Faida di Forcella, intercettazioni scioccanti: una bomba come premio

Creato il 08 ottobre 2015 da Vesuviolive

Proprio ieri, ricordiamo, un blitz delle forze dell’ordine ha messo in arresto 11 persone del clan Buonerba di Forcella, il quale combatteva una faida con il cartello camorristico rivale “la paranza dei bambini”. La faida principalmente riguardava la gestione delle piazze di spaccio, simboleggiata da una via in particolare: via Oronzo Costa, “la via della morte” come si sente nelle intercettazioni di uno dei membri dei Buonerba, il quale si vanta, a telefono con un compagno ,del nome dato alla strada.

E sono state proprio le numerose intercettazioni telefoniche a permettere agli investigatori di ricostruire tutte le dinamiche della faida, soprattutto gli omicidi della scorsa estate che hanno visto vittime Salvatore D’Alpino ed Emanuele Sibillo, appartenenti al clan antagonista.

Proprio in merito all’omicidio di D’Alpino, A.B., sorella del boss, esclama “Totore o’ brillante si deve sparare. Si deve levare di mezzo” come riporta La Repubblica. 

“Si deve andare a colpo sicuro. Bum” le parole, invece, di E.S., moglie del capoclan attualmente in carcere; poco dopo, il 30 luglio, l’agguato a piazza Mancini. Sotto l’obiettivo di una telecamera di una pizzeria vicina, viene sparato Salvatore D’Alpino; inizialmente vi era il dubbio sull’identità del morto poiché in quella stessa sera, a piazza mancini, era presente anche l’omonimo cugino della vittima, con addosso una maglietta del medesimo colore, rosso.

“Ma mo’ se sta tutto a posto chi è è, che ce ne fotte… è la stessa cosa, levato pure da mezzo questo non fa niente, va bene, è il cugino, appartiene a lui” commentano telefonicamente a via Oronzo Costa, in cui arriva subito la notizia.

Il reggente boss G.B., nel frattempo, si preoccupa maggiormente della massiccia presenza della polizia in quei giorni e la possibilità che l’esecutore materiale dell’omicidio venga preso: “Questo mo’ domani, dopodomani, piglia trent’anni di carcere”, rimproverandogli , inoltre, di aver sparato con la mano sinistra, pertanto, facilmente individuabile e mostrando preoccupazione, in più, per la presenza dei numerosi tatuaggi, i quali diventano importanti segni distintivi.

Tuttavia, decide di regalargli una bomba per il successo dell’incarico: “Ho pigliato la bomba, ti ho fatto un regalo per quello che è successo. Così la butti tu… la butto io…è la stessa mano. Siamo una cosa”.

Una bomba in merito per aver ammazzato, questa è la logica dei clan.

Senza nessuna autocensura entrambi i clan, telefonicamente, discutevano di qualunque questione relativa alle attività camorristiche, costruendosi attorno, inconsapevolmente, le prigioni del futuro; infatti, oltre ai dialoghi sugli omicidi numerosi sono stati gli argomenti adoperanti dalle forza dell’ordine (tuttora):

Queste le parole G.B., boss reggente, riferendosi ai progetti che aveva in serbo per il futuro: “Io fino a mo’ ho subito. Sono due anni, ‘o frat’, che sono uscito e sono stato nascosto dietro alle finestre a vendere a pezzo… Ho subito senza andare sotto a nessuno. Giravo con i soldi di Miano, Secondigliano, di questo e di quest’altro. Facevo i cento euro, i duecento euro… Mò sono passati due anni, stiamo al settanta per cento della vincita”.

Una vera e propria ammissione di reato, senza alcun sollecito esterno. Tanto spietati, tanto poco furbi; del resto, molti personaggi pubblici e non dimenticano che il telefono è un mezzo pericoloso.

Poi, si parla di armi: “Tenete una scacciacani, ci vogliono i calibri grossi, ci vogliono i parabellum guagliò, 357 quelle là ci vogliono, se no devi tenere il safari, ‘o pompa, metti le sei botte dentro… rivoltano i cinghiali, lo carichi… bum bum! Bum bum bum bum… lo puoi sparare anche da qui a laggiù”.

Quanto valore alla potenza di un arma e ai suoi bum, laddove una vita umana non vale niente.