Eppure, in questi giorni esaltanti in cui tutto il Medio Oriente sembra essere ispirato ad organizzare online la rivolta contro l’autocrazia, i cosidetti esperti tentano di minimizzare il ruolo dei social media nelle rivoluzioni di questi giorni.
“La gente ha protestato e cambiato i governi ancor prima che Facebook fosse inventato,” Malcolm Gladwell del New Yorker ha scritto il 2 febbraio. Poche settimane dopo, il giornalista del Financial Times Gideon Rachman ci ha ricordato che “i francesi riuscirono a espugnare la Bastiglia senza l’aiuto di Twitter – e i bolscevichi presero il Palazzo d’Inverno senza fermarsi per pubblicare le foto di ogni cosa su Facebook.” Vero ma, irrilevante. Quelle rivolte hanno avuto un forte aiuto dalla tecnologia di quei tempi. La rivoluzione bolscevica non si sarebbe probabilmente accesa senza il telegrafo, per trasmettere i messaggi di Lenin e i treni per trasportare le truppe. E come sarebbe stata la rivoluzione francese senza quel gadget inventato dal Dr. Joseph Guillotin?
Sì, certo, la tecnologia da sola non fa le rivoluzioni. La volontà del popolo è l’ingrediente più importante. Per fomentare la rivolta, in primo luogo è necessario lasciare cuocere a fuoco lento il risentimento per qualche decennio. Ma questo non significa che i social media non possano fornire ai rivoluzionari aiuto. Ricordate i ragazzi intervistati in Tahir Square la notte in cui Mubarak si è dimesso? Quello colpì di più era quello che stavano facendo in attesa che il reporter terminasse la sua introduzione: sfogliare il proprio smartphone. Volete azzardare un’ipotesi sul sito che stavano controllando?
Considerate ciò che è Facebook: E l’internet, raffinato e concentrato come un raggio laser che rimbalza voi e le vostre conoscenze con velocità insuperabile. Nessuna delle sue caratteristiche sono particolarmente nuove. Sono provate e testate. Facebook è stato per quei ragazzi la condivisione di messaggi istantanei, informazioni giornaliere, blog e declamazioni, con Facebook il mondo ha condiviso i progetti e le storie di quei ragazzi in Piazza Tahir. Facebook ha anche un’altra valenza: può essere la democrazia in azione, o almeno ci consente di vedere una cosa sotto tanti punti di vista e pareri diversi. Tutto questo spaventa il potere dittatoriale che, può decidere di fare quello che ad esempio la Cina ha fatto negli ultimi due anni: bloccare l’accesso a Twitter e Facebook. Ma per quanto tempo ancora?