L’ho inseguito per qualche settimana in biblioteca, prenotandomi per la lettura, e venerdì pomeriggio mi hanno avvertito che era disponibile.
Sembra che oggi per scrivere un libro di successo sia necessario inserirvi all’interno un mistero (se è un poliziesco, la cosa è naturale), adottare una scrittura sincopata e piena di metafore (nello stile di alcuni racconti di Ammaniti) e, se poi il libro lo si vuole pubblicare, affibbiargli un autore conosciuto, da qualsiasi categoria professionale provenga.
Il merito maggiore di questo libro sta nel fatto che racconta una storia vera. La prima parte (grosso modo le prime 100-120 pagine sulle 200 totali) scorrono via abbastanza velocemente. Il ritmo è fluido, privo di fronzoli e con una giusta dose di ironia. Una scrittura molto “giornalistica”, insomma. Quando l’autore inizia a raccontare la storia del protagonista adulto, il ritmo cambia, quasi come se avesse iniziato a scrivere una persona diversa. La storia poi riprende fiato nel finale, anche perché viene svelato il mistero della morte della madre.
Più volte mi sono trovato a pensare che una storia così, in mano alla Austen sarebbe forse diventata un capolavoro mondiale. Così, è diventata soltanto un buon affare per l’autore e l’editore.