Assunta Finiguerra c'ha lasciato poco più d'un anno fa, il 2 settembre 2009. I due libri postumi pubblicati da due diversi editori (Mursia e LietoColle), una buona opera comunque, non bastano a farci svilire la forma più amara dell'assenza. Perché manca tutto l'anima sentimentale della poetessa Assunta Finiguerra. Nonostante rimarrà la sua parola. O almeno parte d'essa. Come, tra le altre cose, fa intuire il poeta, anch'egli dentro il 'dialettale', Franco Loi. E disistima a parte e in generale per la stessa poesia in dialetto, dunque, i versi di Assunta Finiguerra da San Fele, provincia di Potenza, c'hanno insegnato a non snobbare l'espressione in lingua regionale. In lucano per dire. Che la Basilicata, in effetti, a mille rivoli di dialetto eppure sonorità che altri avevano tentato persino d'offrire, in un passato più remoto, al mondo intero. Qualche anno fa, tra le altre cose, Assunta Finiguerra, prima d'essere bloccata e martoriata dalla malattia, decise d'accettare l'invito e/o proposta di fare da giurata al Premio Letterario “La città dei Sassi”, di Matera. Occasione per la quale accettò con garbo e durante la quale ci stette vicino con forza e attenzione/i. Ora che LietoColle, editore da sempre amico della Finiguerra, ha deciso di dedicarle questo importante volume, ma che è essenzialmente un omaggio alla poesia di qualità, alla vera poesia, ci si trova difronte a un corpo di testi che vedono tornare le 'dadate' sillogi “Rescidde” e “Solije”, insieme agli inediti componimenti dell'eponima “Fanfarije”. E prima di soffermarci proprio su quest'ultima, è necessario ricordare che tra le diverse pubblicazioni in vita, Finiguerra ci lasciò una trascrizione-trasposizione nel suo dialetto del nazionale “Pinocchio” (LietoColle). “È sscesë a lunë indë Sandë Félë / rë cchianë nda rë vvijë forë i pannë / restënë a gguardà i cuorvë ngiélë / ca strafochënë ciacëlijannë.” (È scesa la luna dentro San Fele / i sassi nelle vie fuori dai panni / restano a guardare i corvi in cielo / che si alimentano ciarlando”. Diceva un tempo la poetessa. A boccate d'irriverenza. Chissà, per esempio, tanto per ricominciare, se il suo Dio (invocato e fatto ballare) l'ha trovata davvero 'vestita' da “capro con il cuore di agnello”. Inutile parlare, citare, testimoniare i riconoscimenti ricevuti dalla poetessa di San Fele. Dunque meglio perdersi in “Fanfarije”. Che abbiamo in mano, tra l'altro, grazie al lavoro meritorio di Diana Battaggia: già vicina all'autrice lucana in molti momenti. Nella memoria presente d'endecasillabi accovacciati nell'intimità universale, frustata dalla tristezza, dal dolore dalla malattia pigliamo il sorriso della provocazione. Il gusto dell'ironia onirica. Dove il sesso è 'forzato'. Forzoso. Perché naturale è, per aggiungere, messo a contrasto della sofferenza. Ma a mo' di provocazione altissima, dunque. E Assunta Finiguerra ci spiega come nonostante il corpo a corpo, anima ad anima persino, con la morte intravista dalle finestre mezze abbassate, si possa creare versi alle quali il mondo intero deve abbeverarsi. Che le sonorità, su tutto assonanze e consonanze, quando non proprio rime, sbriciolano lo stesso muro del sanfelese per entrare nelle lingua italiota: mai così vissuta, infine, da galli e da gente (ambiente) comune. In nome d'una reale liricità. Le lettere italiche dovrebbero dare di più alla poetessa Assunta Finiguerra. Oggi, per giunta, che sapendo quanto nella vita finita presto aveva detto ci si dovrebbe accorgere dell'incisività di poesie indietro e avanti al tempo, accovacciate nel presente cangiante. I componimenti di Assunta Finiguerra, ognuno dei suoi testi, ci riferisce almeno una parola imperdibile. Indimenticabile.
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Fanfarije, di Assunta Finiguerra. Prefazione di Franco Loi (LietoColle). Intervento di Nunzio Festa
Creato il 27 ottobre 2010 da StefanodonnoPossono interessarti anche questi articoli :
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