'Husserl mentre fa epoché su una tazza di caffè':
è una vignetta umoristica, ma rende bene l'idea...
L’epoché nella filosofia scettica era il dubbio, assoluto e non metodico, e significava tecnicamente ‘sospensione del giudizio’. Per gli scettici però, come si sa, il dubbio era il punto di inizio e al tempo stesso di arrivo di tutta la loro filosofia: si dubitava di tutto, non si era sicuri di nulla. Il mondo intero era messo permanentemente tra parentesi. Il filosofo Edmund Husserl, in pieno Novecento, ha recuperato questo concetto e lo ha riadattato alla sua filosofia, conosciuta con il nome di Fenomenologia. Di che si tratta? E cosa c’entra l’epoché? Husserl si trovava a metà strada tra Platone e Kant, in questo senso: credeva nell’esistenza delle idee, schemi assoluti e perfetti da cui derivano le singole cose, le cose effettive. Le idee, cioè, non sarebbero semplici concetti, ma esisterebbero realmente, oggettivamente.
Se guardate questa figura, vi accorgerete che le
vostre istanze soggettive ne influenzano la comprensione:
la figura che fugge sembra infatti più piccola di quella
che insegue; al tempo stesso, la sua espressione sembra
di puro terrore, mentre l'altra è più aggressiva. Si tratta
ovviamente di un errore, perché le immagini sono uguali
Picasso, Il bue, 1946. In molti lavori
di Picasso si intravede la ricerca
dell'essenza di un oggetto, attraverso la
sua riduzione a un'immagine-limite, come
in questo caso o nell'altro
Uccelli bianchi di Picasso, 1958.
Stesso discorso di prima...
L’operazione messa in atto da Husserl viene detta riduzione eidetica, che significa appunto 'riduzione all’idea'. Si tratta di 'disossare' l’oggetto dalle sue parti superflue, fino a ridurlo all’essenziale; fino al punto, cioè, che se lo si cambia ancora cessa di essere quello che è. Quello che resta della tazza, allora - ritornando al nostro esempio -, quel residuo essenziale modificando il quale non avremo più una tazza, sarà l’idea stessa di tazza, ed è valida per tutti e in ogni tempo; è la sua essenza.
Che cosa resta di certo dopo questa operazione? Alcune cose e, per la verità, tutte molto importanti. Innanzitutto la coscienza. Perché se escludo tutto il resto, non posso escludere comunque la mia coscienza che esclude: ergo - un po’ come diceva Cartesio - la mia coscienza è indubitabile, è assoluta. Andando avanti, mi resta insieme anche l’oggetto. Ma l’oggetto non sarà l’oggetto in sé - come invece aveva dimostrato Cartesio passando dall’esistenza di Dio -: sarà ciò che percepisco dell’oggetto, la sua ombra, il suo fenomeno insomma - da lì il nome di 'Fenomenologia'. Al contrario di Kant, però, non ci interessa la 'cosa in sé' che sta dietro al fenomeno: l’interesse della scienza - filosofica, stavolta -, il suo valore oggettivante e assoluto sarà quello del fenomeno, appunto, che assurge così a una sua dignità epistemologica.
La pittura di Morandi è stata tutta incentrata sul recupero dell'autenticità dell'oggetto: l'oggetto è infatti 'svuotato' delle sue qualità accidentali, sviscerato in ogni suo significato e ridotto all'essenza, in un connubio tra soggetto e oggetto di forte spessore emotivo ed artistico
Attenti a non esagerare, però: se vi mettete a fare epoché su delle strisce pedonali, ad esempio, ci sarà un rischio molto forte di andare a colludere contro un 'fenomeno' molto oggettivo e concreto, nella sua specificità scientifica: l'automobilista di passaggio.