Abbiamo ormai una consuetudine con i falsi: promesse, lauree, decreti, annunci. E non può dispiacerci un falso che calza perfettamente alla condizione attuale: «All’ordine “Facite Ammuina”: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa / e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: / chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra / e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta: / tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa / e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio / passann’ tutti p’o stesso pertuso: / chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”.
Non si ripeterà mai abbastanza che l’incidente eretico “occorso” alla democrazia nasce da calcoli meschini, da una finzione che sarebbe scoperta e risibile, se non pesasse come un macigno sulle nostre esistenze. Una tela di Penelope dovrebbe tessere la trama e l’intreccio di quanto non si è voluto fare in decenni o di quanto si è purtroppo compiuto in un anno di manomissioni di diritti e garanzie: la legge elettorale, la diminuzione del numero dei parlamentari, l’abolizione delle provincie, la riduzione dei costi della politica, la riforma del bicameralismo, e poi i crediti alle imprese, la questione degli esodati, la revisione del sistema degli ammortizzatori sociali, l’allentamento del vincolo di stabilità, senza però toccare l’ineleggibilità, il conflitto di interesse e gli altri nutrimenti artificiali dell’alimentazione forzata di Berlusconi, tramite Monti e i “facilitatori” – mai nome fu più appropriato – che da anni lo sostengono con entusiasmo bi-partisan.
L’establishment, sembra vivere in un mondo sparito e dissolto – vecchi e nuovi entranti già contagiati dei fumi che vi si respirano – separato da un elettorato non più riconducibile alle antiche fedeltà, ma nemmeno consolidato su fondamenti visibili di interessi comuni o da appartenenze culturali.
Proprio come nella Repubblica di Weimar anche i pochi illuminati vedono i danni e l’offesa costituzionale dello “stato di eccezione” che si replica e perpetua, con un trasferimento di sovranità, ancora più offensivo quando lo Stato ne era stato depredato in materia di decisione economica e dunque sociale.
Ma sembrano subire l’illegittimità come ineluttabile conseguenza, non contrastabile e inoppugnabile, dello “stato di necessità”, oggetto di quel mantra recitato da tutti i fan dell’assoggettamento: non ci sono soldi, non ci sono i numeri, non c’è l’Europa che però ce lo chiede, non ci sono più i partiti e se ci sono, sono liquidi, magmatici, non ci sono le leggi, o ci sono troppe leggi, e così via. L’Europa fa come i vecchi capitalisti, sempre attuali: vuole pagare bassi salari per godersi gli elevati profitti, ma al contempo vorrebbe che altri pagassero retribuzioni elevate in modo che i consumi dei lavoratori sostengano la domanda. E’ una contraddizione insanabile cui si è risposto in passato in modo più virtuoso accrescendo la spesa sociale e quindi il salario indiretto, e ora con il sistema più iniquo, attraverso l’indebitamento delle famiglie.
L’ammuina serve a questo, a non creare le condizioni per il rifiuto politico e istituzionale del rigore, per il rigetto dell’austerità come sistema di governo, per perseguire l’equità come condizione necessaria per la crescita.
C’è da dolersi che nel suo vortice di fare e disfare, nel gioco di prestigio delle distrazioni e delle manipolazioni, il Movimento 5 stelle riveli la scarsa convinzione con cui sostiene le sue parole d’ordine. E si manifesti la debolezza di quell’insieme magmatico che con una stanca formula viene chiamato società civile, ormai inabile non solo a pretendere qualcosa, ma anche a difendere qualcosa, come invece aveva fatto in passato con i referendum, dall’aggressione della voracità della finanza che ha ridotto i governi a semplici agenti d’intermediazione e i partiti a custodi del presente immutabile.
E pare che la parte che sembrava più viva della società non si sia preoccupata di costruire una democrazia oltre i partiti e oltre lo stato preferendo il sogno perverso di una democrazia contro i partiti e contro lo stato.