Fatalita’? Coincidenze? Opportunita’ mancate? Ignoranza indotta dall’onnipresenza della televisione nelle nostre case? Perche’ no, potrebbe essere. O potrebbe essere che le simpatie di un vecchio norvegese per il regime nazista, egli nacque nel 1859 e mori’ nel 1952, lo rese inviso ai vincitori che ovviamente non gli perdonarono nulla, tantomeno la statura morale.
Come piu’ volte ho ripetuto, distinguo sempre tra l’uomo e la sua arte, quindi ho affrontato il testo col rispetto che merita un grande scrittore e un grande uomo.
Il protagonista senza nome, e’ un giovane giornalista che vive alla giornata, una giornata molto lunga se il suo lavoro non riesce a garantirgli un tozzo di pane quotidiano e se troppa generosita’ o noncuranza, gli fanno sperperare i pochi soldi che guadagna. Nei lunghi giorni tra un pasto e l’altro, la fame assume proporzioni preoccupanti, allucinatorie e le idee si sfaldano in rivoli che sfociano pericolosamente vicini alla follia.
Bellissimo libro del 1890 che come e’ giusto che sia, diede fama ad Hamsun, proiettando verso l’olimpo dei grandi della letteratura mondiale.
Hamsun e’ straordinario nel percorrere questi pensieri, tenendo costantemente sul filo il lettore che a sua volta vive la situazione come il protagonista, mantenendo un freddo distaccato mentre si scivola nel flusso di coscienza per sottolineare uno stato alterato della mente che sempre con maggior fatica s’aggrappa alla realta’ dei fatti.
Impossibile non tornare al lungo ed incredibile percorso compiuto da Martin Eden sulla via del successo e per entrambi i protagonisti c’e’ fame e privazione ma anche qualcosa di piu’ alto che li sostiene
Certo, Martin Eden ha dalla sua una indomita determinazione che non lo fa cedere di un passo innanzi le difficolta’ e anche quando potrebbe abbandonare tutto e tornare alla sua vecchia vita, egli sa di riuscire. Nel protagonista di Hamsun c’e’ maggior vittimismo, un abbandonarsi al fatalismo assente in Eden, forse piu’ comune a Fogg di "Moon Palace" di Paul Auster, per quanto in quest’ultimo vi sia un’inspiegabile inerzia qui assente, dove semmai e’ la contingenza di un lavoro che non si trova a creare problemi, oltre ad un’indole impropriamente generosa e leggera, poca pianificazione e mancanza di rigore, fortissimi invece in Eden. In questi paralleli non dimenticherei Celine e il suo alter ego Ferdinand Bardamu che piu’ per nichilismo che per una reale ambizione pregna di sacrifici, accetta una vita disagiata, condita da strane scelte dettate da orgoglio o pregiudizi oltre quanto ci si potrebbe attendere da un giovane dotato di talento.
L’invito alla lettura e’ quindi rivolto a chi non s’accontenta di leggere cio’ che e’ stabilito debba essere letto.
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