto sarà al via anche nella stagione 1971, prima di essere sostituita dalla versione B2, con un alettone posteriore posizionato dietro l’asse posteriore delle ruote, ma non raccolse risultati di rilievo. Allo staff tecnico viene in mente di tentare il progetto “spazzaneve”, ovverosia con i radiatori sdoppiati e posizionati in corrispondenza della tangente posteriore delle ruote anteriori e abbinatio a due prese d’aria posizionate sul muso. I risultati furono disastrosi e, allora, il Commendatore decide di affidargli l’intero progetto della vettura del 1974.

In sostanza, si tratta di una vettura abbastanza semplice, piatta e larga, con radiatori laterali, un enorme alettone anteriore e un altissimo airscope sopra la testa del pilota. Un’altra novità la porta Clay Regazzoni, che per questa stagione chiede e ottiene che al suo fianco ci sia il suo ex-compagno alla BRM, Niki Lauda, che a quanto pare esordì con una sonora bocciatura della B3 ai primi test (avrebbe infatti esclamato di fronte a Enzo Ferrari “Questa macchina è una merda!”). Il tutto sotto la direzione del nuovo DS, il giovane avvocato Luca Cordero di Montezemolo (anche lui, come Forghieri, entra in Ferrari alla soglia dei 27 anni). In questa stagione, grazie anche alle nuove gomme Goodyear, i due piloti vincono 3 gare e ottengono diversi piazzamenti, ma il risultato, rimasto incerto sino all’ultima gara, sorriderà a Emerson Fittipaldi, che befferà Regazzoni all’ultima gara.

Ormai, però, la strada è tracciata e nel 1975 Forghieri presenta un’altra novità: il cambio trasversale, che va a unirsi al telaio di tubi pannellato. Con 6 vittorie la Scuderia si imporrà nel Mondiale con ampio margine sugli inseguitori, ma contrariamente a quanto avvenuto nel 1974 il ruolo di prima guida viene affidato a Lauda, che vince il titolo 11 anni dopo Surtees. E’ il trionfo del genio di Forghieri, che con questo progetto interamente curato da lui ha introdotto delle novità vincenti anche di carattere aerodinamico, pur su un progetto all’apparenza convenzionale.In una recente intervista alla “Stampa” Forghieri dirà: «Niki Lauda è stato forse l’unico pilota ad avvicinarsi ad Amon come sensibilità nel collaudo, ma ciò accadeva solo quando aveva voglia di impegnarsi, cosa che a dire il vero non succedeva sempre. I suoi mondiali furono comunque meritatissimi e lui portò ai massimi livelli la 312, monoposto di cui sono molto orgoglioso. Questo orgoglio nasce dal fatto che per quanto riguarda la Ferrari c’era la convinzione che i motori fossero sempre eccezionali ed i telai scarsi. Questo non era assolutamente vero, ma trovava spiegazione nel fatto che si sapeva che Enzo Ferrari aveva il culto del propulsore: non tutti, ma molti giornalisti, per non irritarlo, lo assecondavano attribuendo i meriti delle vittorie invariabilmente al motore, le sconfitte al telaio. Ciò era motivo di grande frustrazione per i miei telaisti ed aereodinamici; della 312T nessuno poté nascondere che il 12 cilindri contrapposti  veniva valorizzato da scelte telaistiche originali ed eccellenti. Una parte del merito per lo sviluppo di questa vettura oltre a Lauda e Regazzoni va sicuramente anche a Merzario».

Aoppunto, i rapporti con Ferrari: «Ho conosciuto tanti industriali che vivevano intensamente l’azienda, ma per Ferrari la sua fabbrica era veramente tutto, e pretendeva dai più stretti collaboratori una dedizione assoluta. Se questo bicchiere blu per Ferrari era rosso, doveva essere rosso anche per noi, non si scappava. Non esistevano sabati, domeniche, ferie o vigilie di Natale. Una volta che andai in vacanza per qualche giorno a Portofino senza comunicarglielo mandò la Polizia Stradale a rintracciarmi. Insomma non era facile, ma d’altra parte Ferrari aveva delle caratteristiche veramente straordinarie, tra le quali la più sorprendente per me era l’intuito: a volte prendeva delle decisioni che a noi tutti sembravano insensate e che poi invece si rivelavano profetiche». Forghieri, nel corso degli anni, presenterà per 3 volte le proprie dimissioni dalla Ferrari, anche a causa del carattere di ferro del Commendatore, ma è sempre stato convinto a fare un passo indietro, perchè Ferrari credeva moltissimo in quella che si può definire una sua creatura.

La 312T venne schierata anche nelle prime 3 gare del 1976 (le vincerà tutte) prima di lasciare spazio alla T2, con cui la Scuderia disputerà le stagioni 1976 e 1977.

La monoposto, alla quale era stata tolta la presa d’aria sopra la testa del pilota, ha dovuto rivedere lo schema di aspirazione, utilizzando lo stesso disegno NACA che aveva caratterizzato la monoposto del 1973.  Nel corso della stagione sarà l’incidente di Lauda al Nurburgring a condizionare il campionato, con l’austriaco che si ritirerà clamorosamente all’ultima gara al Fuji.

Ferrari sentì che c’era qualcosa che non andava, cacciò Regazzoni e mise Lauda alle strette per il 1977, tallonato da Reutemann. Sulla T2 arrivarono importanti modifiche aerodinamiche alle fiancate e agli alettoni. L’argentino vinse la gara d’esordio in Brasile e Lauda sembrava ormai destinato a recitare un ruolo da seconda guida. Invece l’austriaco si rivelò tutt’altro che arrendevole e, grazie a 3 vittorie, si aggiudicò il suo secondo titolo, prima di sbattere la porta e lasciare il posto, per le ultime 2 gare dell’anno, a Gilles Villeneuve.

Nel 1978, dopo le prime gare con la T2, venne schierata la T3, che rispetto alla precedente era più bassa e presentava alcune modifiche agli alettoni. Reutemann vincerà in Brasile e verso la Ffine della stagione negli USA, mentre Villeneuve coglierà il suo primo successo in Canada, grazie anche allo sviluppo ricevuto nel corso della stagione. Grazie a questa vettura, Villeneuve si aggiudicherà la Race of Champions del 1979 e sarà proprio il canadese a sperimentare il primo cambio semi-automatico con comandi al volante (pulsanti) della storia, progettato da Forghieri, ma il canadese non ne fu onvinto e si ritornò alla soluzione tradizionale.

Però, ormai, la strada era quella dettata dalla nuova wing-car di Colin Chapman, la Lotus 78, che in quell’anno dominò letteralmente la stagione con Andretti e Peterson, che inventò l’effetto suolo. Forghieri non decise di ripercorrere integralmente questa strada, preferendo una soluzione più semplice: allungare le pance fino all’ala anteriore e sfruttare le minigonne. Il risultato fu la 312T4, studiata nella galleria del vento Pininfarina, dotata di nuovi pneumatici radiali Michelin, che portò Scheckter e Villeneuve a trionfare sulle Lotuis 100 (evoluzione della 78) e sulle nuove Renauilt, che inizieranno l’epopea dei motori turbo, cogliendo la prima vittoria in quell’anno a Digione. Quella gara scriverà la pagina più bella della storia della Formula 1, con il lungo duello a ruotate tra Gilles Villeneuve e la seconda Renault di Arnoux, con il canadese che riuscirà a prevalere. E come dicxeva Enzo Ferrari, le macchine non è importante che suino belle, basta che vincano.

Questo progetto, però, nel 1980 si rivelò già obsoleto, visto che ormai le wing-car e i motori turbo si stavano imponendo. Infatti la 312T5 si rivelerà molto deludente e nella stagione seguente la Ferrari si doterà per la prima volta del motore turbo. Infatti la 126 CK sarà una vera e propria wing-car, con il sistema di turbocompressione incluso tra le bancate che avrebbe alzato il baricentro e massimizzato l’effetto suolo. Villeneuve ottenne due importanti vittorie a Jarama e Montecarlo e si lancerà nela corsa al titolo 1982.

Il telaio tubolare si rivelò, però, poco rigido e fonte di alcuni cattive prestazioni sulle piste veloci; fu così che, con l’ingaggio di Postlethwasite si dette vita alla 126 C2, con un muso molto più grosso e un telaio in pannelli di honeycomb di alluminio incollati. Questa monoposto, però, fu anche molto problematica e pericolosa: la seduta del pilota molto avanzata fu la causa del grave incidente di Pironi a Hockenheim. e in una stagione inizialmente contraddistinta dall’acredine tra i due piloti che sfocerà a Imola, sarà la monoposto in cui Gilles Villeneuve, il pilota amatissimo da Enzo Ferrari (ma anche da Forghieri) perderà la vita nello schianto durante le qualifiche di Zolder.

Lui, il pilota che non si arrendeva mai e che correva senza curarsi di stressare la monoposto fino alla rottura, lascerà un vuoto incolmabile non solo in Enzo Ferrari e nei tifosi, ma anche nei tecnici di Maranello, che con il canadese riuscivano a vedere quale fosse il reale limite delle monoposto. E a seguito di questi due drammi, la Ferrari si aggiudicò comunque un amarissimo Mondiale costruttori, grazie anche ai risultati di Tambay e Andretti (il primo rimarrà escluso dalla corsa al titolo per aver saltato il  GP di Svizzera). Forghieri scriverà: “Non ho dubbi che data la nettissima superiorità della nostra monoposto di quella stagione Gilles avrebbe vinto agevolmente il mondiale 1982, così come dopo di lui l’avrebbero fatto anche Pironi e Tambay senza gli infortuni che li colpirono”

Nel 1983, Forghieri e Postlethwaite progettano una vettura in cui il telaio per la prima volta ha funzione di carrozzeria e vennero usati materiali compositi, tra cui la fibra di carbonio, adottando una conformazione a freccia con un vistoso alettone anteriore; spariscono dopo 4 anni le minigonne, mentre rimane invariato tutto il corpo motore e il gruppo di trasmissione. con 2 vittorie e 3 secondi posti, la coppia francese Tambay-Arnoux portò alla Ferrari il secondo Mondiale costruttori consecutivo.

Forghieri torna in prima linea nel 1984, quando viene progettata la prima monoposto interamente in fibra di carbonio; le ulteriori migliorie aerodinamiche fecero presagire un’altra ottima stagione, ma dopo un primo e terzo posto in Belgio non ci furono particolari acuti, salvo due secondi posti nel finale di stagione. La Ferrari comunque arrivò seconda nel Mondiale dietro all’imprendibile McLaren di Lauda e Prost.

Forghieri, così, abbandona la Ferrari per dirigersi verso la Lamborghini. Qui curerà la progettazione del V12 aspirato che equipaggerà la Lola-Larrousse nella stagione 1989. Il motore fornirà dei rtiscontri positivi e allora pochi anni più tardi la Scuderia del Toro decise di progettare una nuova vettura, affidata a Forghieri. Il Modena Team gareggiò nel 1991 ma deluse perchè riuscì a qualificarsi solo in 6 gare su 16 e sempre con un pilota.

Forghieri ebbe una breve esperienza anche in Bugatti e venne chiamato come perito nel processo per la morte di Ayrton Senna. Negli anni 2000 fonda la Oral, una società di progettazione meccanica ch, tra le altre cose, ha seguito lo sviluppo del V10 BMW che ha debuttato con la Williams per poi entrare su una vettura “propria”, che ha portato Robert Kubica allavittoria nel 2008 a Montreal. Furia è stato anche commentatore tecnico, accanto a Renato Ronco, per l’emittente Telemontecarlo del Mondiale di Formula 1.

La Oral Engineering, questo è il nome del sdodalizio fondato dall’ingegnere modenese, è ancora attiva e impegnata in vari progdetti, che certamente continueranno a risentire dell’influsso molto positivo dato da Furia, che in tutti questi anni si è copntraddistinto per l’originalità delle sue idee progettuali, all’apparenza semplici, ma caratterizzate da un’elevatissima preparazione tecnica, che coinvolgono tutti gli aspetti della vettura, dal motore al telaio, senza seguire le mode del momento ma creando soluzioni nuove.

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