Sì, perché Marianna, l’abbiamo tirata via dalla strada, potremmo dire con molta ironia: «Avevo quattordici anni, ero in via Etnea a Catania, sotto una pioggia torrenziale con mio fratello. Stavamo tornando a casa, quando un tizio mi ha fermata, scambiandomi per un ragazza che lavorava con lui: era un agente di modelle catanese e quando si è accorto dell’errore mi ha chiesto: “Ma tu fai la modella?”. Quattro giorni dopo, ero sulla passerella per la mia prima sfilata: era la prima volta che indossavo i tacchi.»
E da allora è cominciato tutto. Marianna, cosa ti affascina del mondo della moda?
«Tutto! È una delle arti moderne che più ama e rispetta la bellezza in senso puro e semplice, la creatività, la persona… Ma mi piace anche la parte del business, che rende la moda fruibile a un gran numero di persone, che la rende pubblica. E poi il brivido della passerella, l’adrenalina: posso definirla il mio sport estremo? Ogni volta che stai per salire su una passerella non hai idea di quello che può succedere: potresti cadere, inciampare, ti potrebbe scivolare una spallina e tu potresti rimanere mezza nuda. E poi le scarpe che non vanno mai bene, le luci accecanti… Ma quando sei là sopra, coi flash dei fotografi e il buio della platea, è un brivido.»
C’è qualcosa della tua vita da modella che ricordi con maggiore affetto? Un momento più bello? Una sfilata di cui sei più orgogliosa?
«Effettivamente, sì. Sono fiera della mia prima sfilata all’Alta Roma, quando avevo quindici anni. Ero sulla passerella per Marella Ferrera, e scoppiò il caso su tutti i giornali: quella volta ci toccò addirittura organizzare una conferenza stampa ad hoc. E poi sono contenta di una sfilata dell’anno dopo: lavoravo per Ermanno Scervino, insieme a Mariacarla Boscono, Eva Riccobono e Vlada Rosljakova. Anche in quell’occasione i giornali si tuffarono sulla notizia: avevo solo sedici anni.»
Aspirazioni realizzate tante, dunque. E sogni che ancora rimangono nel cassetto? Nel campo della moda, c’è uno stilista per il quale vorresti lavorare?
«Diventare una grande attrice, ed è a questo che dedico la maggior parte delle mie attenzioni. Poi, c’è anche da ammettere che aggiungo sempre sogni nuovi, perché mi piacerebbe fare tante cose, sul serio. Se mi devo mettere a pensare a qualcuno per cui mi piacerebbe sfilare: Giorgio Armani per gli italiani, e Balmain per gli stranieri.»
Ci fai i nomi di tre modelle che, a tuo avviso, hanno qualcosa in più rispetto a tutte le altre?
«Al primo posto metterei Christy Turlington, perché ha sempre incarnato il mio ideale di donna: bella, elegante, non troppo appariscente, e infinitamente intensa. Al secondo posto Kate Moss perché, nonostante quel che fa e quel che se ne dice, davanti a qualunque obiettivo si trasforma in una dea. Al terzo posto, infine, metterei una top contemporanea, Daria Werbowy, che è esattamente come una modella dovrebbe essere oggi: bella, solare, magra ma non malata, e con le forme al posto giusto.»
Come hai detto, la tua passione è la recitazione. Com’è iniziato il tuo percorso nel mondo del cinema, della televisione e del teatro?
«Il mio percorso da attrice è iniziato nel 2009, quando ero ancora legata a Miss Italia. Grazie a quell’esperienza ho capito che era esattamente questo che avrei voluto fare nella vita. Ho conosciuto Anna Strasberg, ho studiato recitazione a New York… Di recente, ho fatto il film tv “Come un delfino”, con Raoul Bova, Ricky Memphis e Barbora Bobulova, andato in onda su Canale 5; e poi, per Rai Tre, “La squadra – Spaccanapoli”. Più recentemente, la settimana prossima giro “Ex – capitolo 2″ dei fratelli Vanzina, con Paolo Ruffini.»