Fahrenheit 451

Creato il 16 dicembre 2010 da Sekhemty


Titolo Fahrenheit 451
Titolo originale Fahrenheit 451
Anno 1966
Paese Gran Bretagna
Durata 112′
Regia François Truffaut
Sceneggiatura Jean-Louis Ricard, François Truffaut, Ray Bradbury (romanzo originale)
Musica Bernard Herrmann
Cast Oskar Werner, Julie Christie, Cyril Cusack

Guy Montag è un vigile del fuoco, ma il suo compito non è di spegnere incendi. Dopo tutto, nel mondo di Montag, le case sono costruite con tecnologie avanzate che impediscono loro di bruciare.
Quindi, cosa fa di preciso un vigile del fuoco? In effetti la traduzione italiana è fuorviante, fireman rende meglio l’idea, uomo del fuoco. Montag non spegne incendi, ma li appicca: il suo compito è di bruciare i libri.

Tratto da uno dei maggiori romanzi distopici, l’omonimo Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, questo film ne segue abbastanza fedelmente la trama.

La storia si dipana sopra lo sfondo di una società per la quale i valori fondamentali sono la spensieratezza e la leggerezza del vivere. Il modo di pensare è univoco, ragionare autonomamente viola la norma della felicità ad ogni costo, e si accetta senza troppi patemi il pensiero comune. Manca la volontà di ricercare la verità, di indagare sulla realtà delle cose, ci si rifugia in intrattenimenti che, invadendo la privacy, permettono di illudere la propria solitudine, riempiendola di legami interpersonali fittizi. In questo contesto la lettura non trova posto, perchè i suoi effetti sono contrari a quelli desiderati. Nel film non viene spiegato, ma dal romanzo è chiaro che il rifiuto della lettura è spontaneo da parte del popolo, e viene istituzionalizzato dal potere solo in un secondo momento, con la creazione del corpo dei firemen. Vengono incoraggiati l’omologazione e l’appiattimento verso il basso, e chi non si uniforma viene emarginato.
Tutto questo però non è condiviso da tutti, c’è una piccola minoranza che rifiuta questo stato delle cose, e il discrimine, la linea di confine, ovviamente è rappresentato, sia in maniera oggettiva che simbolica, dai libri. Quelli che appartengono a quest’ultimo gruppo sono tutti lettori, e grazie alla lettura hanno la possibilità di avere punti di vista ampliati e differenziati; in loro nasce un malessere, una insoddisfazione nei confronti della realtà, che i “normali” non condividono, per di più non riescono a comprendere come si possa auto-infliggersi tali sofferenze.
Ed anche l’informazione è asservita al mantenimento di questo status: le notizie vengono date in maniera distorta e quando necessario opportunamente falsificate, confezionate ad uso e consumo di ciò che il pubblico vuole vedere e che al governo conviene mostrare. Si tratta in altre parole di un’altra forma di intrattenimento.

Le differenze fra i due gruppi possono essere ben schematizzate prendendo come esempio le due donne che affiancano Montag, entrambe interpretate da Julie Christie: la moglie Linda (originariamente, nel romanzo, Mildred) e la maestra Clarisse (che nel film vede ampliato il proprio ruolo, incorporando nel proprio personaggio anche quello di Faber, presente solo nel romanzo).
Linda passa tutte le proprie giornate davanti ad un teleschermo che occupa tutta la parete, su cui guarda trasmissioni interattive che la fanno sentire in qualche modo appartenente a quanto vede; i personaggi televisivi vengono appellati con nomignoli familiari, e il passo fino a identificarli come Grande Famiglia è breve; nelle intenzioni originali probabilmente si voleva richiamare Orwell, ma attualmente non si può non pensare ai reality show, e a come la realtà sia diventata incredibilmente assimilabile a quanto immaginato da Bradbury. Linda è una persona vuota, senza interessi o aspirazioni, e i rari momenti in cui questa macchina di controllo sociale si incrina, portando qualche avvisaglia di sgomento, vengono eliminati con l’uso di tranquillanti o di eccitanti.
Linda parla ma non dice niente, e presta scarsa attenzione quando Montag le parla; non ricorda nemmeno come lo ha conosciuto: nella sua vita, incentrata esclusivamente sull’illusione di un benessere perpetuo, la mancanza di lettura fa da eco all’assenza di memoria. La vita vissuta solo attraverso l’intrattenimento vuoto del presente finisce col cancellare il passato e annullare ogni possibilità di un futuro che sia diverso, migliore e libero dai lacci attuali.

D’altro canto, Clarisse, una lettrice clandestina, è una persona vivace, loquace, interessante, ha qualcosa da dire. Ha una personalità indipendente e curiosa, ma per questo viene emarginata dalla società, che non la comprende. Sarà lei a stimolare il cambiamento in Montag, quando lui le dirà di non aver mai letto i libri che brucia. La semplice domanda di lei a questa affermazione, “sei felice?”, segnerà il punto di svolta nella vita del fireman. Di queste caratteristiche si approprierà anch’egli, e finirà per non sopportare più nè la moglie nè le amiche di lei, scandalizzandole leggendo loro alcuni brani da un libro trafugato; ciò le turba: “con tutte i problemi che già ci sono, è meglio non crearsi altre preoccupazioni” è una frase che purtroppo si sente spesso anche al di fuori della finzione cinematografica o letteraria. Montag pensa che loro non abbiano una vita vera, ma che stiano semplicemente ammazzando il tempo.

Fra questi due estremi si può collocare il capitano di Montag, che nonostante superficialmente sia un fedele esponente del regime imperante, con la sua approfondita conoscenza sul contenuto dei libri, tradisce una segreta vita da lettore. Al di là di questa ipocrisia, la sua posizione comunque è chiara: chi legge crede di essere superiore, per questo i libri son un male, poichè tutti devono essere considerati uguali: questa presunta uguaglianza però sa molto di uniformazione.

In realtà chi legge, nonostante a volte possa apparire saccente, finisce sempre con lo scoprire che dentro ognuno di noi c’è qualcosa di molto grande che aspetta solo gli stimoli giusti per poter uscire fuori. Lettura quindi come mezzo per ampliare le proprie conoscenze ed i propri punti di vista: questo non è senso di superiorità, ma ambizione a voler realizzare le proprie piene capacità, e speranza che anche gli altri facciano lo stesso.

L’epilogo (con la presenza degli uomini-libro che imparano a memoria un libro ciascuno, per poi tramandarlo ai più giovani quando sopraggiungono la vecchiaia e la morte) mostra un chiaro parallelismo con i monaci amanuensi medievali, che con la loro opera permettevano la sopravvivenza della cultura.
In questo caso però l’accento viene posto sull’importanza che ha il lettore: nonostante chi scrive renda un enorme servizio all’umanità, anche chi legge, assimilando e rielaborando in base alla proprie personali conoscenze, contribuisce, con il suo nuovo ed ampliato orizzonte, a rendere migliore il mondo.
Perlomeno, questo è quello che mi piace pensare.

Del romanzo da cui è tratto questo film avevo già parlato in un mio precedente post .


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