Fare rete (e cultura)

Creato il 21 marzo 2013 da Spaceoddity
Ho una rubrica del telefonino che don Giovanni mi fa un baffo.
Agli incontri sono sempre circondato da graziose donzelle e colleghi, mi presento sempre a modo - preparato come posso - ai vari corsi di aggiornamento e aggiungo su Facebook e su Twitter ogni persona che possa dire qualcosa di personale sulla letteratura o su ciò che mi interessa. Sono un latin lover delle conferenze.
Ogni volta è la stessa storia, corteggiamenti facili, rapidi scambi di intese e di numeri, poi nulla.
Si ha un bel dire che oggi la cosa essenziale è fare rete, cosa vuol dire fare rete per chi avanza ottime intenzioni e pretese culturali, se non formule vuote o maneggi politici o deliri di potere? Lo so bene, non è stato altro il dottorato e l'università non può far altro che scongiurare ogni tentativo di aggregare persone con comuni interessi di ricerca.
Cosa si deve fare, allora, perché una rete sia quella che si tesse e non quella in cui si cade?
Come si possono attivare processi per cui le buone occasioni fornite da realtà come la casa editrice Palumbo siano più che mero presenzialismo o scambio di contatti? Esisterà pure un modo per far rete, superare barriere geografiche e architettoniche senza chiudersi in un salotto settecentesco o vanificare l'atto dell'incontro in noiose giaculatorie.
Forse gli incontri al buio sono più fecondi di questi melensi appelli alla reciproca fedeltà.