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&appId;&version; TweetAvete presente la rabbia nervosa che vi assale quando cercate qualcosa di immancabilmente vitale, senza trovarla nelle immediate vicinanze?
Ricorderete sicuramente la tremenda sensazione di oppressione, che assale l’animo e il cervello e impedisce di applicare una qualsivoglia volontà alle vostre azioni. Agite come leoni in gabbia, alla ricerca di un oggetto che sembra prendere vita nell’esatto istante in cui vi necessita averlo. Prende vita e fugge via, nascondendosi nei meandri del vostro salotto e voi, coscienti che è lì, che DEVE essere lì, vi innervosite come solo in queste
situazioni capita. E, manco a dirlo, la maggior parte delle volte l’oggetto si dimostra improvvisamente dotato di un’intelligenza superiore alla vostra: s’è nascosto talmente bene che non riuscite a trovarlo neanche buttando all’aria tutto il salotto. E la rabbia sale, sale, sale. A quel punto l’unica soluzione che il vostro incazzatissimo cervello riesce a trovare è chiamare un parente, un amico, un passante, che vi possa dare una mano e
magari indicarvi la soluzione dell’enigma (che, dimostrandosi di una semplicità sconcertante, non fa altro che farvi incazzare ancora di più). E così, sempre più incazzati, nervosi e frustrati, trovato finalmente l’oggetto dei desideri, lo squadrate per ore quasi a volergli comunicare messaggi cifrati di morte, di odio e di dolore.
Recuperate quella rabbia, vi servirà a capire.
Bene. Ora che ce l’avete d’avanti, quell’odio profondo, potete finalmente immaginare la scena. Un salotto con un gigantesco divano a elle, due poltrone e un tavolino. Divano e poltrone in pelle rosso sangue, tavolino di colore nero. Tappeto persiano che ricopre tutto l’ambiente, televisore acceso appoggiato sul mobile-libreria (di colore nero, in pendant con il resto del mobilio). Pareti colorate di rosso scuro, porte e infissi di colore nero.
Penserete: che fantasia, questo signore! Tutto rosso e nero!
Ma eccolo che entra in scena: smoking nero, camicia rosso sangue, cravatta nera. Baffi folti alla Freddie Mercury, sopracciglia nere come la pece, capelli ricci e lunghi fino alle spalle, occhi leggermente a mandorla. Carnagione scura, occhi grandi ed espressivi come pozzi profondissimi.
Sarete sicuramente curiosi di sapere di chi si tratta. Se ci pensate bene, la soluzione appare più semplice del previsto.
Rullo di tamburi, fiato sospeso e… Vi presento lui, l’inimitabile, l’inconfondibile, il cattivissimo… Signor Satana.
Si, è proprio lui. Non ci crederete mai, ma anche al signor Satana capita di perdere oggetti. E vi lascio immaginare quanto la sua rabbia possa nuocere alla salute altrui.
Il signor Satana si aggira per il salotto, alla ricerca dell’oggetto più invisibile e dispettoso del creato: il telecomando.
La televisione non fa che aumentare il suo nervosismo: è accesa e sintonizzata su uno dei salotti televisivi che tanto piacciono a casalinghe annoiate e vecchietti rincoglioniti.
C’è la conduttrice che sorride, chiedendo all’ospite a sorpresa di accomodarsi sulla poltroncina posta in mezzo allo studio. L’ospite entra, radioso, si accomoda e inizia l’intervista. Un dialogo di una noia mortale, racconti di esperienze esistenziali clamorosamente vacue, problemi familiari risolvibili nel giro di cinque minuti, momenti
di commozione studiati a tavolino.
“Queste sono le interviste, al giorno d’oggi. Ma la gente non si stanca di vedere questi personaggi televisivi che parlano di problemi inesistenti, di diete dimagranti e di pettegolezzi da dietro-le-quinte?”, pensa incazzato il signor Satana.
Intanto la fantomatica star del cinema si sta cimentando in una patetica e fintissima risata. La conduttrice, attrice di livello decisamente superiore, sembra addirittura credibile. Ridono come oche entrambe, anche se fino a cinque secondi prima l’argomento trattato era la fame nel mondo.
“Non capisco perché la gente continua a guardare questa merda”, pensa il signor Satana.
Intanto del telecomando nessuna notizia: pur avendo gettato in aria i cuscini del divano e delle poltrone, sollevato il tappeto, ribaltato il tavolino, del maledetto aggeggio nessuna traccia.
Dalla tv intanto arriva ancora la voce della conduttrice, che ha appena buttato fuori la star del cinema. Dichiara contentissima che dopo appena pochi minuti di pausa, sarebbe ritornata insieme ai telespettatori per parlare del nuovo e tragico caso di cronaca nera.
“E rieccoci”, pensa il signor Satana, “Devo assolutamente trovare il telecomando prima che questa papera oscena riprenda a parlare. La odio con tutto il cuore!”
Al che il signor Satana solleva il divano, ma scova solo residui di patatine che dovevano risalire all’ultimo festino che aveva dato, insieme a Miss Erzébet Bathory. La dama nera, antica e impunita serial killer, era una delle sue più frequenti compagnie. La adorava: era pervasa da una cattiveria genuina, palpabile, fiera. Non come quella conduttrice tv, che di cattiveria pure se ne intendeva.
Il signor Satana recupera i residui di patatine e rimette a posto il divano. La pubblicità della nuova supposta effervescente lo infastidisce più del solito. Inizia a incazzarsi per davvero. Prende i cuscini e li pugnala, facendo uscire le migliaia di piume soffici che li rendevano così confortevoli. Quando la stanza è ormai piena di piume e pervasa dall’odio quasi palpabile del signor Satana, lo stacchetto musicale del programma tv fa esplodere definitivamente la rabbia.
Il signor Satana prende a urlare, lanciando fiamme distruttive dagli occhi e fumo nero dalla bocca. Immediatamente subentra l’assistente del signore del Male, un uomo piccolo e insignificante che racchiude dentro di sé una malvagità irripetibile. Il signor Satana lo aveva scelto come braccio destro grazie alla fama che aveva avuto da vivo: incriminato, perseguito e accusato di svariati reati, nonché importante uomo politico a livello internazionale, il signor Pilvio aveva agito per tutta la vita seguendo l’istinto malvagio che era stato instillato dentro la sua anima. E così facendo s’era guadagnato tutta la simpatia e la stima del signor Satana, che lo aveva così scelto come servitore numero uno e consigliere una tantum.
“Mio signore, cosa succede?”, chiede Pilvio, preoccupato.
“NON TROVO IL TELECOMANDO, CAZZO!”, urla il signor Satana.
“Ora vi aiuto io, signor padrone eccelsissimo!”, dice Pilvio piegandosi ripetutamente in gesto servile.
Intanto la conduttrice tv ha ripreso a blaterare idiozie. La tv s’è miracolosamente salvata dall’attacco iracondo del signor Satana. La stanza, infatti, è ormai fumante e semi distrutta. Mentre Pilvio mette sotto sopra il salotto, il signor Satana rivolge la sua attenzione alla conduttrice tv. Ella sta appunto parlando di una disgrazia avvenuta qualche settimana prima: una ragazzina era sparita dalla circolazione e nessuno riusciva a trovarla. La conduttrice e i titoli visibili in sovra impressione promettono di svelare chissà quale segreto riguardo la faccenda. La conduttrice ha assunto un’aria triste e pietosamente dispiaciuta, come se le avessero appena comunicato che la ragazzina in questione è sua figlia.
“Ma chi è questa baldracca?”, chiede il signor Satana a Pilvio.
Pilvio smette di frugare in ogni anfratto della sala, guarda la tv e sbuffa indispettito. “Quella è la Tartara, mio signore.”
“E chi sarebbe?”
“Una che sta simpatica a molti telespettatori, mio signore. Sfrutta le tragedie della gente comune per fare notizia e tenere le persone azzeccate alla tv. Guadagna un sacco di soldi, in questo modo.”
“Ah, capisco. Quindi decanta tutte queste notizie, che suppongo siano vere, solo per soldi? Sembrerebbe davvero dispiaciuta, ora”, dice il signor Satana indicando lo schermo. Dentro di sé, il signor Satana trattiene la furia iraconda che la visione gli suscita.
La conduttrice sta infatti raccontando il momento in cui la ragazzina era scomparsa, quasi con le lacrime agli occhi. Davvero una buona attrice.
“Ma quale dispiaciuta e dispiaciuta… Credete a me, mio signore, che io di queste cose me ne intendo. Pure io sfruttavo le miserie umane per fare soldi, e quella è fatta della stessa pasta. Me ne intendo di queste cose, io.”
“Vorresti dire che non sono anch’io un intenditore, Pilvio?”, chiede il signor Satana. Agita la mano e, come per magia, il divano si ricompone: le piume ritornano nei rispettivi cuscini, i cuscini ritornano nei rispettivi e appositi spazi. Il signor Satana si accomoda, incuriosito ma ancora incazzato nero.
La conduttrice ha appena annunciato l’ingresso di un ospite a sorpresa.
“No, no! Assolutamente no, mio signore!”, squittisce intanto Pilvio. Non ha proprio intenzione di far incazzare il signor Satana, già notevolmente nervoso. Dalle orecchie, infatti, fuoriesce un filo di fumo nerastro che sta impestando la stanza. Segno che la rabbia sta caricando sempre di più.
“Ma dimmi un po’, Pilvio- smettila di frignare, immediatamente! La signora Tartara, o come si chiama lei… L’ho per caso messa sotto contratto?”
“Eh… Mmmh… No, mio signore. Non l’abbiamo mai contattata, se non erro.”
“Quindi tutta questa cattiveria è pura farina del suo sacco? È tanto stronza senza aver bisogno di un aiutino da parte del signore oscuro?”
“Così sembra, mio signore.”
“Allora dobbiamo assolutamente contattarla, Pilvio. Chiamala immediatamente al mio cospetto!”
Intanto la conduttrice ha presentato un uomo, il padre della ragazzina scomparsa. L’ha lasciato parlare dei tremendi momenti che stavano vivendo, lui e la sua famiglia. L’ha ascoltato mentre lanciava un disperato appello a chiunque avesse visto o sentito la ragazzina. La conduttrice si intromette chiedendo al regista (o al fonico, uno qualunque) di portarle gentilmente un pacchetto di cleenex. È infatti scoppiata in lacrime, ma lacrime controllate, lacrime strategiche. Il padre della ragazzina non può far altro che piangere, a quel punto, e così avviene.
Dopo un breve momento di imbarazzo tutto il pubblico, compreso il pubblico a casa, si trova sfornito di fazzolettini in cui racchiudere preziosissime lacrime.
La conduttrice, ripresasi in un istante, dichiara che la notizia che stavano per dare in diretta tv era un’esclusiva assoluta.
“La convoco adesso, mio signore?”, chiede Pilvio, che intanto s’è accostato al telefono.
“Aspetta un attimo, fammi vedere cos’ha da dire, sono troppo curioso.”
La conduttrice si alza in piedi e scorta verso la seconda poltroncina degli ospiti un secondo uomo, serissimo. Tutti si accomodano e la conduttrice prende a spiegare che l’uomo è il capitano dei carabinieri del paese della ragazzina. Annuncia che egli ha importanti novità da dichiarare e gli lascia la parola. L’uomo si presenta, si dimostra
dispiaciutissimo per quella situazione e soprattutto per la notizia che deve dare in diretta tv a tutto il mondo. Spiega che avrebbe preferito una maggiore riservatezza, ma per cause che non potevano essere esplicate, aveva dovuto accettare.
“La ragazzina, sua figlia”, dice il capitano indicando il padre ancora in lacrime, “è stata ritrovata stamattina.”
Il padre salta sulla sedia, sconvolto. La conduttrice segue attentamente.
“Ehm…”, dice il capitano.
“Perché non mi avete avvertito? Adesso dov’è? Sta bene?”, spara a raffica il padre distrutto.
“Ehm…”, dice il capitano nell’imbarazzo generale.
La conduttrice subentra in suo soccorso.
“Capitano, la prego, prosegua con il suo racconto”, dice con un espressione distrutta.
“Ecco… Sua figlia è stata trovata in un canale di scolo, questa mattina. Qualcuno l’ha brutalmente assassinata. Ma prima è stata stuprata e torturata, infine gettata lì dove ho detto. Mi dispiace.”
Uno strano silenzio aleggia sullo studio e nelle case dei telespettatori.
Poi la trasmissione viene interrotta, perché il padre non reagisce proprio bene alla notizia e aggredisce il capitano.
“La voglio immediatamente qui, ora!”, sbraita il signor Satana.
“Subito, signore!”, risponde Pilvio.
In una nuvoletta nera di fumo, appare la conduttrice tv. Sembra stranita, confusa.
“Signora Tartara, la prego, si accomodi”, dice il signor Satana.
“Ma… ma… dove mi trovo?”
“Lasci che mi presenti…”
“No, mi scusi, ma io ho da fare. Devo condurre un programma importantissimo e non ho tempo da perd…”
Prima che possa concludere, il signor Satana fa un leggero gesto della mano e la obbliga a sedersi su una delle due poltrone. La conduttrice pare capire che si trova al cospetto di un uomo potente, in grado di operare magie vere (non come quelle che adorava mettere in scena durante il suo programma tv).
“Signora Tartara, carissima”, inizia il signor Satana, con le orecchie ancora fumanti, “Sono lieto di accoglierla nella mia umile dimora.”
“Grazie mille, signore. Ma vede, io sono una donna molto impegnata, non ho proprio tempo per…”
Il signor Satana non la lascia terminare il concetto.
“Lei è un’attrice superba, signora Tartara. Una vera stronza egoista e menefreghista. Una baldracca che sfrutta il dolore della gente comune, mettendolo al cospetto di insensibili telecamere e altrettanto insensibili telespettatori. Lei è una vera, genuina, stronzissima seguace del maligno.”
“Ma assolutamente, no! Signore, io non so chi lei sia, ma non le permetterò di offendere ancora la mia persona!”
La conduttrice sembra davvero offesa. Il signor Satana non ha difficoltà a capire che la donna sta mettendo in scena uno dei suoi soliti teatrini. Intanto alla tv continuano a dare la pubblicità, probabilmente perché non riescono a trovare la conduttrice da nessuna parte (neanche nei cessi, a vomitare, come accade spessissimo).
“L’ho convocata qui, al mio cospetto, per proporle un piccolo accordo. Guardando lo squallido programma che conduce”, dice il signor Satana, ignorando le parole di rimostranza sussurrate dalla conduttrice, “ho notato in lei ciò che ogni mio fedele aspira ad avere, dopo un lungo cammino di espiazione dell’anima. Tantissime persone, prima di lei, hanno intrapreso il cammino del Male. Ma nessuno è mai riuscito, a parte l’amatissimo Pilvio, qui”, indica Pilvio, che continua a sistemare la stanza alla ricerca inconscia del telecomando, “ad attrarre la mia attenzione, così subitamente. Nessuno è mai riuscito a raggiungere le vette più infime del Male senza dover affrontare un difficile percorso depurativo di ogni bene. Ma lei, lei!, carissima signora Tartara, è un’alleata importante. È una vera e propria stronza, pura al cento per cento, una dimostrazione vivente che la mia battaglia contro l’umanità e contro il Bene sta prendendo una piega favorevolissima.”
“Ma di cosa sta parlando, mi scusi? E chi è lei?”, dice la conduttrice, assumendo per la prima volta un’autentica espressione impaurita.
“Fa bene ad aver paura, signora Tartara. Il suo sguardo, anzi, mi dimostra che lei è ancora in possesso di un minimo di umanità. Che, devo dire la verità, è necessaria per scovare e comprendere i punti più sensibili dell’animo umano. Lei riesce a capire dove premere per stimolare la sensibilità umana, riesce a individuare gli argomenti, le parole giuste da infilare in ogni situazione per catturare l’attenzione del pubblico. E una volta
individuata la materia, riesce a girarla e rigirarla tra le sue mani, sfruttandola come meglio crede, a suo piacimento e a suo vantaggio, per comprare il favore e la stima di ignare persone (per lo più ignoranti). Le dirò la verità: è stranissimo che lei sia riuscita a raggiungere un tale livello di malvagità senza essere indirizzata dal sottoscritto. Davvero encomiabile, signora Tartara.”
“Queste sono solo menzogne! Lei mi sta insultando!”, dice la signora Tartara, alzandosi in piedi. Sembra realmente scioccata, nervosa.
“Si riaccomodi, prego”, dice Pilvio, lungimirante. Il signor Satana, infatti, ha iniziato a soffiare fumo nero anche dalle narici: segno che il suo nervosismo e l’incazzatura aumentano sempre di più. Bisognava evitare che arrivasse al livello finale, altrimenti avrebbe fatto una carneficina.
La conduttrice pare accorgersi solo in quel momento che c’è qualcosa che effettivamente non rientra nella normalità. Scruta il fumo nero che fuoriesce dalle orecchie e dalle narici del signor Satana e si accomoda, ubbidiente.
“L’ho convocata qui, carissima signora Tartara, per offrirle un contrattino. Diciamo che lei potrà continuare la sua opera esattamente come faceva fino a questo momento, ma dovrà cedermi una parte dei profitti. Sa, anche noi diavoli abbiamo bisogno di sostentamento…”
“Vuole i miei soldi, mi scusi?”
“Esattamente.”
“Ma io me li guadagno col sudore della fronte!”
“Suvvia, non dica stronzate! Lei guadagna grazie alla sua crudeltà, che riesce a nascondere in maniera tanto sottile da sembrare una santa donna, d’avanti agli occhi altrui. Lei mi cederà parte dei suoi profitti e io la lascerò continuare con la sua vita. Questo è il patto.”
“Non mi va bene, assolutamente!”
Il signor Satana sogghigna. Si aspettava una risposta negativa, aveva più o meno compreso la personalità di quella donna.
“Ascolti, carissima… Io sono il signore del Male, non so se l’ha capito. È da me che proviene la malvagità che permea il suo spirito. È grazie a me che lei è arrivata dove è in questo momento. È solo e soltanto grazie a me che lei riesce a comportarsi così. Per cui la mia richiesta è assolutamente permeante e coerente.”
“Ma se lo scordi!”, dice la signora Tartara in uno sbruffo.
“Si renderà sicuramente conto che questo comportamento non autorizzato dal sottoscritto potrebbe benissimo terminare. Potrei privarla della crudeltà che le ha permesso di godere di tutti gli agi e i benefici che ha conquistato nel corso degli anni.
Diventerebbe buona, un tenero agnellino incapace di fare del male. In questo modo, mi creda, tutto il suo impero crollerebbe in dieci secondi. Altrimenti…”
“Lei non può cambiare la mia natura. Io sono una persona per bene!”
“Noto che non ci siamo capiti, signora Tartara. Senza il mio consenso, lei non vale nulla.
E non è giusto che solo lei benefici dei profitti che derivano da tale malvagità che, come lei avrà capito, deriva esclusivamente da me. La sua crudeltà è un dono naturale, cresciuto nel corso della sua vita. Ma senza il mio benestare, la sua crudeltà che tanto le sta a cuore non avrebbe possibilità di esistere.”
“Lei mi offende, signore. Io non so nemmeno chi lei sia!”
“ORA BASTA! Mi ascolti bene, per l’ultima volta. Se non cederà parte dei profitti al signore del Male, la ucciderò. Lei non mi è di alcuna utilità, se non posso beneficiare della crudeltà che mi appartiene DI DIRITTO! Prendere o lasciare: cosa decide?”
“Mi lasci stare, signore. Io la denuncio…”, risponde debolmente la conduttrice.
Il signor Satana appoggia la schiena sulla poltrona, sfinito. Proprio non riusciva a far capire a quella donna… Faceva orecchie da mercante, una vera professionista. Anche se poteva rappresentare un veicolo per il Male, non aveva nessuna utilità: se nessuno leggeva il male in lei e tutti credevano fosse una brava persona, non aveva proprio senso permetterle di arricchirsi senza avere il benché minimo ritorno (economico o morale).
“Pilvio, rispediscila da dove viene, su. Mi ha solo innervosito.”
Prima che la signora Tartara possa replicare qualcosa, si ritrova dietro le quinte dello studio televisivo. Si auto convince di aver sognato, probabilmente a causa della stanchezza e dei ritmi di vita troppo accelerati.
Il signor Satana, intanto, si sfoga con Pilvio.
“Ma insomma! Queste stramaledette donne di mondo credono di essere le regine del creato! Non hanno rispetto nemmeno del signore oscuro! Ma come si permette, quella baldracca?!”
Pilvio annuisce servilmente, continuando contemporaneamente a cercare il telecomando. Sa bene che è meglio cessare quella contesa, cambiare canale in tv o, meglio ancora, spegnerla. Pilvio, finalmente, scova il telecomando. Era nascosto tra le cianfrusaglie, nel secondo cassetto del mobile-bar, insieme a vari attrezzi di tortura sadomaso.
“Mio signore, ecco il telecomando”, dice Pilvio avvicinandosi al signor Satana. Gli porge l’oggetto come se fosse il sacro Graal, indietreggiando in ginocchio.
Il signor Satana prende il telecomando, lo soppesa rigirandolo tra le mani e rivolge lo sguardo alla tv. Intanto la trasmissione ricomincia: la signora Tartara appare leggermente sbattuta, un po’ confusa, ma è bravissima e si riprende nel giro di poche battute.
“Cosa ne faccio di te, adesso…?”, sussurra il signor Satana.
“Mio signore, se posso… Secondo il mio manchevole giudizio, la signora potrebbe ripensarci e accettare la vostra generosissima offerta.”
“Quindi tu dici che dovrei lasciarle del tempo per riflettere?”, sussurra il signor Satana, pensoso. Continua a giocherellare con il telecomando.
“Beh, sai… Mi servirebbe una nuova domestica, però. I cessi del mio palazzo sono sempre così sporchi…”
“Ma signore, io li pulisco ogni giorno, tre volte al giorno…”, squittisce Pilvio.
“Sta tranquillo, c’è sporcizia in abbondanza per entrambe.”
“Magari potrebbe farlo solo lei, io potrei avere altre occupaz…”
“PILVIO! STA ZITTO! Pulirai cessi per l’eternità! Non farmi infuriare!”, sbraita il signor Satana. L’atmosfera si surriscalda, il termometro dava 58°, Pilvio inizia quasi a liquefarsi. Fiamme e fuoco invadono la stanza, mentre il signor Satana muta aspetto.
La televisione rimane intatta per alcuni minuti, giusto il tempo necessario per godersi la scena. La signora Tartara si porta improvvisamente le mani al petto, mentre lo studio trattiene il fiato. I microfoni registrano i sussulti impauriti del pubblico e le parole spaventate dei due ospiti. Infine la signora Tartara si accascia a terra, apparentemente priva di vita.
La trasmissione viene interrotta nuovamente, in un guizzo di mani e braccia che accorrono per salvare la conduttrice.
Il silenzio pervade il salotto del signor Satana. Pilvio rimane interdetto, non avendo ricevuto ordini espliciti.
“Sai, Pilvio… Ho deciso di punirla nel modo peggiore per lei”, confessa il signor Satana in uno slancio di sincerità.
“Io la sostengo, mio signore. So che prenderà la decisione più saggia”, sussurra Pilvio.
“Non la più saggia, Pilvio! La più cattiva! Ma come cazzo è possibile che non lo accendi più il cervello, da quando ti ho ammazzato? Eppure in vita tranelli e sotterfugi erano la tua specialità! Sembravi un essere intelligente! E ora mi ritrovo una specie di larva senza personalità… ma che cazzo!”, sbraita il signor Satana.
“… Ha ragione, mio signore illustrissimo, ma io volevo solo…”
“Zitto, scemo!”
La tv riprende a trasmettere il salottino pomeridiano. La conduttrice pare aver ripreso le forze, ma ha uno sguardo stralunato e confuso, come se avesse appena subito un elettroshock.
La trasmissione continua. La signora Tartara ricomincia affrontando un discorso spinoso: chiama l’ultimo ospite del pomeriggio e lo fa accomodare. È un ragazzo giovane, originario della Libia e appena sfuggito alla terribile guerra che infuria nel suo paese. È stato invitato per parlare della traversata della morte che molti suoi connazionali
affrontano, rischiando la vita su un canottino guidato da contrabbandieri di carne umana, in mezzo al Mediterraneo.
“Oh dio, mi dispiace moltissimo, signor Mohammed. La sua vicenda mi strazia il cuore”, dice la signora Tartara tra le lacrime. Ormai è irrefrenabile. Un cimitero di cleenex si accumula attorno alla sua poltroncina, nel tremendo susseguirsi delle vicende raccontate dal giovane rifugiato.
“Signor Mohammed, la sua storia mi ha distrutta. Annuncio, in diretta televisiva, che donerò tutti i proventi di questo programma, tutto ciò che guadagno in questo studio, alle associazioni che si occupano di rifugiati. Ormai non ha più senso per me, dopo aver ascoltato la sua storia, continuare la mia vita come se nulla fosse. Preferisco privarmi di tutti gli agi, di tutto il lusso che ho accumulato nella mia vita, piuttosto che vedere lei e
i suoi connazionali vivere e morire in condizioni così inumane. Mi dica il suo nome per esteso, che le firmo subito un bonifico. Anzi, facciamo così, intesterò il mio conto corrente a nome suo. Anzi, cedo ufficialmente tutti i miei beni a lei, signor Mohammed, e all’associazione che le ha salvato la vita…”
“Ma cosa dice?!”, grida Pilvio scioccato.
“Eh, caro Pilvio… Ha sbagliato a voltarmi le spalle. Ora non scorre più neanche una goccia di cattiveria dentro di lei. È condannata a provare le stesse emozioni che provano gli esseri umani dotati di anima. Non sfrutterà più il male altrui per guadagnare: non ne sarà mai più capace. Da oggi in poi, la signora Tartara sarà come tutti gli altri uomini: una persona inconsciamente buona.”
illustrazione di Enrico Mazzone