C’era una volta un tempo in cui esisteva solo la tv di stato e per di più solo in bianco e nero. Non che la programmazione fosse eccezionale però si facevano dei cicli ‘ragionati’ sul cinema che permettevano a chi si stava formando un gusto suo di conoscere autori fino a quel momento sconosciuti. Fu così che scoprii Jean Pierre Melville. Il primo approccio fu con Le Samourai che, incredibilmente, nella versione italiana s’intitolava Frank Costello ,faccia d’angelo. Bizzarria della produzione, tanto più che nell’originale Alain Delon interpretava un killer che si chiamava ...Jeff. e Jeff è il nome che John Woo ( cultore del cinema gangsteristico francese che ha poi ricuci nato in salsa soja) ha dato a Chow Yun fat in The Killer, una delle pellicole che più mi ha influenzato negli anni 90. Il film però era un gioiello di perfezione. La Parigi notturna, la solitudine interiore del protagonista espressa nei silenzi, le lunghe sequenze degli interni del suo appartamento rotte sol oda rumori banali, consueti. Poi c’era l’atmosfera dei night, il rapporto con gli altri del Milieu, con la pianista di colore giocato su sguardi e silenzi. La sfida con la polizia, il perfetto meccanismo di un artigiano del crimine, alla fine schiacciato dalla sua stessa abilità di certo fu un riferimento non solo per me nella costruzione della mitologia del Killer. Tony Arzenta, curioso poliziottesco interpretato dallo stesso Delon tra l’Italia e Copenhagen e moltissimi altri film sino a Professione : Assassino ne colgono quello che, al di là degli ambienti, dell’intreccio, è il nocciolo delle vicende sugli assassini professionisti. La solitudine. Il ciclo mi aprì una nuova dimensione narrativa.
FACCE DI ANGELI SENZA NOME - a cura di Stefano Di Marino
Creato il 25 novembre 2012 da DiegothrillerC’era una volta un tempo in cui esisteva solo la tv di stato e per di più solo in bianco e nero. Non che la programmazione fosse eccezionale però si facevano dei cicli ‘ragionati’ sul cinema che permettevano a chi si stava formando un gusto suo di conoscere autori fino a quel momento sconosciuti. Fu così che scoprii Jean Pierre Melville. Il primo approccio fu con Le Samourai che, incredibilmente, nella versione italiana s’intitolava Frank Costello ,faccia d’angelo. Bizzarria della produzione, tanto più che nell’originale Alain Delon interpretava un killer che si chiamava ...Jeff. e Jeff è il nome che John Woo ( cultore del cinema gangsteristico francese che ha poi ricuci nato in salsa soja) ha dato a Chow Yun fat in The Killer, una delle pellicole che più mi ha influenzato negli anni 90. Il film però era un gioiello di perfezione. La Parigi notturna, la solitudine interiore del protagonista espressa nei silenzi, le lunghe sequenze degli interni del suo appartamento rotte sol oda rumori banali, consueti. Poi c’era l’atmosfera dei night, il rapporto con gli altri del Milieu, con la pianista di colore giocato su sguardi e silenzi. La sfida con la polizia, il perfetto meccanismo di un artigiano del crimine, alla fine schiacciato dalla sua stessa abilità di certo fu un riferimento non solo per me nella costruzione della mitologia del Killer. Tony Arzenta, curioso poliziottesco interpretato dallo stesso Delon tra l’Italia e Copenhagen e moltissimi altri film sino a Professione : Assassino ne colgono quello che, al di là degli ambienti, dell’intreccio, è il nocciolo delle vicende sugli assassini professionisti. La solitudine. Il ciclo mi aprì una nuova dimensione narrativa.
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