C’è qualcosa di speciale nei romanzi di Francesco Carofiglio, una magia difficile da spiegare. Un misto di nostalgia e di polvere, ricordi lontani e storie ambientate spesso in Puglia. Sarà per le mie origini baresi che i suoi libri mi attraggono come una calamita. Questo “campanilismo letterario” mi ha spinto ad avventurarmi in più di un suo libro. Il primo che ho letto è L’estate del cane nero.
La storia si svolge nella lontana estate del 1975, in un paesino della sconfinata campagna pugliese, a pochi passi dal mare. Matteo Leoni passa le vacanze in una grande masseria, in compagnia dei suoi genitori e sua sorella. Insieme a loro gli zii, la cugina Valentina e gli amici di sempre, Beppe e Alessandro. Il ragazzino passa le sue giornate al mare, vagando in bicicletta lungo le strade sterrate, costeggiando muretti a secco, scoprendo piano piano la vita e i segreti del mondo adulto. Tra gite avventurose alle grotte, risse e rivelazioni di scottanti segreti, Matteo e i suoi amici vivono la loro estate, in quel momento della vita in cui tutto sembra possibile, mentre l’ombra di una figura scura si aggira per il bosco, una presenza inquietante che appare e scompare all’improvviso.
Un romanzo di formazione, quasi una versione pugliese di Stand by me-Ricordo di un’estate, il famoso racconto di Stephen King da cui è stato tratto l’omonimo film. Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, i primi turbamenti amorosi e un tragico evento che segnerà come il tratto secco di una matita su un foglio, il passaggio all’età adulta.
Una storia raccontata con delicatezza e innocenza. Ho trovato punti in comune anche con un altro famoso romanzo da cui è stata tratta una splendida pellicola di Gabriele Salvatores, Io non ho paura, di Niccolò Ammaniti. Anche questo libro è ambientato nelle sconfinate campagne pugliesi e anche qui il protagonista e i suoi amici, passano le loro giornate in sella alla bicicletta, cominciando a esplorare il mondo.
Con la sua scrittura evocativa, Francesco Carofiglio quasi “risucchia” il lettore in un vortice fatto di luoghi e atmosfere che sembrano non esistere più. Descrizioni bucoliche a cinque sensi; odori, profumi, sapori e rumori di una natura anni luce dalla realtà che vivono gli adolescenti di oggi. Particolari talmente precisi e nitidi da annusarli e sentirli sfogliando le pagine del libro, soprattutto quando descrive gli odori della campagna, “il profumo maestoso dell’argilla mescolato alle essenze vibratili della malva, del rosmarino, del finocchio selvatico”. Insomma, un romanzo denso di ricordi, una vita lenta, dolce e meno frenetica di quella troppo tecnologica e fredda di oggi. I ricordi del protagonista quasi si confondono con i miei quando viene descritta la preparazione della salsa di pomodoro.
Un milione di bottiglie senza etichetta erano schierate a perdita d’occhio lungo il viale che metteva in comunicazione l’aia con il grande piazzale tra i mandorli. Una specie di installazione muta, inconsapevolmente suggestiva e anticipatrice delle ultime correnti dell’arte concettuale. Un milione di bottiglie disegnavano una linea traslucida che intercettava i raggi del sole nascente come uno xilofono di cristallo i colpi dei martelletti. Le guardavo sapendo che tra non molto quel posto si sarebbe riempito di gente e sarebbe stato tutto un turbinio di donne che fanno cose, uomini che ne fanno altre e ragazzi che schiamazzano intorno e danno una mano.
[..] Il piazzale era pieno zeppo di vasche di plastica azzurra con dentro montagne di pomodori gonfi e rossi, messi lì ad asciugare dopo il lavaggio. La sera prima noi ragazzi, così come imponeva il rigido rituale, avevamo tolto i peduncoli e sciacquato uno a uno tutti i frutti, poi li avevamo riposti nelle vasche facendo attenzione a non schiacciarli, in attesa che fossero asciutti al primo sole del mattino.
I pomodori mi hanno fatto venire in mente questa ricetta semplice e saporita:
Maccheroni freschi al sugo veloce di pomodori secchi
Ingredienti
100 gr di pomodori secchi sott’olio
200gr di maccheroni freschi (o altra pasta secca/fresca a piacere)
un cucchiaio di olio extra vergine di oliva delicato
uno spicchio d’aglio
3 acciughe sott’olio
un cucchiaino di origano
un peperoncino secco (o 1/2 cucchiaino di peperoncino in polvere)
sale e pepe q.b.
Procedimento
Lessare la pasta. Scolare i pomodori secchi, metterli nel bicchiere del frullatore, aggiungere 2 cucchiai di acqua di cottura e frullare fino ad ottenere un paté denso. In una padella far soffriggere uno spicchio d’aglio con l’olio, aggiungere le acciughe dissalate, un pizzico di pepe, il peperoncino secco sbriciolato e l’origano. Rimuovere l’aglio e aggiungere il paté. Scolare la pasta e aggiungerla alla padella del sugo. Far insaporire qualche minuto e servire calda con una spolverata di origano.
Fonte qui.
Stay hungry
Marina