F1 | Storie di Giappone: l’Italia che attaccava

Da Tony77g @antoniogranato

Alessandro FranceseF1Sport.it

02 ottobre 2014 – Domenica si corre il GP del Giappone e ancora una volta non ci saranno italiani ai nastri di partenza. Occorre nuovamente volgere lo sguardo al passato per ricordare chi tra Fuji e Suzuka ha tenuto alto l’onore del Tricolore o ha legato la propria carriera al mondo motoristico del sol levante.

Jarno Trulli l’eterna scommessa Toyota: senza dubbio uno dei due migliori piloti italiani a cavallo tra gli anni ‘90 e 2000. Jarno dopo aver raggiunto con Renault il punto più alto della sua carriera vincendo il GP di Monaco nel 2004 tenta fortuna in Giappone accasandosi alla Toyota. Panasonic Toyota Racing dopo i primi anni di attività intende fare il definitivo salto di qualità e vede in Jarno (uscito dal mondo Renault causa l’incompatibilità con il futuro campione Fernando Alonso) il pilota giusto per il proprio ambizioso progetto. Dal canto suo l’italiano sposa la causa nipponica per rilanciarsi convinto dal budget e dalle garanzia tecniche fornite dal team padrone di una delle gallerie del vento ancora oggi più attuali.

L’obiettivo è vincere subito almeno un GP. Jarno ottiene già al primo anno il miglior risultato della scuderia con un secondo posto al GP della Malesia. L’ottimo risultato sarà bissato in Baharain e accompagnato da podi che faranno dell’abruzzese il pilota di riferimento dell’universo Toyota. Per vedere una Toyota davanti a tutti dobbiamo attendere il GP degli Stati Uniti , ma soltanto in qualifica, dove Jarno ottiene la prima storica Pole Position della scuderia. Proprio grazie al grosso contributo di Trulli il 2005 è il miglior anno in assoluto per la Toyota che si andrà piazzare quarta tra i costruttori. Gli investimenti e la solidità finanziaria della casa convincono Trulli a sposare il progetto nelle stagioni successive mai però così soddisfacenti come la prima. Lotterà con loro fino al 2009, anno in cui  Toyota decise di ritirarsi dal Circus.

Zanardi Alboreto, Fisichella e Filippi, quasi sulla cresta dell’Honda: altro grande interprete del nostro automobilismo è stato Giancarlo Fisichella che sull’asse italo-giapponese si è trovato al volante di una Jordan-Honda. Era il 2002 e per Giancarlo si trattava del ritorno nella scuderia irlandese che con un budget di circa 200 milioni tentava l’assalto ai colossi del mondiale. Non andò come si sperava e alla fine della stagione la scuderia perse lo sponsor principale e la fornitura ufficiale Honda.

Parente strettissima di Honda è Mugen, in giapponese”senza limiti”, costola derivata da Honda ma non di sua proprietà, fondata dal figlio di Soichiro Honda all’inizio degli anni settanta. In Formula 1 dal 1991 al 2000 motorizzò Footwork , Ligier, Prost GP e Jordan . Michele Alboreto guidò il motore giapponese a inizio anni novanta così come fece poi Alessandro Zanardi  nel 1994 a bordo rispettivamente di Footwork e Lotus. Ancora Jarno Trulli nel 1997 si trovo con la piccola Ligier motorizzata Mugen Honda in testa al GP di Austria fermato solo da una sfortunata rottura. Proprio Suzuka invece fu teatro di un trionfo italiano ovvero la vittoria di Alessandro Nannini nel 1989 in una gara che tutti ricordiamo per lo storico scontro Senna-Prost.

In tempi recenti, è stato Luca Filippi a legare il proprio nome ad un costruttore giapponese. Nel 2008 fu collaudatore ufficiale di Honda dopo aver ben figurato l’anno precedente in un test con Super Aguri. Purtroppo l’ottima promessa italiana non ebbe la possibilità di trovare un sedile per la stagione successiva, e questo no di certo per mancanza di merito.

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