La dismissione è un libro che […] ci introduce in quella zona incerta che sta tra oblio e attualità, tra testimonianza orale e ricostruzione storica, tra fine dell'epica industriale e inizio della tragedia post-industriale.
Orecchini evoca […] la Dismissione: declino dell'industria pesante, lavoro operaio, operai uccisi dal lavoro. […] Ponendo subito l'orizzonte della scrittura ben al di là dell'esperienza individuale, in un territorio più ampio, dove si è costretti a misurarsi con le forme collettive del vivere, dalle storie famigliari alle vicende di classe. […] Orecchini utilizza dei personaggi – madre e padre – e degli interni familiari, ma non è propriamente leggibile una storia. Ciò che domina le prime tre sezioni è l'intrusione corrosiva e velenosa del mondo lavorativo nell'intimità familiare. […] Come se le figure umane sedimentassero alla stregua di sostanze materiali in seguito ad un processo di dismissione. […] Il lessico contaminato evoca una scena di contaminazione. […] È l'amianto che contamina i lavoratori, è il lavoro che più in generale infetta i lavoratori, li corrompe nel fisico e nell'equilibrio mentale, ed infine è l'artificiale che s'introduce nell'animale, lo modifica irrimediabilmente, produce un ibrido mostruoso. La fabbrica scompare lasciando dietro di sé, negli uomini che l'hanno vissuta, un'impronta devastante, l'assenza di esperienza e di ricordi. […]
Fino dove l'artificiale è penetrato nella nostra intimità animale? Fin dove […] è ancora ipotizzabile una lingua autentica, al riparo dalle contaminazioni delle forme di vita tecnologiche e dei giochi linguistici ad esse corrispondenti? […] Sono tutte domande, queste[…]. Ed è proprio attraverso di esse che Orecchini ha voluto costruire il suo libro.
dalla postfazione di Andrea Inglese (fonte: sito Polimata)
da Lamine Rovine
II. Rovine
7:02 a.m. - Stabilimento Fincantieri
Nella nebbia più gelida
la morte liquida
gli alberi muti immuni
tramano autunni
[oltre la carreggiata]
tra le righe d'asfalto
asfodeli
sfogliano i rami,
del moto apparente della morte
non resta che rame,
sterminato fogliame.
Dall'ovario infero un calice subnullo
il frutto
una bacca carnosa e rossa
monospermica
cade
e non c'è nulla che possa fermare
la sirena
risuona nel tempo
come lamina ondula
pochi minuti forse un'ora
la trave
cede
e non c'è nulla che possa fermare
la [ri]produzione dell'ovvio
l'abitudine al male
Fincantieri: la soluzione
E tutto riappare miseramente
monomero amore metallifero
di morire mentre mormori e invano
collezioni potassa
sillabe
oddii
le mani mutile le bocche
cucite fracassano i timpani assolti,
inutile silenzio
e apnèa il respiro parola.
Lingua morta fragilita e scuce
risvolti di pieghe contratte leucemie,
lascia che io frenetichi eresie
mendaci e tulle nella gola
immacolato e incorruttibile amianto
sangue rappreso ciniglia.
da Corpi dissepolti
II. Termodispersione
fibrilla – ma non una scheggia di luce -
la vita nei giorni dimenticati e anche
il mattino di siepi pare grinzare - fraintende
le foglie nel loro restringersi- come in attesa
del tempo
non v'è traccia
filamenta, nell'erba
un sospiro di gigli potenziali
le tue mani le forbici tagliare
incidere radici sradicare fusti sradicare
- la coscienza dell'autunno
il primo giorno di primavera -
equinozio
questo nostro silenzio
lamina
rugiada allungata il tuo sguardo
l'artiglia la solca la terra
il mio io - l'umido terrestre -
goccia dopo goccia il primo sole
le lacrime il sudore quel silenzio
le mosche cercano gli occhi sempre gli occhi,
l'iride.
da Nella madre
I. Laminare
Strisciavi fino al divano
le fami saziate non la tua – avanzi -
nel corridoio seminare di ciglia
“non sei tornato a casa stanotte”
disossata voce nelle gengive – saliva -
la mano a stringere il collo
i denti finti,
la nostra coscienza è la materia dei corpi
vive nei corpi non esiste
[di là, in cucina, le dita grasse di mio padre
macchiavano il bicchiere]
un esercizio continuo al lutto il tuo
svuotare il silenzio nel catodo urlante
camminare laminare come un ladro [in casa propria]
me lo hai insegnato tu
dietro i mobili covano le polveri
- brandelli di corpi - le anime dei vivi
ti spogliavi fumavi
ti toglievi le scarpe [me che ti rubo i piedi] cadevi
vorticante nel sogno -sempre lo stessodell'intima
morte defecare
b[latte] corpi
defecanti
III. Corpo[razione]
ti riavrai
tra le scaglie di mani nei palmi
rigati e vuote
le ferite che sgratti via [nel rovinare di unghie
scaglie di te sulle lenzuola
nei piatti sulle tovaglie - ti ho mangiato]
- ineluttabile l'avanzare dei deserti -
l'ammoniacarsi arido delle falangi – dei metatarsiil
disossarsi del dorso
lo strazio muto dei calli
gonfi come sassi i piedi ancora
nell'acqua
nel sale.
Mi riavrai e sarà
l'alluvione in agosto
la saliva la mia che cola sui bicchieri
il sudore dei tegami
nei ricami - le giunture dei polsi -
quello che non ci voleva
grandine vuoto ad appannare
gli occhi che guardano quei vetri
me che ritorno
da Stadio finale - Elementi di reazione
I. Sovraesposizioni
Aveva le scarpe lucide e vuote una camicia bianca le ossa screpolate
mani bocche piedi occhi, lame. La pelle.
Qualcuno alzò il labbro superiore
ispezionò la bocca
muovevi i pensieri con la lingua
nella bocca
le mucose ulcere
i denti ancora buoni,
infettarsi come gatti
nel cortile sotto il letto
la lingua ruvida e verde che vortica
poi l'ospite arrivò e l’attenzione
si consegnò ai lampadari d'ottone ai fiati odorosi
ai calendari
la luna domina la semina
i ventagli a muovere sguardi pupille
le risa dei bambini
quegli orecchini grandi di perla
i lobi colavano fin sulle spalle
“Ma dove sono gli occhi. Dove sono?”
le foto sature e sovraesposte càdere
e cadono
sparse sul comodino
quel giorno siamo rimasti vili
non siamo andati a vederlo morire
III. ossidoriduzione
lumina caustica il cielo fenolico
Dio annusava l'aria dall'alto dei caterpillar
claustrofobica
quell'aria maleodorosa la terra smossa
la cava bruciava nel tramonto fibrosa
brulicante di cavi travi macchine pneumatiche
polveri e grida.
Si scavò per giorni e giorni. Ma la terra era solida
ghisa, iridio l'uomo morto mio padre. L'uomo di metallo.
La bara di cute che alluminava
– inossida - le carni scavate anch'esse.
Si disse: “Tornare allo stato primordiale...”
Meta uomo mesotelioma.
da Alchimia speculativa
Rubedo - Gazprom City
caria e s'incrina
la massa d'ossa del cranio
nei cretti e increspature maree
di niente cementi e nervature
indotti condutture
rigassificatori gasdotti:
il benessere è nel sottosuolo
- sottocutaneo -
in superficie
l'enorme camera a gas
Albedo – Deflagrazione interiore
la materia sintetica
La fibra di carbonio si tesse in armature elastica forma
di grafite polimera libra senza peso nelle ossa.
Impalcature di spazio.
Come onda dielettrica la fibra ottica vibrando nel vetro
Ultrapura conduce la luce multicroma.
L'indice di rifrazione domina il tempo della rarefazione.
la sintesi materica
Fabio Orecchini (Roma, 1981), poeta e regista, dopo essersi laureato in Antropologia culturale presso l’Università La Sapienza di Roma con una tesi sperimentale sulla concezione di corpo, malessere e malattia tra i “sans papiers” della città di Roma in collaborazione con Medici senza frontiere, ha intrapreso un cammino di ricerca nell’ambito del cinema, della videoarte e della poesia. Nel 2004 pubblica la raccolta di versi Acrilico (Edizioni ArtEuropa, Roma) per la quale riceve alcuni premi e riconoscimenti letterari. Nel 2008, insieme a Alessandro Dionisi e Marco Vitale ha fondato l’Associazione Culturale e webTv “Meddle TV” , in seno alla quale è nato [A]live Poetry, un progetto ibrido di documentazione visiva e videoarte dedicato ai poeti contemporanei, realizzando opere con Elio Pagliarani, Giuliano Mesa, Assunta Finiguerra, Luigi Nacci, Lidia Riviello, Dome Bulfaro, Giulio Marzaioli, Laura Pugno, Ensemble Duale, Elisa Davoglio. E' direttore artistico del Beba Do Samba di Roma. Ha organizzato e promosso, insieme a Davide Nota e altri, il libro/movimento "Calpestare l'oblio".
Suoi testi e poesie sono apparsi in riviste, libri concepts (Concepts Arte, Arpanet, Milano, 2006), antologie (Pro-Testo Fara Editore, 2009), blog e siti letterari (Nazione Indiana, Absolute Poetry).