Sono perciò fermamente convinto che, considerare l’Islàm tout court come un nemico, non sia solo frutto di un ragionamento errato, fondato su pregiudizi e stereotipi, ma soprattutto un errore politico. Anzitutto, l’Islàm è una galassia la cui complessità sfugge alla nostra comprensione. Mi riferisco alla suddivisione tra sunniti e sciiti, che rappresenta la principale (non l’unica) divergenza dottrinale. Intendo però anche la differente concezione di pensiero tra chi decide di vivere nella modernità (che non significa necessariamente stile di vita occidentale) e chi invece vuole impedirlo con ogni mezzo.
Il “nemico” non è dunque rappresentato dalla popolazione musulmana (più di un miliardo e mezzo di persone sparse nel mondo intero). Il “nemico” non è il Corano che, come la Bibbia, è un’opera sgangherabile - composta di migliaia di mattoncini come il Lego - aperta a infinite interpretazioni - sovente contraddittorie. I musulmani praticanti sono circa il 10%, percentuale che si avvicina a quella dei cattolici che vanno regolarmente in chiesa: quanti di loro conoscono a fondo il Corano? Certamente non più dei cristiani che hanno letto la Bibbia. Pochi, dunque.
Il vero nemico è una deriva drammatica che alcuni intellettuali (Carlo Panella tra questi) definiscono fascismo islamico. Bernard-Henry Lévy osserva che esso si presenta sotto presunte vesti religiose mentre ha tutti i caratteri totalitari, razzisti e bellici propri del fascismo. La religione è semplicemente il pretesto che muove la mano dei gruppi fondamentalisti, composti per lo più da disgraziati agitati da demoni schizoparanoidi che gli strateghi del terrore addestrano, armano e mandano a uccidere. Teniamo invece presente che, dietro i progetti di attentati e attacchi terroristici, sta una vera e propria filosofia di management. Le risorse economiche necessarie a organizzare attentati e attacchi vengono finanziate da fondi e donazioni provenienti dagli emiri del Golfo Persico.
Se si smettesse di generalizzare, di considerare l’Islàm causa di ogni male ma si cominciasse a usare la definizione di fascismo islamico, l’idea schizoparanoide (avrebbe detto Melanie Klein) di scontro tra civiltà potrebbe lasciar spazio a interventi finalmente efficaci. Combattere con tutte le forze disponibili (anche militari) le sorgenti del fanatismo, certamente. Ma anche rafforzare il dialogo con le componenti moderate del mondo musulmano (che sono largamente rappresentate). E, non da ultimo, agire secondo i principi democratici che fanno parte della nostra cultura “occidentale”, puntando a politiche di accoglimento e integrazione che ripristinino la legalità e la convivenza civile contro le forze oscure della distruttività umana.
(Fotografia scattata a Damasco il 5 agosto 2008)