Oltre 380.000 euro per un imposta sul valore aggiunto evasa che si aggira intorno ai 100.000 euro. Le indagini sono state svolte anche attraverso minuziose analisi dei conti correnti bancari intestati alle ditte e alle persone coinvolte, che hanno permesso di ricostruire il meccanismo attraverso il quale chi utilizzava le fatture false.
Contestualmente tali somme erano prelevate dai responsabili legali delle due società ovadesi che trattenevano per loro parte dei contanti a titolo di "disturbo", e restituivano la restante parte dell'importo ricevuto all'impresa lombarda compiacente.
Alle denunce penali nei confronti dei responsabili delle società coinvolte, è seguita la segnalazione all'Agenzia delle Entrate per il recupero a tassazione degli importi evasi.