Tanto per lasciare traccia di questi giorni di "pausa" natalizia.
Cade la neve e le luci dell'albero ci rallegrano, scartiamo i doni davanti al camino mentre i bimbi fanno a palle di neve in cortile e qualcuno intona Jingle Bells al pianoforte.
Non proprio: purtroppo il Natale medio-borghese statunitense in villette unifamiliari che ci propinano in tv in questo periodo ha finito in parte per sovrapporsi alla mia immagine mentale del Natale.
Qui è tutto abbastanza normale, e non posso che essere grata di ciò.
I pensieri più affannosi li ho lasciati a qualche centinaio di chilometri da qui. Funziona, per brevi periodi, ma dopo qualche giorno, a tratti, si riaffacciano, col loro carico di sospiri.
Io e Mimi siamo a casa di nonna a svernare le feste, Hasuna è ritornato al suo lavoro ingrato e ha già iniziato a mandarmi segnali di insofferenza per telefono.
Mimi è divisa negli affetti e mi chiede quando torna il suo babbo? Io le dico che tra qualche giorno andiamo da lui.
Quando è l'ora di fare la nanna la sera le prende l'attimo di magone quotidiano e mi dice che vuole andare nella sua cada, a dormire nel suo letto, e io mi stupisco dell'attaccamento ad una casa che io continuo a considerare quasi al pari di una condanna del destino, vista l'impossibilità o l'incapacità cronica che ho verificato nel tentativo di lasciarla. Ma è la sua casa, è giusto che lei la senta sua, i suoi ricordi sono lì, le sue abitudini, le sue sicurezze.
Tuttavia mi piace che lei si possa sentire a casa, in famiglia, anche in un altrove che fa sentire me così al sicuro, che lei possa avere una seconda possibilità di ritrovare e ritrovarsi in un ambiente suo, che parli di lei e dei suoi affetti, dei suoi ricordi più antichi, più primordiali, i cui scorci interni porterà dentro come immagini fugaci di un passato remotissimo anche quando la sua vita sarà altrove, e lei non avrà più bisogno di sentirsi al sicuro, nel suo letto, per poter addormentarsi serenamente, anche quando vorrà conquistare il mondo e il mondo intero le sembrerà poter diventare la sua casa.
E io? Io sto un po' sotto un treno: smaltisco raffreddori che credevo scampati da promiscuità con infanti mocciolosi, mi faccio di oscillococcinum, sforzandomi di convincermi che stia facendo effetto, tossisco fuori dal petto i polmoni, passo le notti a rigirarmi su svariati materassi, alla ricerca disperata di quello che rechi il maggior conforto o il minor incomodo alle mie costole e alla mia pancia gravida, rimiro giornate brillanti d'un terso dicembre da dietro i vetri delle finestre di casa, riallaccio a fatica vecchi rapporti con vecchie conoscenze, mi concedo il lusso di guardare qualche film casalingo, mentre lei razzola sul parquet della spaziosa e coibentata casa della nonna intrattenendosi con oggetti e persone, libri nuovi e vecchi ritrovati, intona canzoni a disco rotto e si sdilinquisce in esclamazioni di meraviglia e ammirazione per i dipinti alle pareti, per gli uccellini di polistirolo agganciati ai rami dell'albero, o per pupazzi reduci di altre epoche riesumati in qualche scatolo e riscoperti pincipi o pincipezze, fa razzia di succhi di frutta in dispensa e delle statuine del presepe.
E la panza? La panza in breve lasso di tempo mi è diventata importante appendice, non sempre confortevole da portarmi appresso.
Colei che la abita ha ricevuto il battesimo della sorella maggiore, e attualmente si presta all'appellativo di "Noemma", nato per una spiritosaggine di Mimi, assurto agli allori del generale riconoscimento come nick-name ufficiale momentaneo per la sua ostinazione pervicace, e in assenza di un valido sostituto più convincente. Del resto non voglio nemmeno fermarmi a rievocare le balzane proposte di possibili nomi passati al vaglio quando noi si aspettava Mimi.
Abbiamo ancora tre gettoni delle giostre da sfruttare prima della partenza, e prima o poi mi metterò d'impegno a uscire di casa una mattina di buon ora per una salutare passeggiata quartiere quartiere, destinazione giostrine.
Ancora un buono di compleanno per vestiti da mamma da utilizzare presso il più vicino centro commerciale, e la ferma determinazione a farmici portare da mio fratello sempre una mattina, onde evitare il caos oceanico umano del post-regali natalizi. Già lo so che sarà un massacro.
E tanti propositi di persone da sentire, forse da vedere per le feste, che mi sembrano destinati a sfumare nel nulla di fatto, visto lo stato di inerzia perniciosa in cui sono piombata, panza influenza e stanchezza esistenziale concorrenti.
Ma sto bene. La nonna gestisce spese e pasti. Amiche vengono in visita a darmi piacevoli annunciazioni, il mondo intorno a me si popola di nuove vite. Azzardo cene con antiche conoscenze che finiscono in after hour per Mimi che si dopa di protagonismi e rientriamo a mezzanotte io con le crisi di coscienza e lei con gli occhi cerchiati di blu e i bioritmi tutti sballati. Tentiamo senza buon esito blitz al cinema che si risolvono in file di mezz'ore alla biglietteria, posti esauriti, prospettive terrificanti di virare su Isoliti idioti o Antonio Albanese, ovviamente scartate a priori, quarti di pizza al fast food del centro commerciale (questa è la vita metropolitana, gente).
Mimi fa dichiarazioni d'affetto ai suoi "peluch", continua a ricevere doni rateizzati, mi dice che lo zio Cicci è un ragazzo piccolo e che lo zio Ergino "semba un pincipe". Le piace scovare visi noti nelle fotografie esposte per casa e riconoscerci "Te da piccola" o nonna, quasi sempre invertendo o confondendo identità e ruoli. Aspetta Biola che venga a giocare con lei "con la cucina di nonna" e poi fanno insieme un gioioso casino. E' affascinata dalle poppate di Tebazziano che ha le mani piccole, mentre lei le ha g'andi.
Ha preso il telefono e ha chiamato Nonno Mauo: chissà se lui le avrà risposto?