Vorrei scrivere sempre così, con questa voglia di farlo che mi direbbe di non pormi un limite, di evitare punti. Vorrei scrivere sempre con questo stesso entusiasmo, con questo orgoglio dentro che mi fa innamorare come la prima volta, del Cinema Italiano.
Dovrei aver vissuto questi miei trent'anni negli '60, oppure dovrei avere a portata di mano una sfilza di titoli che riportino esattamente lì. In un periodo storico e artistico che, cinematograficamente parlando, ha davvero reso memorabile il nostro cinema. E la prima cosa che mi viene in mente, sono le sceneggiature scritte a più mani, quelle che mettevano insieme le menti e le penne di grandissimi autori italiani. Ennio Flaiano, Ettore Scola, Age & Scarpelli, Monicelli, Rodolfo Sonego, Pietro Germi e tanti altri davvero.
Oggi mi vorrei fermare due minuti, su una commedia unica nel suo genere, perché di tutte quelle viste fino ad oggi, mai nessuna era stata in grado di somigliare a un'opera comica e surreale al tempo stesso, che tocca le corde del dramma e della fantascienza, della satira e del male di vivere degli uomini.
Fantasmi a Roma è un film di Antonio Pietrangeli, del 1961, sceneggiato da Sergio Amidei, Ettore Scola e Ennio Flaiano (per dire). Nonostante gli anni, la commedia è pregna di una vivissima attualità, che bene si sposa con i problemi legati a "noi" uomini contemporanei. La solitudine, la menzogna, le verità di comodo, la corruzione, la speculazione edilizia, la vita e la morte.
In questa palazzina della vecchia Roma, vive Annibale di Roviano, un vecchio principe rimasto solo (Eduardo De Filippo), tanto a lungo da imparare a convivere con un gruppo di fantasmi. Questi, si muovono all'interno del palazzo con fare un po' settecentesco, indossando gli abiti al passo con i loro tempi ormai andati e con i volti ricoperti di bianco. Sono fantasmi mica qualunque. Marcello Mastroianni è il libertino del 700, Sandra Milo una donna morta suicida a causa di pene d'amore, Tino Buazzelli è invece Fra Bartolomeo, un povero frate morto avvelenato. Poi c'è il piccolo Poldino, e ad arricchire la combriccola "un tale" Vittorio Gassman nei panni del pittore Giovan Battista Villari in arte "il Caparra".
I fantasmi si batteranno affinché la palazzina, quindi la loro casa, non venga demolita per essere sostituita da un supermercato. Nel frattempo anche il povero Annibale raggiungerà i suoi amici fantasmi, lasciando il posto e la decisione ultima e definitiva sulle sorti della casa, al nipote Federico (interpretato dallo stesso Mastroianni, il quale nel film ricopre tre ruoli).
Il fascino del film sta nella semplicità e nella bravura magistrale di attori i quali, con un po' di bianco in faccia, potevano permettersi di muoversi davanti alla macchina fingendo di essere fantasmi, e risultare credibili. Nel 1961 pensare a una commedia del genere era davvero difficile, così come sarà stato complicato farsi capire dal pubblico di allora, disabituato al fantasy, al grottesco portato nella commedia. Il soggetto è divertente, brillante e pieno di situazioni originali. Lo sono ancora oggi a distanza di più di cinquant'anni.
Guardi questi film e ritrovi un cinema che a volte si nasconde dietro la polvere, come le vecchie cose in soffitta, che ti devi trovare da solo perché nessuno più te ne parla o si preoccupa di rammentarti la loro esistenza. Anche se così preziosa.
E la magia, il dono più grande è ritrovare un Gassman nel suo pieno splendore intento a fare il pittore un po' ribelle, un po' sopra le righe. E si ama di lui ogni piccola smorfia, ogni piccolo o eclatante gesto da attore teatrale e le sue memorabili battute: "Caravaggio l'animaccia sua!".(Il Caparra non si può non amarlo, tra l'altro nel film si affronta pure la questione del critico, d'arte in questo caso, "o fasullo o corrotto", tipo quello che prenderebbe facilmente un Caparra per un Caravaggio...).
Tutto ci porta a credere che, Ferzan Özpetek con il suo penultimo film, abbia voluto rievocare tutta questa meraviglia e, nonostante io non abbia apprezzato il risultato finale, ne ammiro il gesto. Perché così dovremmo fare un po' tutti, ispirarci alle grandi cose che il tempo tende per sua natura a nascondere. Trovare la bellezza, soffiare via la polvere, convivere tutti i giorni con una magnifica presenza.
P.S. musiche di Nino Rota.