Fast Food Nation

Creato il 05 settembre 2011 da Sostiene Pereira...
"La verità è dura da digerire, ma tutti noi dobbiamo mangiare la nostra dose di merda". Credo che stia in questa frase espressa da Bruce Willis ad un certo punto del film, seduto al tavolo di un fast food mentre ingolla con gusto un "ottimo" hamburger, in un efficace cammeo, a definire il senso di ineluttabilità che alla fine sovrasta i vari protagonisti del film di denuncia di Linklater, come il testo di riferimento cui si ispira, che tenta di assestare un suo personale e forse poco conosciuto, colpo al cuore di una delle industrie più redditizie del paese della Libertà.Gli hamburger contengono merda? Beh, dove sta il problema, la carne tanto poi viene cotta e quel sapore non lo sentirai mai, perché volerlo sentire ora, perché volerlo assaporare? In fondo quella dose di cui parlava Willis la ingurgitiamo prima o poi nella vita di tutti i giorni e se un sistema funziona bene, perché rovinarlo per forza?Linklater fotografa diverse storie legate tra loro da fili invisibili che si incrociano, a volte lasciando un senso di smarrimento nello spettatore, che non sembra intravedere una comunanza così forte, se non quella del panino per eccellenza che le lega tra loro, dal marketing promozionale, alla realizzazione del prodotto, sino alla sua messa in vendita al minuto.Il regista non offre molte speranze ai suoi protagonisti, su cui aleggia sempre un alone di tragedia o dramma incombente, come la sconfitta che li relegherà in alcuni casi a condizioni di marginalità e sofferenza, in altri casi a semplice sconfitta e conseguentemente ingurgitamento della merda di cui si diceva.Interessante, seppur si potrà dire anche scontato, il parallelo tra la carne da macellazione per la produzione degli hamburger e la carne umana proveniente dal Messico, quale prodotto anch'esso da lavorare e sfruttare all'interno di quell'industria, che il coscienzioso Greg Kinnear tenterà di risollevare andando a porre rimedio ad un sistema che pare non essere così cristallino, come da lui stesso immaginato, fino a scontrarsi con la filosofia da consumatore consapevole nonché parte del sistema produttivo stesso, appagato dal suo funzionamento, rappresentato dal bravo Bruce Willis, che nell'ingurgitare con piacere e avidità il Big One, oggetto del film, sciorina verità scomode e consigli efficaci per evitare lotte donchisciottesche, come dimostra la sconfitta anche dei giovani idealisti, un po' sprovveduti e abbattuti anch'essi, come le stupide vacche, cui vorrebbero regalare una coscienza sociale e una scelta di libertà ormai impensabile.

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