Il silenzio perpetuato mi ha prodotto quasi istintivamente talune analisi, che espongo, per gli stessi motivi per cui lo facevo prima del silenzio, e per lo stesso per cui continuerò a farlo in futuro: la voglia.
Si è parlato di vari temi politico - economici nell'estate triste appena trascorsa, e magari in futuro ne discuteremo. Tutti i temi, sempre gli stessi alla fine, sono riconducibili alla situazione di perenne crisi economica tracciata ormai nel solco della società odierna. Conscio come sono che la realtà materiale sia il più completo punto d'analisi, vi racconto di un aneddoto. Durante una lezione di Procedura Penale, materia non desueta come altre, il professore ha spiegato con novizia di particolari la struttura della Connessione. Sarò breve nell'esporvi il concetto, solo per non tediarvi con excursus giuridici. Nei fatti la connessione è uno degli “strumenti” (sarei già stato bocciato in sede d'esame per questo gergo per niente preciso ed appropriato) che serve per identificare il tribunale presso il quale un dato giudizio dovrà essere radicato e celebrato (ne esistono anche altri meno complessi). La connessione porta con se taluni paradossi, che si riverberano poi nella procedura penale, sotto disomogenei punti di vista. In taluni casi si potrebbe celebrare un processo a molti chilometri di distanza dal luogo dove il reato è stato commesso, solo perché vi sono circostanze (spesso altri reati) commessi in connessione a quello di cui stiamo parlando. Il tutto però non assicura una connessione certa in uno stesso processo. Per fare un esempio: <<Rubo un mezzo a Bologna, per fare una rapina a Cagliari: potrei essere processato a Cagliari, ma non necessariamente in uno stesso processo mi sarebbero imputati entrambi i reati ma semplicemente nello stesso Tribunale>>. Il senso di questo è macchinoso e nasce da esigenze pratiche e da legislatori moderni poco accorti. La spiegazione del professore era riuscita a farci entrare bene questo concetto in mente, talmente bene che subito l'Aula si era interrogata sugli svantaggi di questo arzigogolato iter. Gli svantaggi erano quasi palesi: ”tanto valeva fare il processo più vicino al luogo del reato se poi i giudizi dovevano comunque essere divisi”. In quel momento una ragazza, completamente in buona fede, chiede di potere prendere la parola ed esprime questdomanda: << professore, ma questo sistema non è dispendioso economicamente?>>. Domanda legittima, pertinente, interessante, che però mi ha lasciato abbastanza basito.
La questione, aveva messo al centro il costo, ovvero il denaro, dinnanzi alle questioni legate alla giustizia, che dovrebbero essere implicitamente esonerate da qualunque materializzazione. La ragazza, simbolo di buona parte dell'aula, aveva portato il tema della giustizia, ad un mero calcolo economico, patrimoniale. Le esigenze di un soggetto, che si presume innocente fino a condanna definitiva, passata in giudicato, che avrebbe dovuto sobbarcarsi le spese di trasferimento per esigere di assistere al proprio processo, ovvero per avere ragione di un suo diritto, erano scomparse. Magari erano state messe in gradini meno nobili della graduatoria dei valori civili. Ora quella ragazza non immagina neppure che su una semplice e banale frase avrei trovato spunto per costruirvi il mio ragionamento, ma è l'esempio emblematico di un imbarbarimento complessivo che la nostra società si è lasciata tatuare sulla pelle inebetita da paure, di volta in volta ingigantite.
Un pensiero che diventa atteggiamento poiché protratto negli anni.
In questo sistema tutto diventa relativo, tranne dei segni sui fogli. Tutto diventa carta da parati di un mondo infame.
Quali risposte poniamo al presente che ci interroga continuamente? Quelle più concrete si sono incarnate in paradossi politici. Da un lato la destrutturazione stessa della politica: la quasi totale incompetenza ed incoscienza ; dall'altro l'avventurismo di un gruppo che sta salvando soltanto quella carta da parati di cui abbiamo sopra discusso.
E' facile capire che i primi siano i protagonisti del movimento 5 stelle. Il tonfo alle elezioni europee ha dimostrato che bisogna sapere fare politica non solo per ottenere risultati elettorali, ma che quello che non si è prodotto vale molto di più delle denunce fatte o del bottino misero di qualche rivalsa. I ragazzi del 5 stelle, hanno alcune perle di diamante, poche, ma non sarà di certo un caso, che, almeno a livello nazionale, svetti quel Luigi Di Maio che ha un'esperienza politica pregressa e che è l'unico con una carica continuativa in seno ai palazzi del potere. Dall'altra parte della barricata c'è Renzi. L'ex sindaco di Firenze aveva due scelte: essere il nuovo Craxi od essere il nuovo Kennedy. Credo che sia abbastanza palese la strada intrapresa. Sono stato avverso al Renzismo dapprincipio, e quindi sono per taluni non oggettivo. Avevo intravisto limiti di un progetto che solo gli stolti non avevano individuato.
Quanto fatto e non fatto da Renzi fin qui è palese e doveva esserlo almeno, i politici veri dovevano accorgersene prima, dal 2011 (http://ivanoasaro.blogspot.it/2011/11/renzi-il-vecchio-e-il-nuovo-di-sicuro.html), e lo è stato durante tutto il suo percorso prima di sedere a Palazzo Chigi (http://ivanoasaro.blogspot.it/2013/12/renzi-la-parolaccia.html). Renzi può piacere e non piacere, e che piaccia ad alcuni, per via delle proprie idee è comprensibile, d'altronde ognuno vede il mondo a proprio modo, e non vi è la giusta via sempre. Renzi è quella cosa li, quella cosa che ha i propri connotati e non può essere cambiato ne scambiato. L'attuale presidente del consiglio, per via della propria forza, della propria strada, aveva la possibilità di puntare molto più in alto, di imporre una nuova realtà, fuori dagli stereotipi di quella sinistra che lui aveva sdoganato, ma sempre partente dal basso. Renzi aveva la possibilità di puntare la rotta verso una società più giusta, una società che si rigenera e non si guardi nel listino della finanza. Sono fantasie? No, sono scelte. Una società più equilibrata e produttiva, una società più valente non parte dai criteri che qualcun altro per vent'anni ha provato a propinarci. Una società moderna deve avere cognizione della realtà.
Riconosco che sto facendo, e mi piace farlo, molta filosofia. Veniamo al dunque adesso.
E' legittimo discutere se l'art. 18 vada o meno tolto, rimodulato, rafforzato. Va discusso, e se ne discute. Ma io vorrei partire da un altro dato. Com'era il mercato del lavoro quando le garanzie, per il lavoratore privato erano inferiori? Era certamente peggiore. La stagione delle conquiste aveva creato quella classe media che trainava l'Italia. E' stato l'ultimo quindicennio con il proliferare dei contratti che favorivano i datori di lavoro a “precarizzare” il mondo professionale. Quando si dice che si vogliono dare possibilità ai giovani, quando si usa la parola futuro, l'analisi deve essere attenta e precisa. I giovani, e ce lo insegnano proprio i paesi più sviluppati, non devono avere i diritti dei propri padri (chiamarli ancora privilegi è abominevole), devono avere i loro. La serenità di un giovane, la voglia di provarci, nasce dalla sicurezza di avere un porto sicuro alle spalle, di avere una famiglia che assicurerà un pasto ed un tetto, ed in sostituzione di essa ci deve essere lo Stato. Lo strumento che deve essere assicurato al giovane non deve essere un “vecchio avversario più precario”, ma una preparazione maggiore, oggi raggiunta soltanto per i sacrifici di quella famiglia che si vuole smontare.
Ivano Asaro