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“FÄK FEK FIK. Le tre giovani” di Werner Schwab alle Manifatture Teatrali Milanesi

Creato il 19 febbraio 2016 da Temperamente

Nella seconda settimana di Febbraio,le Manifatture Teatrali Milanesi, nell’ambito della rassegna teatrale Apache, dedicata alle nuove drammaturgie, ha ospitato lo spettacolo dal titolo “Fak Fek Fik. Le tre giovani”.
Il lavoro, reduce dalla vittoria al Fringe festival di Roma, è frutto di un laboratorio dedicato a Werner Schwab, drammaturgo austriaco, maledetto e irriverente, morto nel 1994 a 35 anni per overdose di alcool, lasciando opere che si distinguono per la ferocia iconoclasta e la spietata schiettezza. Il regista Dante Antonelli ha condotto il progetto artistico, interpretato da tre attrici molto brave: Martina Badiluzzi, Giovanna Cammisa, Arianna Pozzoli.
Il lavoro prende in esame “le Presidentesse”, uno dei drammi fecali dell’autore e attraverso un progetto di riscrittura, porta in scena un seguito ipotetico dell’opera. Per rileggerlo in chiave attuale, le tre pensionate protagoniste della storia, vengono sostituite da tre giovani donne le cui vite oscillano, con dinamismo allucinato, tra precarietà del lavoro e instabilità affettiva.

La performance porta in scena un’umanità dolente attraverso un flusso di voci e gesti vorticoso e spietato, frammenti di esistenze marginali fagocitate da un sistema sociale asfissiante.
Un’umanità pronta a manifestare la propria vitalità con parole e gesti piene di rabbia e dissacrante ironia, unico vero antidoto alla disperazione.
Da qui la sferzante irrisione delle ossessioni della nuova borghesia: cene a base di seitan e tofu, animali domestici dai nomi improbabili e vestiti con abiti firmati, invasione insopportabile di designers che si occupano di qualsiasi cosa: light designer, sound designer, fashion designer…
I dolori e le ossessioni delle giovani donne raggiungono il culmine in una serata in discoteca, che si trasforma in una bolgia terrestre fatta di alcool, sesso e droga in cui le tre protagoniste vengono trascinate, in un crescendo delirante e surreale. Il risultato è convincente nonostante alcune forzature formali.

L’esibizione dei corpi nudi, il prolungarsi delle scene più provocatorie, la destrutturazione disinvolta di alcuni snodi drammaturgici e lo svuotamento dello spazio scenico, sfociano in un anticonformismo di maniera cadendo spesso in cliché ormai abusati.
Nel tentativo ingenuo di sottolineare gli intenti dissacratori dell’opera, queste scelte finiscono per cedere alla retorica del teatro contemporaneo.
Paradossalmente il tentativo di tradire gli schemi classici (morti da tempo, di morte naturale), sembra tradire l’ossequio all’ortodossia della scena sperimentale.
Pur assecondando alcuni schemi tuttavia, va riconosciuto che la performance, grazie ad un testo duro e immaginifico e alla fisicità prorompente delle tre giovani attrici, riesce a regalare momenti molto forti ed efficaci, non tradendo lo stile e le intenzioni dell’autore di riferimento.


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